DETTI, Bernardino
Figlio di Antonio, nacque a Pistoia nel 1498 nella parrocchia di S. Andrea, dove fu battezzato - ma la data è controversa - il 20 aprile o il 10 maggio (Bacci, 1903, p. 170). Il padre, di antica e nobile famiglia, fu professore di logica. Gli unici altri dati biografici a nostra disposizione sono la notizia di un soggiorno fuori della città natale nel 1522, quando il padre lo rappresentò nella definizione di un accordo di pagamento (Bacci, 1903, p. 171) e il documento, pubblicato dal Chiti (1902), secondo il quale il pittore, il 24 dic. 1554, aveva un obbligo di 12 staia di grano da passare ogni anno al monastero di S. Maria delle Grazie o del Letto. Si ignora la data della sua morte.
Fu confuso a lungo con Bernardino d'Antonio del Signoraccio (Pistoia 1460-ivi post 1532), artista più anziano e più conosciuto, anche per essere il padre del pittore domenicano fra' Paolino (Pistoia 1488-ivi 1547). Gaetano Milanesi, nelle note alla vita di fra' Bartolomeo (G. Vasari, Le vite…, IV, Firenze 1878, p. 202), scrive che fra' Paolino apparteneva al casato Detti, fondendo così due famiglie distinte e scambiando Bernardino di m.o Antonio di Desiderio di Francesco Detti con Bernardino d'Antonio di ser Antonio detto del Signoraccio.
Ben poche opere sopravvivono del già esiguo catalogo del pittore, composto più di notizie documentarie che di dipinti rintracciati e visibili. Il suo esordio artistico avvenne nel 1519 quando fu incaricato di decorare nelle sale interne dell'Opera di S. Jacopo un "mezo-tondo con cornicione, sopra l'uscio della Audientia" con la figura della Vergine Maria con il Bambino. A suo favore fu versato un primo acconto di 2 ducati e poi di 3 fiorini larghi in oro ma, poiché si era rimandato l'accordo conclusivo sul prezzo alla "stima di amici comuni", il 29 marzo 1522, per valutare il lavoro e dichiarare il giusto prezzo, furono scelti Gerino Gerini in rappresentanza del D. e Giovan Battista Volponi, detto lo Scalabrino, da parte dell'Opera (Bacci, 1903, pp. 170, 182).
La conoscenza dell'artista è fondata, quasi esclusivamente, sul curioso dipinto a olio su tavola La Madonna dell'Umiltà fra i ss. Bartolomeo, Iacopo e Giovanni Battista, detta La Madonna della Pergola, restaurata dall'Istituto centrale del restauro (1980-81) ed esposta al Museo civico di Pistoia.
La committenza della tavola è documentata al 17 maggio 1523 da parte degli ufficiali della Pia Casa di Sapienza che la destinarono allo spedale di S. Iacopo, poi di S. Bartolomeo alla Pergola, e la consegna fu fissata alla fine del dicembre del medesimo anno per il prezzo di 6 fiorini larghi e 250 pezzi d'oro. Nel contratto gli ufficiali imponevano il rispetto di un misterioso "modello di pictura di carte" che era nelle mani del provveditore, allusione che ha sempre alimentato le ipotesi di una dipendenza nordica del dipinto (Sisi, 1982, p. 129).
Alla Esposizione di arte antica (Pistoia 1899; cfr. catal., p. 7 n. 94) il dipinto suscitò l'interesse degli studiosi per la sua originalità e bizzarria, tanto da far nascere le più disparate ipotesi attributive (ferrarese, altoatesina, tedesca) fino alla pubblicazione - da parte di Alfredo Chiti (1902) - della serie di documenti, provenienti dall'Archivio della Sapienza, che consentiva di stabilire con certezza l'autore e la datazione dell'opera. Dal Sisi (1982) è stata anche decifrata l'inconsueta formulazione iconografica della tavola, organizzata come un repertorio insolito degli attributi dei santi patroni, Iacopo e Bartolomeo, frammisto di riferimenti tradizionali e di particolari eccentrici. La chiave risolutiva dell'analisi è stato il collegamento con l'usanza locale di ungere i bambini nella chiesa di S. Bartolomeo il giorno della sua festa (24 agosto) che giustifica la presenza, nel quadro, di giocattoli e amuleti infantili oltre alla rappresentazione, sullo sfondo, del Giudizio diSalomone e quella di una balia o madre con il bambino, alle spalle della Vergine, al centro. Stilisticamente la tavola si inserisce nel clima dello sperimentalismo figurativo, anticlassico e con frequenti immissioni eccentriche, presente in Toscana nel primo ventennio del Cinquecento.
