LANZANI (Lanzano), Bernardino
Nacque a San Colombano al Lambro, nel Milanese, forse intorno al 1460, come si deduce dai primi dati certi a lui riferibili (Fanciulli Pezzini, 1950, p. 36), da Giorgio Ambrogio, appartenente a una famiglia già attestata in quella località dagli inizi del Trecento.
L'identità del L. si è delineata solo a partire dalle rilevazioni documentarie di Maiocchi (1937) e quindi, in particolare, di Fanciulli Pezzini (1950, cui si rimanda dove non altrimenti indicato), mentre alla definizione del suo problematico catalogo ha contribuito la progressiva messa a fuoco della produzione di Bernardino de' Rossi, con il quale il L. fu inizialmente confuso, e dell'anonimo Maestro delle Storie di s. Agnese (Fanciulli Pezzini, 1955; Tanzi; Vannutelli).
Tuttora oscure risultano, a causa della perdita delle più antiche opere a lui certamente riferibili, la formazione del pittore - genericamente ricondotta a un alunnato presso il milanese Jacopino De Mottis, al cui nome e al cui stile risulta presto associato - e quella prima attività tra Pavia e Castel San Giovanni nel Piacentino che lo dovette certamente imporre all'attenzione dei contemporanei. Alle date dell'8 e del 13 dic. 1490, infatti, il segretario ducale Bartolomeo Calco scrisse al referendario e al potestà di quei due centri per convocare a Milano il L. "bono depintore de historiade" (Maiocchi, p. 364), allo scopo di coinvolgerlo alle fastose imprese decorative (ora perdute), realizzate a più mani, della sala della Balla in Castello Sforzesco in previsione dei festeggiamenti connessi alle prossime nozze del gennaio 1491 di Ludovico il Moro con Beatrice d'Este e di Alfonso d'Este con Anna Sforza.
Non è noto se in quell'occasione il L. avesse portato con sé quel Giuliano (o Gigliolo) Mezzani (o da Mezzano) che il 30 giugno 1490 a Castel San Giovanni aveva stipulato con lui un contratto di apprendistato artistico della durata di cinque anni (Fiori).
Nel 1496 il L. ereditò una modesta fortuna da una zia paterna nella nativa San Colombano e probabilmente intorno a quella data deve essere ricondotto l'affresco raffigurante la Madonna con Bambino, già nella chiesetta della Madonna del Lambro e poi trasportato nella cappella di fronte il cimitero vecchio, in cui fisionomie e abbigliamento delle figure tradiscono una spiccata derivazione dai modi di Ambrogio da Fossano, detto il Bergognone.
Forse ancora di questa epoca e ascrivibili al L. dovrebbero ritenersi alcuni frammenti di affreschi in borgata San Colombano, via Stefanini e via Umberto I, già rovinatissimi al principio del Novecento, nei quali venivano rintracciate analogie stilistiche col suindicato brano pittorico (Malaguzzi Valeri, p. 129).
Il 23 nov. 1498 il L. stimò, insieme con De Mottis, l'indoratura dell'ancona di Giovanni Pietro e Ambrogio Donati in S. Maria Incoronata a Lodi.
Non sussistono però prove di una sua più volte ipotizzata partecipazione ai lavori decorativi del santuario, e le più antiche attribuzioni degli affreschi di lì staccati e ora al Museo civico e di quelli nella chiesa cittadina di S. Francesco (Caffi; Malaguzzi Valeri; Ferrari; Longhi) sono oggi confutate dalla critica (Moro; Tanzi).
Nello stesso anno 1498 il L. si stabilì a Pieve di Porto Morone, in conseguenza del matrimonio della figlia Margherita con un modesto proprietario terriero della zona; ma non sono sopravvissuti gli affreschi che il pittore eseguì nella locale chiesa parrocchiale. Parimenti perduta, la decorazione a fresco con l'Incoronata, gli evangelisti, s. Vittore e altri santi della cappella grande della chiesa pavese di S. Vittore, commissionatagli il 23 apr. 1499. Di fatto, il linguaggio del L. risulta concretamente valutabile solo attraverso le opere pervenuteci degli inizi del nuovo secolo, in cui si avverte la predominante impronta bergognonesca sotto il profilo formale e impaginativo: è il caso del S. Agostino e donatore, già passato sul mercato antiquario (Milano, Finarte) e riconosciuto parte dello smembrato polittico ordinatogli da Benedetto Berzio il 14 nov. 1503 e saldato il 25 giugno del 1506 per la cappella di S. Nicola da Tolentino nella chiesa pavese di S. Agostino (Giordano).
