GADOLO (Gadola, Gadoli, Gadolus), Bernardino
Nacque il 22 febbr. 1463 a Pontevico (Brescia) da Giovanni. Battezzato con il nome di Pietro, avrebbe assunto il nome di Bernardino al momento di prendere i voti. Dopo gli studi di umanità svolti probabilmente a Brescia, frequentò presumibilmente lo Studium di Padova, dove avrebbe ottenuto il dottorato in diritto canonico (anche se non ne resta traccia documentaria) in assai giovane età. Poco dopo, nel 1479, il G. si trovava presso il monastero di S. Michele in Isola, tra Venezia e Murano.
Cenobio dell'Ordine camaldolese, S. Michele fu nel sec. XV centro propulsore di un rinnovato fervore spirituale. Uno dei protagonisti, Pietro Dolfin, fu eletto abate di S. Michele nello stesso 1479: l'anno successivo divenuto generale dell'Ordine, si trasferì alla casa madre di Camaldoli. Nonostante la brevità del periodo trascorso insieme nel monastero muranese, il G. seppe guadagnarsi la stima del Dolfin, che anche in seguito ebbe sempre un'alta considerazione di lui. L'ambiente favorevole agli studi e l'intensità della vita spirituale fecero maturare nel G. la decisione di farsi monaco: il periodo del noviziato, incominciato tra la fine di maggio e i primi di giugno del 1481, si concluse con la solenne professione dei voti il 22 giugno 1482, nelle mani dello stesso Dolfin, allora in visita a S. Michele. Fino al 1498 il G. rimase affiliato al monastero muranese, dedito a un'intensa attività di studio, trascrizione di codici e cura di volumi a stampa. Ciò gli consentì ampie relazioni con personalità di primo piano, sia religiose - come il cardinale Francesco Todeschini Piccolomini, protettore dell'Ordine, e il veronese Matteo Bosso -, sia laiche come Giovanni Pico della Mirandola, il Poliziano (A. Amborgini), Bernardo Bembo. Il rapporto privilegiato appare però quello già ricordato con il Dolfin, di cui restano numerose epistole a testimoniare, oltre le preoccupazioni per la vita dell'Ordine e le tormentate vicende della storia d'Italia, il comune interesse per lo studio dei classici greci e latini e degli autori cristiani.
Divenuto priore di S. Michele in una data non precisata (tra il 1487 e il maggio del 1491), il G. venne più volte chiamato a Roma, a Camaldoli e in altri luoghi a trattare cause riguardanti il monastero o la Congregazione veneta dei camaldolesi.
Tra il 1492 e il 1495 il G. sovrintese all'edizione di una monumentale Bibbia latina con glosse e un commento del francescano Niccolò di Lira, pubblicata in quattro tomi a Venezia nel 1495 con i tipi del bresciano Paganino de' Paganini (Indice gener. degli incunaboli delle biblioteche d'Italia [I.G.I.], n. 1691).
Oltre a scrivere appositamente per l'edizione un trattatello sui libri canonici e deuterocanonici e una breve storia delle versioni bibliche, il G. s'impegnò, sia pure con metodo acerbo, a fissare criticamente il testo dei libri sacri e dei commenti. I criteri adottati, indicati nella lettera di dedica al card. Todeschini Piccolomini, prevedevano il confronto delle precedenti edizioni a stampa con cinque manoscritti: tuttavia l'accoglimento di lezioni non vulgate era temperato, specie per il testo biblico, da un prudente atteggiamento conservativo. Il progetto, cui il G. si dedicava sicuramente da diverso tempo, assunse precisi contorni come operazione editoriale verso la fine dell'estate del 1492 (il de' Paganini ottenne un privilegio di stampa dal Senato veneto in data 29 sett. 1492, sostenendo di aver già impresso alcuni fogli), ma fu concluso solo alla fine del gennaio 1495 (data della dedicatoria al Piccolomini), per la complessità e la mole del lavoro, che del resto richiese ancora qualche tempo per la definitiva esecuzione tipografica (il colophon dell'opera reca la data del 18 aprile). Nel 1492 aveva inoltre collaborato all'edizione della Regula pastoralis di Gregorio Magno stampata a Venezia da Girolamo de' Paganini (13 dicembre: I.G.I., n. 4448), per cui si limitò forse a fornire il manoscritto, che il colophon vanta "emendatissimo".
