CUNIO, Bernardino di
Nacque dopo la metà del sec. XIII dall'omonimo Bernardino.
Appartenne alla antica famiglia comitale romagnola, la cui origine e la cui discendenza non sono ancora ben conosciute, ma che comunque trasse il cognome dal forte castello di Cunio, posto tra Cotignola e San Severo, non lontano dal corso del torrente Senio. Questa fortezza, celebre tra l'XI e il XIII secolo, fu distrutta nel 1296 dal Comune di Faenza; i conti spostarono la loro dimora ed i loro interessi verso Bagnacavallo, Donigallia, Barbiano e Granarolo, e inoltre ebbero a lungo residenza anche nella città di Imola, ove acquistarono il palazzo dei Pietrobono, e nella città di Faenza, in cui possedettero un ampio casamento sulla strada maggiore. Il nome Bernardino era comune nella famiglia e ciò crea non poche difficoltà per la identificazione del C.: comunque all'ornonimo padre, Bernardino, è da riferirsi l'inizio di una politica espansionistica verso la località di Bagnacavallo, sostenuta poi dai Cunio per tutto il XIII ed il XIV sec. Il padre, Bernardino, è ricordato il 14 genn. 1267 tra gli anziani di quel Comune, ma la sua presenza a Bagnacavallo risale almeno al 1264. Nel corso del 1266 era stato inoltre eletto podestà di Imola. Il 13 nov. 1280 conquistò, in alleanza con la fazione bolognese dei Geremei, la città di Faenza, sino ad allora governata dai Lambertazzi. Solo con il 1281 poté dedicarsi al controllo politico del Comune di Bagnacavallo, di cui era podestà il 23 settembre. In questo giorno il padre del C. fece approvare al Consiglio di credenza un carta di riforma istituzionale, con la quale si incaricava il frate Aimerico dei Casella di nominare otto cittadini di Bagnacavallo a cui sarebbe stata affidata l'incombenza di eleggere il podestà per il successivo semestre. Tra gli otto il frate designò anche un membro della famiglia Cunio, Ugolino, il cui rapporto diparentela coi C. ci è ignoto. I neoeletti riconfermarono subito al padre del C. la podestaria e gli concessero un salario di 200 lire di bolognini, con i quali avrebbe dovuto provvedere anche al mantenimento di un notaio e di un giudice. La sua morte può essere collocata prima del 1288, quando il C. venne eletto podestà di Imola.
Il C. resse Imola in alleanza con Alidosio degli Alidosi, che si proclamava difensore del popolo di quella città. Tuttavia questa intesa politica si spezzò ben presto: nel marzo del 1292 un tumulto organizzato dai cittadini, ma al quale non era estraneo Maghinardo Pagani da Susinana, cacciò dalla città il podestà Noce da Castello, che la reggeva per conto della Chiesa romana, insieme ai membri della famiglia Alidosi. Maghinardo volle come nuovo podestà il C., che nel maggio dello stesso anno organizzò una spedizione militare contro i castelli di Monte Catone e di Dozza, ove si erano rifugiati gli Alidosi, e con l'aiuto dei Bolognesi li distrusse. Identica fine era destinata alle roccaforti di Crovara e Linario nel contado di Imola: in pochi giorni il potere militare degli Alidosi era crollato. Ma l'energica azione del C. non si interruppe e nel giugno egli riusci a sottomettere, come scrive il Larner, tutti i Comuni del contado.
Si conserva ancora l'atto, datato 8 giugno 1292, con cui il podestà di Imola ricevette il giuramento di obbedienza da parte del massaro e degli uomini della terra di Fagnano. Sempre in questa prospettiva politica si pone l'assalto notturno, voluto dal C. e da Maghinardo, contro il castello di Monte Maggiore, nel contado imolese, realizzato il 1° genn. 1293: all'impresa partecipò anche il fratello del C., Alberico. Nel frattempo (1291-1294) due fratelli del C., Guido e Rainerio, continuavano ad esercitare il potere, in qualità di podestà sul Comune di Bagnacavallo.