È probabile che dopo l'assolvimento di quella commissione il L. si spostasse a Bobbio, poiché la rimanente decorazione a fresco della cappella di S. Sebastiano nel duomo, con grottesche e oculi in scorcio includenti figure a mezzo busto e datata, entro una targa, 1507, è appunto riconducibile alla sua maniera (Ceschi Lavagetto; Tanzi, p. 217). Alla stessa metà circa del primo decennio andrebbe ricondotta anche la tempera su tela con Adorazione del Bambino (conservata nel Museo dell'Abbazia di S. Colombano) dai più marcati richiami a Vincenzo Foppa e a Vincenzo Civerchio, che non sarebbero stati tuttavia ripresi nelle opere più tarde, timidamente aggiornata sul classicismo di Pietro Vannucci, il Perugino, della certosa di Pavia (Tanzi, pp. 81, 220).
Intorno al 1507 il pittore, certamente coadiuvato dalla bottega, eseguì l'intera decorazione dell'oratorio pavese di S. Maria della Pusterla, oggi seminario vescovile.
Al L., ideatore dell'esuberante, quanto sorvegliatissimo apparato, spetterebbero le immagini dei santi a figura intera del registro inferiore e molte di quelle a mezzo busto di santi e profeti inserite nei tondi dei sottarchi e ancora riecheggianti fisionomie alla De Mottis; mentre in alcuni episodi della vita di Cristo delle tre calotte absidali già si riconoscerebbe la presenza del Maestro delle Storie di s. Agnese con ogni probabilità responsabile delle raffinate lesene a candelabre e grottesche su fondo giallo (Tanzi, pp. 219 s.).
Cronologicamente contigua dovrebbe ritenersi l'esecuzione del polittico nella chiesa pavese del Carmine, raffigurante la Madonna con Bambino e i ss. Agostino e Ambrogio nel registro inferiore, Cristo sul sepolcro fra s. Giovanni e l'Addolorata nel superiore e l'Eterno nella cimasa, riecheggiante soluzioni del polittico di S. Sebastiano per la cappella degli Studenti oltramontani nella medesima chiesa, opera di Bernardino Zaganelli al quale peraltro l'opera era già stata ascritta (ibid., pp. 81, 217). Ancora a ridosso della metà del primo decennio, in cui la formazione lombarda si salda a un'"intensa quanto superficiale vena peruginesca" (ibid., p. 219), devono collocarsi le tre tavole con le Ss. Orsola, Caterina e (forse) Marcellina (Ajaccio, Musée Fesch) probabilmente già appartenute a un medesimo polittico (Thiébaut).
Le successive, e documentate, commissioni rimangono a conferma di un'intensa partecipazione del pittore alla vita artistica pavese: il 20 maggio 1508 ricevette da Bernardino de Astulfis pagamenti per gli affreschi, conservati, della cappella della Vergine nella chiesa di S. Michele, raffiguranti, nella volta, Dottori della Chiesa, Simboli degli evangelisti e Profeti, ancora improntati alla fisionomie caricaturate di De Mottis, e un'Annunciazione sull'arco della medesima campata rivolto verso la navata centrale, in non ottimale stato di conservazione (Peroni). Più tarda, intorno alla metà circa del secondo decennio, deve ritenersi invece la decorazione in otto riquadri con Storie di s. Maiolo nella cappella omonima della chiesa di S. Salvatore: tra i più alti raggiungimenti del L. nel sapiente equilibrio tra vivacità narrativa e ritmo classico delle scene, e per varietà di suggestioni derivate da stampe nordiche e da una aggiornata cultura figurativa centroitaliana (Tanzi, pp. 83, 221).
