FRASCOLLA, Bernardino Maria
Nacque ad Andria, in Terra di Bari, il 2 luglio 1811 da Raffaele e Isabella Urso, in una famiglia agiata. Dalla primavera del 1820 frequentò il locale seminario, ove vestì l'abito clericale. Laureatosi in teologia presso l'università di Napoli, nel 1834-35 insegnò teologia dommatica e sacra scrittura nel seminario di Andria. Ordinato sacerdote il 13 giugno 1835, per un quindicennio fu attivo come predicatore in varie località della Puglia, a Teano, a Salerno e in Sicilia. Conquistò ben presto la fiducia del vescovo di Andria, G. Cosenza, dal quale prima fu nominato esaminatore prosinodale, poi, il 29 dic. 1846, canonico teologale.
Mentre tra il clero andriese - sia per motivi sociali sia per ragioni pastorali - molti canonici aderirono al breve quanto intenso periodo costituzionale (26 gennaio - 15 maggio 1848), il F. avversò recisamente le posizioni politiche liberali.
Nel 1849, nel corso di un convegno di tutti i vescovi del Regno a Napoli, il F. incontrò Ferdinando II, che lodò la posizione da lui assunta durante gli avvenimenti del 1848. Nel settembre 1850, divenuto mons. G. Cosenza arcivescovo di Capua e cardinale, il F. trovò un potente appoggio nella Curia romana.
Il 22 giugno 1855 la diocesi di Foggia, separata da quella di Troia, fu elevata a sede vescovile. L'anno successivo, il 16 giugno 1856, il F. ne fu nominato vescovo e consacrato a Roma il 22 giugno; l'ingresso solenne nella città di Foggia avvenne la prima domenica di agosto.
Il suo episcopato si caratterizzò quasi subito dopo l'insediamento per l'impronta decisamente autoritaria data alle scelte giuridico-pastorali. Aspri furono i contrasti con il clero cittadino, più che mai deciso a rivendicare i suoi antichi privilegi. Dopo una serie di schermaglie e di tensioni, lo scontro assunse toni esasperati quando il F., richiamandosi alle disposizioni del concordato del 1818 tra S. Sede e Regno delle Due Sicilie, si rifiutò di accettare il diritto elettivo dei componenti del capitolo. In questa occasione egli pubblicò lo scritto Riflessioni storico-legali-canoniche intorno al preteso diritto elettivo del capitolo ex-collegiale foggiano (Napoli 1860). La sua posizione scatenò il risentimento dei canonici della cattedrale che avviarono una spregiudicata campagna diffamatoria nei suoi confronti.
Ancor prima della crisi finale del Regno, dunque, la presenza del F. a Foggia era diventata motivo di pericolosa tensione politico-sociale. Lo sbarco garibaldino in Sicilia e la concessione della costituzione fatta da Francesco II con l'atto sovrano del 25 giugno 1860 accelerarono il degenerare di una situazione ormai insostenibile: il 2 luglio il F. dovette lasciare la città e riparare ad Andria.
L'episcopato meridionale fu nettamente contrario alla scelta costituzionale del giovane sovrano e la ritenne poco opportuna sia sul piano ideologico sia relativamente agli interessi della Chiesa. Non meraviglia perciò che con la politica reazionaria del F. si allineassero tutti i vescovi pugliesi: G. Montuoro (Bovino), G.G. Longobardi (Andria), A. La Scala (San Severo), V. Materozzi (Ruvo e Bitonto), N.M. Guida (Molfetta), M. Caputo (Ariano), G. Jannuzzi (Lucera), L. Todisco Grande (Ascoli Satriano e Cerignola), G.D. Falcone (arcivescovo di Eumenia, pastore delle chiese palatine di Altamura e Acquaviva), i quali però dovettero precipitosamente abbandonare le loro sedi sotto l'incalzare di sommosse popolari; a Foggia, a Bovino, a San Severo i palazzi vescovili furono devastati dalla folla inferocita.
Il F. da Andria continuò a opporsi al movimento costituzionale e cercò in ogni modo di ostacolare le iniziative del clero foggiano: minacciò la sospensione immediata dal culto dei sacerdoti che avevano partecipato agli avvenimenti dell'estate del '60 e, persino dopo la fuga di Francesco II a Gaeta, diffuse lettere e memorie per proibire ai preti di concedere l'assoluzione a quanti avevano votato a favore dell'annessione nel plebiscito del 21 ottobre. D'altronde il presule andriese era stato tra i firmatari della Lettera degli arcivescovi, vescovi ed abati ordinarii del Regno delle Due Sicilie di qua del Faro. A Sua Santità Papa Pio IX, datata 21 gennaio 1860 (s.n.t), con la quale l'alto clero del Regno aveva rinnovato il proprio sostegno al temporalismo papale.
Alla fine del 1860 il governatore della provincia di Capitanata G. Del Giudice addebitava al F. e al vescovo di Bovino gravi colpe per aver continuato ad appoggiare la causa dei Borboni ponendosi apertamente contro le deliberazioni del nuovo governo.
Nel 1861 il F. ebbe un durissimo scontro con P.S. Mancini, dal 29 marzo responsabile della Giustizia e degli Affari ecclesiastici della luogotenenza napoletana.