Nel 1497 fu nominato vicario del Dolfin per i monasteri veneti. Allo stesso periodo risalgono altre opere a stampa da lui curate: un'edizione veneziana dei commenti di s. Girolamo alla Genesi e ai libri profetici (per Giovanni e Gregorio de' Gregori, in due tomi rispettivamente del 1497 e del 1498: I.G.I., n. 4729) e la pubblicazione - sempre a Venezia - di un Diurnale camaldolese riformato (Johann Emerich per Luca Antonio Giunta, 28 febbr. 1497: I.G.I., n. 3504).
Divenuto vacante, nel 1498, il priorato del monastero fiorentino di S. Maria degli Angeli per rinuncia del titolare, il Dolfin volle introdurvi la regola riformata; a tale scopo ottenne da Roma l'autorizzazione a nominarvi un priore di sua fiducia, escludendo per quella sola volta i monaci fiorentini dal diritto di eleggerlo. La scelta del Dolfin cadde sul G.; il nuovo priore poté prendere possesso della sua carica nel corso del 1498, dopo aver superato qualche contrasto da parte dei monaci, che si sentivano scavalcati dalle decisioni del generale dell'Ordine. La rinuncia del priore Guido e l'opposizione della comunità monastica erano motivate anche da ragioni politico-diplomatiche: Firenze, impegnata allora nella guerra per il riacquisto di Pisa, era avversata anche militarmente dalla città lagunare; la condizione del G., suddito veneto e proveniente da un monastero veneziano, non era fatta per accreditare un cambio sostanziale.
Il G. rimase a capo del monastero solo per un anno, poiché morì a seguito di violenta malattia, il 22 apr. 1499, in ancor giovane età. Nel breve tempo trascorso a Firenze era tuttavia riuscito a farsi stimare soprattutto dall'ambiente dei letterati cittadini. Testimone della tragica fine del Savonarola, ne scrisse un resoconto in cui è palpabile l'emozione profonda, ma anche la recisa condanna del domenicano (Ignesti, p. 144).
Delle opere ricordate dalle fonti antiche sopravvivono quelle legate alla sua attività di curatore di testi a stampa e una raccolta inedita di una cinquantina di epistole latine, solo una scelta da un più ricco carteggio, conservate nell'Archivio del sacro eremo di Camaldoli, mss., 734-735. Dispersi paiono l'opera satirica Bembis (contro il bresciano Bonifacio Bembo, che secondo il costume umanistico l'aveva attaccato in alcune invettive) e un compendio sul problema dell'anima, dal titolo di Aurea corona. Tra le epistole si conserva un trattatello agiografico sulla vita di s. Romualdo e le origini dell'Ordine camaldolese; qualche altra operetta, di cui varie fonti antiche forniscono titoli generici, può essere verosimilmente identificata con altrettante lettere conservate nell'epistolario e concernenti gli stessi temi, secondo un suggerimento già avanzato dal Mittarelli (1779).
Fonti e Bibl.: O. Rossi, Elogi historici dei bresciani illustri, Brescia 1620, p. 190; L. Cozzando, Della libraria bresciana, Brescia 1685, pp. 66 s.; G.B. Mittarelli - A. Costadoni, Annales camaldulenses, VII, Venetiis 1767, pp. 354-357 e passim; M. Maittaire, Annales typographici, I, Amstelodami 1773, p. 110; G.B. Mittarelli, Bibliotheca codicum manuscriptorum… S. Michaelis Venetiarum, Venetiis 1799, coll. 418-423; V. Peroni, Biblioteca bresciana, Brescia 1818-23, II, pp. 74 s.; G. Vercellone, Dissertazioni accademiche di vario argomento, Roma 1864, pp. 107-109; R. Fulin, Documenti per servire alla storia della tipografia veneta, in Archivio veneto, XXIII (1882), pp. 104 s.; H. Quentin, Mémoire sur l'établissement du texte de la Vulgate, Rome-Paris 1922, p. 95; B. Ignesti, I camaldolesi e il Savonarola, in Camaldoli, VI (1952), pp. 64-71, 144; V. Meneghin, S. Michele in Isola di Venezia, Venezia 1962, I, pp. 168-178 e passim; A. Nuovo, Alessandro Paganino, Padova 1990, p. 7; E. Barbieri, Le Bibbie italiane del Quattrocento e del Cinquecento, Milano 1992, I, p. 31; C. Caby, B. G. ou les débuts de l'historiographie camaldule, in Mélanges de l'École française de Rome, Moyen-Age, CIX (1977), pp. 225-268; P.O. Kristeller, Iter Italicum, II, pp. 500 s.