Nel 1515 il L., ancora a Pavia, eseguì per la cappella di S. Anna nella chiesa del Carmine, sotto il patronato del paratico (corporazione) dei mercanti della lana, la Madonna in trono e santi, conservata in loco, unica sua opera firmata e datata, tradizionale nella struttura impaginativa, ma con brani di alto livello qualitativo nell'arioso sfondo paesistico dai colori "tersi e squillanti" (ibid., p. 223).
Probabilmente all'inizio del terzo decennio, quando i documenti continuano a confermarne la presenza tra Pavia e Pieve di Porto Morone, il L. ultimò l'impresa avviata in S. Salvatore con la decorazione della navata centrale, denunciando, nella stanca ripetizione dei motivi, sebbene ancora nell'ambito di una vigile regia dell'insieme, l'avviato esaurimento di una "vena già tenue" (ibid., p. 85).
Il 13 marzo 1523 il L. firmò un contratto con il "protonotario apostolico, prevosto e restauratore" della chiesa pavese di S. Teodoro, Luchino Corti, con il quale si impegnò, a saldo di un debito, a eseguire gli affreschi con Storie della Maddalena nella cappella omonima, distrutta, e dei quali sopravvive solo un frammento con il Redentore (Frangi).
Probabilmente prossimo a quegli interventi è l'affresco con la Pietà, già nella conca absidale della cripta e oggi, causa le successive intonacature, leggibile unicamente da riproduzione fotografica (Rampi, p. 81 n. 8), mentre tuttora discussa rimane l'attribuzione tra lui e l'anonimo Maestro delle Storie di s. Agnese per le due versioni affrescate della veduta di Pavia nella medesima chiesa, databili entro il 1527 (Tanzi, pp. 224 s.; Vannutelli, p. 200). Ragioni stilistiche inducono ancora ad assegnare al L. il malamente conservato affresco nel corridoio al primo piano del dormitorio del monastero pavese di fondazione viscontea di S. Spirito e S. Gallo, raffigurante un'Adorazione del Bambino con due santi monaci (Rampi).
Il 1° giugno 1525 il L. ferì a morte, a seguito di una lite, tale G. Bartolomeo de Lossano nella casa di questo a Pieve di Porto Morone, attirandosi in contumacia la condanna alla pena capitale per taglio della testa, la confisca di tutti i beni e l'estradizione dai territori soggetti alla giurisdizione della contessa Sforza. Il pittore trovò riparo a Bobbio, probabilmente grazie ai suoi precedenti contatti con l'abbazia: il 21 ott. 1526, infatti, firmò un contratto con i monaci di S. Colombano per la decorazione della basilica, del portico antistante e del chiostro del monastero, che avrebbe condotto a termine con l'aiuto di un garzone.
Di quell'impresa, dettagliatamente programmata stante le numerose clausole contrattuali (Cipolla), sopravvivono, in parte compromessi da interventi posteriori, solo gli affreschi dell'interno ecclesiale, raffiguranti nelle lunette delle campate, ventisei figure intere a grandezza naturale di un'Annunciazione e di Apostoli, Evangelisti, Dottori della Chiesa, S. Benedetto e S. Colombano, al disopra di un cornicione sotto il quale corre un elaborato fregio di fiori, fogliami e cartigli con frasi bibliche; mentre nelle volte della crociera, entro medaglioni, sono ancora leggibili il Busto di s. Colombano e quelli dei principali santi abati del monastero (Mandelli).
Agli stessi interventi appartiene anche la tavola, collocata sull'altare di S. Benedetto nel transetto sinistro, raffigurante la Madonna con Bambino e i ss. Benedetto e Caterina e nella predella Gesù fra i dottori e l'Orazione nell'orto: testimonianza, nel raffaellismo della s. Caterina e nel leonardismo della Vergine mediato da Giovanni Pietro Rizzoli, detto Giampietrino, e da Bernardino Luini, di un estremo, quanto tardivo tentativo di aggiornamento a conclusione di un iter altrimenti privo "di scarti violenti" (Tanzi, p. 223), cui sarebbe ancora da accostare la Madonna con Bambino e santi nella chiesa parrocchiale di San Fiorano presso Lodi, più probabilmente riferibile a un aiuto (ibid., p. 226).
