NOCCHI, Bernardino
– Nacque a Lucca l’8 maggio 1741 da Giovanni Antonio, disegnatore di architettura, e da Lucia di Pietro Vitali, entrambi lucchesi.
Avviato dalla famiglia allo studio della mercatura, preferì dedicarsi all’esercizio del disegno sotto la direzione del pittore Giuseppe Antonio Luchi, detto il Diecimino. Del 1763 è l’Autoritratto (Lucca, collezione privata) donato all’amico Bartolomeo Talenti, che segnò il suo esordio in pittura. Iscrittosi all’Accademia lucchese di disegno e pittura, nel 1766 ottenne la commissione del frontespizio per i nuovi Capitoli e ordini stampati in quell’anno, raffigurante la Pittura incoronata da un putto che disegna ai piedi dell’arme della Repubblica Serenissima (Arch. di Stato di Lucca, Offizio sopra le nuove arti, carte dal 1751 al 1790), prova del precoce talento e della stima di cui godeva nell’ambiente artistico locale. Membro onorario dell'Accademia, a soli 26 anni ne divenne direttore in sostituzione di Luchi.
Nel 1769, grazie all'aiuto del suo protettore, il nobile Carlo Conti, e del padre, si recò a Roma con Stefano Tofanelli, suo allievo, il quale nel 1783 lo raffigurò, insieme a suo fratello Agostino e suo padre, nel suo Autoritratto (Museo di Roma).
Prima della partenza, Nocchi eseguì due ritratti del biografo lucchese Tommaso Trenta, di cui non si conosce l'attuale collocazione.
Visse i primi anni nell’Urbe in difficoltà economiche disegnando per incisori e continuando a dipingere per committenti lucchesi, tra cui Cesare Bernardini (il cui ritratto fu lasciato in sospeso). Eseguì pure ritratti della famiglia Torre (Giovannelli, 1985, p. 152). Il principe mecenate Emilio Altieri lo spronò inoltre a studiare le collezioni di antichità classica conservate nel suo palazzo. Non essendo stato accolto nell’Accademia del concittadino Pompeo Batoni, completò l’educazione artistica nella bottega di Nicola Lapiccola, pittore dei Sacri Palazzi.
La prima tela dipinta a Roma fu Il sacrificio di Jefte (Lucca, cappella del palazzo vescovile, 1769-70 circa): appartenuta all’arcivescovo Filippo Sardi, allora canonico di S. Martino, fu commissionata nella città toscana dove si conserva uno Studio di teste (Lucca, Museo Nazionale di Villa Guinigi, Gabinetto dei disegni e delle stampe), durante gli ultimi anni del vescovato di Giovan Domenico Mansi (Arch. di Stato di Lucca, Carte Trenta, XI, c. 282). Echi della cultura figurativa tardo barocca toscana e del Seicento lucchese, con suggestioni dallo stile di Lapiccola, si trovano sia nel Sacrificio sia nel Tobia e l’arcangelo Raffaele, il cui bozzetto è a Lucca in collezione privata. L’episodio fu affrescato da Nocchi a Roma nel 1770-80 nel refettorio dell’Accademia ecclesiastica alla Minerva, insieme alla Cena in Emmaus.
L’apprendistato a fianco di Lapiccola determinò una svolta fondamentale nella sua formazione consentendogli di inserirsi nel mondo artistico romano. Non riuscì tuttavia a ottenere il titolo di accademico di S. Luca, essendogli mancate, per divergenze tra Lapiccola e l’Accademia, le «armi più forti» (Rudolph, 1985, p. 207), ovvero il sostegno di Mengs e Batoni. Nel 1772 il maestro lo associò alla sua bottega e nel 1773 lo chiamò a lavorare al restauro degli affreschi cinquecenteschi di Villa Giulia, dove Nocchi compare come il capofila dei giovani impegnati nell'impresa, tra i quali era anche Tofanelli (Russo, 1990, p. 177).