L'alleanza con Maghinardo permise al C. di entrare in rapporto con Guido da Polenta, che lo volle podestà a Ravenna nel 1294; un elemento avevano in comune i due guelfi romagnoli: l'avversione nei confronti del governo della Chiesa sulle loro terre. Nel 1295 il nuovo pontefice Bonifacio VIII nominò conte di Romagna l'arcivescovo di Morireale, Pietro, con il compito di riportare ordine nei territori romagnoli. Agli inizi di maggio il presule entrava in Faenza: la presenza dell'esercito papale determinò la rottura del'accordo tra il C. e Maghinardo. In odio all'antico signore di Faenza il C., l'11 maggio, chiese al conte di Romagna che fossero abbattute tutte le fortificazioni della città; la richiesta scatenò tumulti e l'arcivescovo preferì inviare al confino le due parti antagoniste. I Cunio si rifugiarono a Lugo e a Fusignano, ma il 27 maggio il C., per evitare la segregazione politica, concesse in ostaggio al governatore un figlio ed il 31 dello stesso mese era richiamato a Faenza per trattare la pace tra i partiti. Il giorno successivo, grazie alla mediazione dell'arcivescovo, l'accordo fu raggiunto nel castello di Oriolo; i contendenti avrebbero potuto rientrare a Faenza. Ma l'intesa fu di breve durata. Il 2 ag. 1295 i conti di Cunio, alleatisi con i Manfredi, occuparono militarmente la piazza del Comune di Faenza, tosto fronteggiati da Maghinardo e dagli Accarisi. Il fine del C., se è vera la testimonianza di Pietro Cantinelli, era quello di sottrarre Faenza alla Chiesa per consegnarla ai Bolognesi: per attuare questo piano il 3 agosto i Cunio ed i Manfredi raccolsero le loro forze presso la porta Ravegnana ed iniziarono a distruggere le fortificazioni e le mura della città. Attaccati da Maghinardo e dagli Accarisi furono costretti a fuggire verso Cunio e verso Ravenna. Negli stessi giorni il C. ed i suoi fratelli perdevano anche la signoria su Bagnacavallo, dapprima (1295) controllata dalla Chiesa per mezzo del podestà Guglielmo da Buclano, poi sempre più minacciata dalle forze dell'antico e legittimo proprietario, il conte ghibellino Malvicino di Bagnacavallo. Il 1296 fu un anno di grave crisi per i conti di Cunio: la rottura con Maghinardo da Susinana e la loro tradizionale politica di contrasto allo sviluppo territoriale della Chiesa in Romagna produssero come conseguenza il totale isolamento della famiglia. Di ciò approfittò subito Maghinardo, che alla testa dei Faentini assediò e distrusse il castello di Cunio. Da quel momento la località fu abbandonata. Contemporaneamente Malvicino assaliva ed espugnava la fortezza di Bagnacavallo, che mantenne in suo potere sino al 1308. Il Ced i suoi fratelli si rifugiarono a Ravenna, ove il C. fu eletto podestà per il 1297, grazie ai rapporti di amicizia e di alleanza politica che la sua famiglia aveva stretto con i Polentani. Questo accordo durò almeno sino al 1310, anno di morte di Guido da Polenta, e permise. ai Cunio di recuperare la loro forza politica in Romagna. La posizione del C. fu ora determinata dal movimento guelfo di Lombardia, di cui egli fu uno degli esponenti. Nel 1306, mentre Attone e Guido Novello da Polenta erano podestà a Brescia, il C. fu chiamato a sostituire Giacomo da Landriano nella podestaria di Parma. I tre operavano per costruire una forte alleanza guelfa al centro della pianura padana. Il 23 ottobre dello stesso anno il C. abbandonò Parma per recarsi come podestà a Brescia, ove era stato eletto in sostituzione di Attone da Polenta. Nella primavera del 1307 le trattative politiche del C. approdarono ad un accordo tra le forze guelfe: il 10 marzo a Palazzolo gli ambasciatori di Brescia si incontrarono con i plenipotenziari di Bergamo per concludere una pace tra le due città, la quale fu ratificata alcuni giorni dopo dai rispettivi organismi politici: Tra i patti il C. fece includere la clauso di una possibile alleanza tra Brescia, Bergamo, Mantova e Verona contro Ferrara e Azzo VIII d'Este. Il 14 marzo s'incontrò con Francesco d'Este, Giberto da Correggio, Alboino della Scala e Guido Bonacolsi per studiare le modalità dell'accordo. Nell'aprile a Reggiolo nasceva la lega guelfa contro Azzo d'Este, Ferrara ed i ghibellini di Romagna: il trattato di alleanza era stato firmato da Brescia, Bergamo, Parma, Verona, Mantova, Reggio, Modena, Ravenna e Cervia, e ad esso aderivano i Da Polenta, i Cunio, i Della Scala, i Bonacolsi, Francesco d'Este e Giberto da Correggio. Concluso il mandato podestarile a Brescia nel maggio del 1307 il C. fu chiamato alla guida dei guelfi romagnoli in lotta contro Faenza e durante il mese di agosto difese con successo il castello di Lugo attaccato dai ghibellini. I successi delle forze guelfe permisero ai Cunio di riaffermare il loro potere su due centri incastellati della Romagna, Bagnacavallo e Lugo. Quest'ultima località fu tenuta dal fratello del C., Alberico, mentre il 24 luglio 1308 Rainerio di Cunio occupò Bagnacavallo a nome della famiglia. Il loro dominio su questo luogo durò sino al 1328, mentre furono costretti a restituire Lugo agli arcivescovi di Ravenna già nel 1310.
Sembra che l'importanza politica dei Cunio diminuisse dopo quest'ultima data, giacché i loro interessi si legarono sempre più alla sola cittadina di Bagnacavallo. A partire dal 1311 infatti il C. fu eletto podestà e difensore di quella terra, che egli resse con i poteri di un vero signore sino alla morte, avvenuta tra il 1321 ed il 1323.
Numerosi documenti riguardano gli atti del C. relativi a Bagnacavallo: egli fece costruire la rocca e nominò castellano suo figlio Marco, mentre affidò più volte l'amministrazione del luogo al figlio Ugolino. Questi fu nel 1323, dopo la morte del padre, podestà di Parma. Anche nell'ultima fase della sua vita il C. contrastò sempre l'autorità politica della Chiesa, in particolare nei confronti di Bagnacavallo. Ne sono esempio due processi celebrati dai governatori papali della Romagna contro di lui nel 1317 e nel 1321. In particolare dai documenti della prima azione giudiziaria sappiamo che il C. guidò personalmente una rivolta della popolazione contro le truppe della Camera papale, che intendevano raccogliere sul territorio le tasse dovute al rettore di Romagna e al pontefice. Più ligio alla Chiesa fu invece Ugolino, che nel 1330 reggeva Bagnacavallo, non come signore, ma a nome del legato papale. Non sono riferibili al C. le notizie relative ad un Bernardino di Cunio capitano al soldo di re Roberto d'Angiò nel 1317-20: si tratta di un nipote del C., più volte citato in documenti romagnoli a partire dal 1325 per le sue lotte contro i rappresentanti della Chiesa e per le scomuniche con cui furono condannati i suoi tentativi di ricostruire, dopo il 1328, una signoria su Bagnacavallo.
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