Niente altro è noto del pittore - al quale Bartoli assegnava anche due tavole, ora perdute, una delle quali firmata, nella chiesa pavese di S. Tommaso (p. 57) -, la cui morte è da porre ipoteticamente a ridosso dell'ultima fatica bobbiense.
Fonti e Bibl.: F. Bartoli, Notizia delle pitture…, II, Venezia 1777, pp. 8, 53, 57, 195; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia (1789), a cura di M. Capucci, II, Firenze 1970, p. 299; G.L. Calvi, Notizie sulla vita e sulle opere dei principali architetti…, II, Milano 1865, pp. 133, 203; M. Caffi, Di altri antichi pittori milanesi poco noti, in Arch. stor. lombardo, VIII (1881), pp. 62 s.; C. Cipolla, Notizie e documenti sulla storia artistica della basilica di S. Colombano di Bobbio nella Rinascenza, in L'Arte, VII (1904), p. 254; F. Malaguzzi Valeri, San Colombano al Lambro e le sue opere d'arte, in Repertorium für Künstwissenschaft, XXXII (1909), pp. 125, 129; E. Ferrari, B. Lanzano da San Colombano, in Rass. d'arte antica e moderna, II (1915), pp. 91-96; R. Maiocchi, Codice diplomatico artistico di Pavia dall'anno 1330 all'anno 1550, I, Pavia 1937, p. 364; R. Longhi, Carlo Braccesco (1942), in Edizione delle opere complete di Roberto Longhi, VI, Lavori in Valpadana dal Trecento al primo Cinquecento. 1934-1964, Firenze 1973, p. 283 n. 11; D. Morani, Diz. dei pittori pavesi, Milano 1948, pp. 27 s.; A. Fanciulli Pezzini, Appunti sul pittore B. L., in Boll. della Società pavese di storia patria, XLIX-L (1950), pp. 35-60; Id., Bernardino de Rossi e B. L. da San Colombano, ibid., LV (1955), pp. 79-82; A. Peroni, S. Michele di Pavia, Milano 1967, pp. 138 s.; F. Gianani et al., La basilica di S. Teodoro nella storia e nell'arte, Milano 1974, pp. 75 s., 78, 86, 94, 100; M. Tosi, S. Colombano di Bobbio, in Monasteri benedettiniin Emilia Romagna, a cura di G. Spinelli, Milano 1980, p. 29; L. Giordano, Un'aggiunta a Bernardino de' Rossi: la cappella Berzio, in Storia dell'arte, 1981, n. 42, pp. 120, 124 n. 32, 133; P. Ceschi Lavagetto, Un restauro e una scoperta a Bobbio, in Presenza benedettina nel piacentino 480-1980…, Bobbio 1982, p. 124; Finarte, 27 nov. 1984, lotto 64, pp. 56 s.; E. Mandelli, B. L. a Bobbio, in Strenna piacentina, 1987, pp. 49-66; F. Moro, in Pittura tra Adda e Serio…, a cura di M. Gregori, Cinisello Balsamo 1987, p. 108; D. Thiébaut, Ajaccio, Musée Fesch. Les primitifs italiens, Paris 1987, pp. 82-85, 163; M.T. Fiorio, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, I, p. 74; F. Frangi, ibid., II, p. 745; M. Tanzi, in Pittura a Pavia dal romanico al Settecento, a cura di M. Gregori, Milano 1988, pp. 10 s., 80-86, 96, 99, 102, 213, 216-226, 238, 319, 322; C. Pirina, De Mottis, in Diz. biogr. degli Italiani, XXXVIII, Roma 1990, p. 671; E. Rampi, Proposta per B. L., in Artes, I (1993), pp. 79-83; G. Fiori, Un contratto di formazione artistico-pittorica del pittore B. L. e cenni di altri artisti piacentini del '500 e del '700, in Strenna piacentina, 1996, pp. 71 s., 73 s.; C. Vannutelli, Sulle tracce di un anonimo pavese: il Maestro delle Storie di s. Agnese, in Arte cristiana, LXXXVI (1998), 786, pp. 197, 199-204, 206-209, 212, 214; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, pp. 364 s. (s.v.Lanzano da San Colombano, Bernardino).