Nel medesimo anno, 1523, di nuovo gli ufficiali della Sapienza lo incaricarono di restaurare una "guasta immagine di Madonna" su una porta dello stesso spedale (Chiti, 1902). L'altra opera certa, datata (1531) e tuttora visibile, è il Martirio di s. Andrea conservato nella omonima chiesa pistoiese, sull'altare Paribeni: un dipinto a olio su tavola al quale lavorò in collaborazione con Giovan Battista Volponi, detto lo Scalabrino, e che rivela una singolare mescolanza di raffaellismo e di leonardismo.
Secondo i documenti riportati dal Capponi (1878) e attinti dalle cronache del convento, il D. lavorò molto per la Confraternita dei servi di S. Maria, detta anche "de' rossi" dal colore dell'abito da essi indossato a memoria del sangue ingiustamente versato nelle lotte fra fazioni opposte e fratricide della città, pacificate nel 1276 dal beato Filippo Benizzi che fondò la compagnia.
Le complesse vicende architettoniche e politiche della chiesa e del convento della Ss. Annunziata sono alla base della perdita e della dispersione dei lavori che in essi condusse l'artista (cfr. F. M. Ferrini, Chiesa e chiostro della Ss. Annunziata in Pistoia, Pistoia 1930).
I frati stessi provvidero ad un primo aggiornamento in senso barocco della chiesa nel corso del XVII secolo; nel 1720 iniziarono la costruzione del nuovo, grandioso convento, sopraelevando anche il porticato del chiostro. I serviti subirono prima la soppressione del vescovo Scipione de' Ricci (1784), poi quella napoleonica. Dopo un decennio in cui ripresero possesso del convento (1856-1866), questo fu definitivamente trasformato in caserma, sua utilizzazione attuale (caserma Gavinana).
Le fonti documentarie citate dal Capponi (1878) informano che nel 1535 il Pittore "si fornì di dipignere el Iesus nella volta del Refettorio nuovo" ed un altro nell'andito che vi conduceva, nel 1536 il "Cristo della scala, e poi la Vergine Maria" e un altro Cristo crocefisso con ai lati due beati. Sono documentati i contratti di allogazione anche per opere da collocarsi in chiesa. Nel 1535 ricevette la commissione di dipingere una tavola raffigurante una Sacra Conversazione con i santi Sebastiano, Rocco, Francesco e Ansano. Nella predella comparivano "la Magdalena et Maria Chatarina Bondi" per l'altare dinanzi alla porta del coro, dove poi sorse l'altare Baldinotti, ornato della Natività di Maria di Lodovico Cardi. Il lavoro fu pagato 25 lire, senza l'oro ed il legname.
Se tale opera andò, con ogni probabilità, perduta, la vicenda di un'altra appare ancora più misteriosa e confusa. Nelle cronache suddette, infatti, si legge che il 7 maggio 1537 fu commissionato al pittore un dipinto su tavola del "pregio" di 45 lire con la Vergine col Bambino, s. Rocco, s. Iacopo, s. Gregorio, s. Filippo da consegnarsi entro l'anno. Gli estensori delle guide ottocentesche della città segnalano, sull'altar maggiore della chiesa, la presenza di una Sacra Conversazione con quattro santi, fra cui si nominano solo s. Giovanni Evangelista e s. Bartolomeo, attribuita variamente a fra' Paolino e al Malatesta. Soltanto il Capponi (1878) e il Chiti (1902) la assegnano a Bernardino di Antonio Detti. La tavola oggi visibile nella chiesa, nel coro dietro l'altar maggiore, è una Sacra Conversazione con i ss. Giovanni Evangelista, Bartolomeo, Giacomo minore e Filippo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Pistoia, Archivio della Pia Casa di Sapienza 394, Registro di atti dal 1514 al 1535, cc. 100v, 101r, 102rv, 103v; Ibid. 424, Inventario dello Spedale di S. Iacopo alla Pergola, fuori di Porta Carratica, 1737-1738, c. 3v; F. Tolomei, Guida di Pistoia, Pistoia 1821, p. 145; G. Tigri, Pistoia e il suo territorio, Pistoia 1854, p. 258; V. Capponi, Biografiapistoiese, Pistoia 1878, pp. 150 s.; A. Chiti, Per il quadrodell'oratorio della Pergola presso Pistoia, in Il Popolo pistoiese, 29 luglio 1899; Id., Di tre pitture del palazzo comunale di Pistoia, in Bull. stor. pistoiese, IV (1902), pp. 24-27; P. Bacci, Note edocumenti sullo Scalabrino e altri pittori pistoiesi, ibid., V (1903), pp. 170 s., 173, 182 s.; A. Chiti, Pistoia, Pistoia 1910, pp. 25, 71, tav. II; Id., Pistoia, Guida storico-artistica, Pescia 1931, pp. 50, 120; C. Acidini Luchinat, Itinerario della pittura religiosa del '500 a Pistoia, in Pistoia: una città nello Stato mediceo (catal.), Pistoia 1980, pp. 336, 353, fig. 8;G. Sisi, scheda in Museo civico di Pistoia, Catal. d. collezioni, Firenze 1982, pp. 128 ss.