Contemporaneamente, iniziò gli affreschi nella sala dei Fasti prenestini in palazzo Vidoni Caffarelli, al tempo proprietà del cardinale Gianfrancesco Stoppani, morto nel 1774, prima di vederli terminati (Virtù teologali, Sibille, Virtù cardinali, Evangelisti, Profeti; Guerrieri Borsoi, 1999; cfr. lettera di Nocchi, 30 gennaio 1773, in Giovannelli, 1985, p. 131). Sullo sfondo di un’inedita partitura architettonica di derivazione cinquecentesca, le figure sono collocate secondo una concezione illusionistica barocca, imponendosi come una singolare novità rispetto ai consueti generi della grottesca e del quadraturismo.
Nel competitivo ambiente artistico romano, l’opera sancì l’affermazione di Nocchi che non si allontanò più dalla città, rifiutando nel 1775 l’invito del padre a occuparsi delle decorazioni nel palazzo del nobile Francesco Bernardini a Lucca, e non accettando, dieci anni dopo, la proposta di trasferirsi a lavorare per la corte del Portogallo.
Seguirono comunque anni di difficoltà economiche durante i quali eseguì: nel 1776, il ritratto del Principe card. G. Carlo Bandi, zio di Pio VI, e due repliche dello stesso dipinto (non si conosce la collocazione delle tre tele); nel 1775-76, insieme a Tofanelli, sotto la direzione di Lapiccola, lavorò alle decorazioni nel palazzo papale di Castelgandolfo e, inoltre, nel 1776-77, su commissione del principe Marcantonio IV, alla decorazione a tempera del palazzo Borghese a Roma: Diana che discaccia Callisto, Apollo che consegna Esculapio al centauro Chirone, Giove che apparisce nel suo aspetto divino a Semele, Sileno ubriaco mentre i pastori lo legano e la ninfa Egle gli tinge la faccia con le more (i bozzetti si conservano a Lucca in collezione privata; Giovannelli, 1985, fig. 10). I dipinti sono espressione di un «neoclassicismo à la grècque» (Mellini, 1997, p. 322), come i due tondi con Bacco e Arianna, Giove e Teti (già mercato antiquario; Rudolph, 1985).
Per l’incisore Giovanni Volpato, tra il 1777 e il 1779, copiò, in tela, gli affreschi di Raffaello nelle Stanze Vaticane e due quadri, Diana che vagheggia Endimione e Venere che traveste Amore con i panni di Ascanio. Nel 1779, l’ambizione lo spinse a frequentare l’atelier di Batoni, considerato, a Roma, l’eccellenza nella pratica del disegno (Pompeo Batoni, 2008, pp. 119, 187).
Il 27 novembre 1779 sposò a Roma Clementina Ricci, figlia del pittore Francesco, da cui ebbe sette figli. Tre di loro lo seguirono nella vocazione artistica: Pietro, che fu pittore; Giovanni Battista, incisore, e Odoardo, decoratore (Il palazzo del Quirinale…, 1989, p. 65). Nocchi mantenne sempre rapporti epistolari con la famiglia (per il carteggio Nocchi, conservato nella Biblioteca statale di Lucca, cfr. Giovannelli, 1998; 1999; 2000).
Dalla fine del 1779, durante il regno di Pio VI, lavorò stabilmente per la corte pontificia e grazie alla protezione della famiglia Braschi ricevette importanti commissioni, fra cui la decorazione della volta della sagrestia della cappella Sistina e l'incarico per un piccolo «ritocco sul Giudizio universale di Michelangelo» (Russo, 1990, p. 179).
Nel 1780 subentrò nel ruolo di pittore dei Sacri Palazzi apostolici a Lapiccola, divenuto custode dei palazzi capitolini. Le pitture eseguite fino al 1794 sono documentate nell’Archivio segreto Vaticano (Russo, 1990, pp. 177-208).