Questi emanò due circolari riguardanti l'una l'elezione nelle diocesi vacanti delle province meridionali del vicario capitolare (14 maggio 1861), che doveva ritenersi del tutto legittima in assenza del vescovo titolare, e l'altra contro le "Istruzioni vaticane" del 10 dic. 1860 (17 maggio 1861) con la quale si dichiaravano nulle le decisioni della Sacra Penitenzieria che vietavano il canto del Te Deum in occasione di solennità civili, il giuramento di fedeltà al re Vittorio Emanuele II, l'obbedienza allo Statuto e alle leggi dello Stato e l'arruolamento nella Guardia nazionale, in quanto in contrasto con la coscienza religiosa. Il Mancini ravvisava in queste disposizioni non una direttiva religiosa ma un orientamento politico antiunitario.
La politica ecclesiastica del Mancini e quella del suo successore M. Pironti furono tenacemente contrastate dal F., il quale oppose le tesi del più chiuso conservatorismo teocratico ribadendo il rifiuto dell'episcopato meridionale ad accettare il nuovo Stato nazionale e soprattutto ingerenze negli affari ecclesiastici (L'episcopato napoletano e Mancini ossia Appello al giureconsulto Mancini avverso le ultime quattro circolari del fu consigliere e segretario degli Affari ecclesiastici cav. P.S. Mancini…, Napoli 1861).
In una fase in cui il governo italiano era impegnato a soffocare la protesta delle classi subalterne meridionali, spinte sulla pericolosa strada del brigantaggio, le declamazioni antiunitarie del F. provocarono il 27 apr. 1862 l'intervento del giudice regio di Foggia V. Berlingieri, il quale ordinò l'arresto del F. per cospirazione. Questi dapprima venne rinchiuso per un mese nella canonica foggiana di S. Domenico, e successivamente fu trasferito a Lucera in attesa della sentenza della Corte d'appello di Trani, che il 20 giugno lo dichiarò innocente del reato imputatogli: egli fu, comunque, invitato a non rientrare a Foggia ma a riparare nella più sicura Andria. Qui gli venne comunicata l'incriminazione per un nuovo capo d'accusa: aver composto e messo in circolazione scritti sovversivi e aver ignorato il regio exequatur. Il processo si svolse presso la Corte d'assise di Lucera dal 12 ag. al 30 sett. 1862: questa volta il F. fu condannato alla pena di due anni di carcere e al pagamento di una multa di 4.500 lire (Vitulli, pp. 60 s.). La Corte di Cassazione di Napoli il 1° febbr. 1863 confermò la sentenza e dal 10 maggio il F. fu trasferito a Como dove fu rinchiuso nel castello.
La reclusione del F. coincise con l'arresto del vescovo di Avellino, F. Gallo, spedito sotto scorta a Torino. Questi fatti scatenarono la stampa cattolica che sostenne le posizioni dei due vescovi. Il F., comunque, il 10 febbr. 1864 poté usufruire dell'amnistia concessa ai detenuti per motivi politici non gravi e ritornò libero. In ogni caso gli fu fatto divieto di lasciare la città lariana, dove restò altri due anni a insegnare presso il seminario diocesano. A Como intensificò i suoi studi storico-teologici: scrisse Parabola o Storia? Pensieri didascalici sul giubileo del 1865 (Torino 1865) e avviò un'intensa collaborazione con l'Enciclopedia dell'Ecclesiastico (ibid. 1878), per la quale redasse voci di ampio respiro.
Il F. fece ritorno a Foggia il 4 nov. 1866 e riprese subito il suo ministero. Allineato con le tesi del Sillabo, continuò a sostenere il temporalismo papale e partecipò attivamente alla preparazione delle tesi del concilio Vaticano I. Recatosi a Roma per l'apertura del concilio (8 dic. 1869), si ammalò repentinamente.
Solo pochi giorni dopo, il 30 dic. 1869, il F. morì in Vaticano.
Fonti e Bibl.: Andria, Biblioteca del Seminario, Fondo Frascolla; Foggia, Archivio diocesano, Fondo Frascolla; Arch. segr. Vaticano, S. Congregazione del Concilio, Fodian., Relationes ad limina; Archivio di Stato di Foggia, Carte di Polizia, fascio 191, fascicolo 2084; Archivio di Stato di Lucera, Corte d'Assise, fascio n. 24 (atti del processo del 1862). Utile, anche se di carattere apologetico, A. Leonetti, Biografia del primo vescovo di Foggia mons. B.M. F., Roma 1870. Ulteriori notizie biografiche in Raccolta di prose e di versi in morte di B. F., Milano 1870; nonché Alessandro da Crecchio, Schizzo biografico di B.M. F. primo vescovo di Foggia, Foggia 1870. Sugli avvenimenti risorgimentali nei quali fu coinvolto il F. vedi C. Villani, Risorgimento dauno, a cura e con le annotazioni di M. Simone, Foggia 1960, ad Indicem. Inoltre: A. Vitulli, Il clero di Capitanata nella crisi della unificazione. Il processo al vescovo F., Napoli-Foggia-Bari 1973; G. Brescia, B.M. F. (1811-1869) e un momento inedito della storia della interpretazione cattolica di Giambattista Vico, in Scritti di storia e di arte pugliesi in onore dell'arcivescovo mons. G. Carafa, Fasano 1976, pp. 15-45 (poi in La provincia e l'umanità. Saggi di storia intellettuale e civile, Roma 1982, pp. 33-51). Riferimenti ai contrasti del F. con il governo italiano in: A. Monticone, I vescovi meridionali 1861-1878, in Chiesa e religiosità in Italia dopo l'Unità (1861-1878), Milano 1973, pp. 59-100; B. Pellegrino, Chiesa e rivoluzione unitaria nel Mezzogiorno. L'episcopato meridionale dall'assolutismo borbonico allo Stato borghese (1860-1861), Roma 1979, pp. 23, 56, 111.