Nel 1781 iniziò la decorazione in Vaticano dell’appartamento e della cappella privata del maggiordomo di Pio VI, il cardinale Romualdo Onesti Braschi, nipote del pontefice. Dal 1783 al 1787 fu attivo come restauratore dei Sacri Palazzi, dove probabilmente l'intervento più importante fu il restauro nel 1786 del ciclo pittorico della cappella Paolina, compresi gli episodi della Conversione di S. Paolo e della Crocifissione di S. Pietro di Michelangelo. Sempre in qualità di restauratore intervenne l'anno successivo nella sala regia. Risale a quegli anni la realizzazione de La pittura sulla Rupe Tarpea mentre consegna il ritratto di Pio VI alla Fama, 1787, allegoria apologetica del disegno, dipinta nella volta della distrutta sala delle Stampe nella Biblioteca Vaticana, e di quattro sovrapporte della medesima sala. Una serie di modelletti dipinti, conservati a Lucca in collezione privata documentano la genesi dell’intero ciclo pittorico della sala (Giovannelli, 1985, pp. 121-123; Arch. di Stato di Lucca, Carte Trenta, XI, cc. 282-283, 287 con descrizione delle pitture perdute).
A partire dal 1787 lavorò nel palazzo della Consulta al Quirinale alle decorazioni dei tre appartamenti sul lato sud che costituivano la residenza del cardinale Romualdo Onesti Braschi, divenuto segretario dei Brevi nel 1787. In particolare si occupò della decorazione di tre stanze nell'appartamento di rappresentanza, di cinque stanze in quello invernale e di una stanza, il cosiddetto Gabinetto nella retrocamera della parte del cortile, in quello estivo (Nevola, 2004, p. 301). Dell'intera decorazione il salone di rappresentanza, ovvero la terza stanza dell'appartamento signorile, costituisce il nucleo dominante della terza fase decorativa, realizzata da marzo a ottobre 1788. Interamente decorato da Nocchi con dipinti a grisaille e motivi a grottesche che richiamano il quarto stile pompeiano, il salone presenta scene legate al mito di Proserpina a partire dalla raffigurazione di Cerere che ricorre a Giove per riavere Proserpina rapita da Plutone, che campeggia al centro della volta. Nella seconda stanza dell'appartamento di rappresentanza si trovava una grande tela di cui rimane oggi nel palazzo solo un frammento della metà superiore, raffigurante la Fama. La metà inferiore con il Genio del sovrano che fa cenno di entrare nel Museo Pio alle figure allegoriche della pittura, scultura e architettura si conserva al Museo di Roma, dove si trova anche il bozzetto del dipinto, prezioso documento della composizione completa che raffigurava l'Allegoria del Museo Pio. L’ornamentazione della Consulta, in gran parte compromessa in epoca umbertina, 1870-74, fu terminata nel 1790 (Russo, 1990, pp.181-192; Nevola, 2004).
Alla fine del nono decennio risale anche la decorazione a tempera, di 44 ‘cammei’ istoriati, a monocromo, entro partiture architettoniche (1788-90) nella volta della galleria dei Quadri, oggi degli Arazzi, nel nuovo Museo Pio Clementino in Vaticano.
I dipinti (cinque lunette sono perdute) celebrano le virtù del pontefice Pio VI. Il lavoro, ideato da Nocchi su modello della glittica, anticipando il gusto neoclassico e lo stile impero (Rudolph, 1985, p. 218), fu eseguito da Domenico Del Frate, in qualità di supervisore, e Francesco Staccioli con Giuseppe Todrani, come collaboratori. I bozzetti e i cartoni furono realizzati da Agostino Tofanelli (Arch. di Stato di Lucca, Carte Trenta, XI, cc. 287, 291, 296).
Intorno al 1792 Nocchi copiò, per incisione, le statue antiche che ornavano il palazzo Borghese e il casino della villa Pinciana a Roma stampate, in parte, nel 1821, dall’amico Ennio Quirino Visconti. Del 1794 è Il pianto di Ulisse (Lucca, Museo nazionale di Palazzo Mansi), dipinto che gli fu commissionato, insieme al 'pendant' Ulisse ritornato a Itaca, dal nobile lucchese Carlo Conti. Gli venne, inoltre, commissionata, nel 1796, la perduta tempera su muro con La Visita di Pio VI alle paludi Pontine (già, Tor Tre Ponti, convento dei Cappuccini).
Negli anni della maturità, si dimostrò abile ideatore di scene sacre, cariche di pathos e dipinte con magistrale perizia nei particolari. Si tratta di opere che, pur nella loro teatralità, esprimono un realismo empatico, funzionale alle esigenze della committenza ecclesiastica, feconda fino al tramonto del XVIII secolo e agli inizi del XIX. Tra esse meritano una citazione: il Transito di s. Giuseppe e S. Agostino confonde gli eretici manichei, 1785-87 circa, chiesa di S. Secondo, Gubbio; S. Chelidonia che medita la Passione di Cristo, 1788, chiesa di S. Andrea, Subiaco (quadro ordinatogli da Pio VI che era stato abate commendatario sublacense); la Morte di s. Andrea d’Avellino 1790 circa, duomo, Spoleto; la Trinità con una Gloria d’angeli e quattro ss. cappuccini, 1796 (pala d’altare destinata al convento dei Cappuccini di Tor Tre Ponti e mai consegnata per l’arrivo delle truppe francesi. Fu ceduta per scontare l’affitto della casa); l’Immacolata Concezione, 1804, cappella dell’Ospedale civile, Macerata (già in Maria Ss. della Concezione al ricovero - ex chiesa dei Cappuccini); S. Euplio martire, 1801-03, chiesa di S. Nicola all’Arena, Catania; la Gloria di s. Pudenziana, 1803-1806, chiesa di S. Pudenziana, Roma, altar maggiore (quadro lodato dall’abate Giuseppe Antonio Guattani e commissionato nel 1803, grazie a Canova, dal cardinale titolare, Lorenzo Litta); la Morte di s. Anna, 1804-05, chiesa di S. Frediano, Lucca, cappella Buonvisi (il quadro fu dipinto in memoria della moglie deceduta nel 1804).
Anche nella ritrattistica, alla quale si era dedicato fin dagli esordi a Lucca, si distinse per la profondità dell’indagine psicologica e per la qualità raffinata della pittura, frutto di studi preparatori assidui, che ne dimostrano «l’altissimo mestiere» (Ciardi, in Recensir col tratto, 1989, p. 11) e la singolarità del suo metodo operativo. Sono da ricordare: il Ritratto di P. Bandettini, antiquario, 1790 circa (Firenze, collezione privata) il Ritratto equestre del duca Luigi Braschi Onesti (nipote di Pio VI), 1793 circa (già villa Braschi Theodoli a Zola Pedosa) e il Ritratto di Camillo Borghese, 1798-99 (Torino, Galleria Sabauda), dipinto durante la Repubblica Romana.
In linea con i suoi interessi di studioso e collezionista, conservava nel suo atelier centinaia di libri, piccoli quadri, bozzetti, stampe, frammenti, gessi e statue da lui utilizzati come modelli per le composizioni artistiche. La notorietà acquisita gli consentì di lavorare assiduamente, nonostante dal 1797 l’occupazione di Roma da parte dei francesi avesse diminuito le committenze. Disegnò per l’amico Canova la vignetta di un diploma accademico e riportò su tela diverse sue sculture, fra cui Alexandrine de Bleschamps come Tersicore, 1806-08 (Lucca, Museo nazionale di Palazzo Mansi; Il Tempo del Bello…., Venezia 1998, pp.140-143). Preparò i bozzetti per la beatificazione dello spagnolo Giuseppe Oriol e ottenne altri incarichi, non andati a buon fine, dal conte Giuseppe Baglioni di Perugia. Nel 1806 fu nominato socio dell’Accademia lucchese Napoleone insieme a Canova, Morghen, Appiani e David. L’anno successivo, per il cavalier Giovanni Collio dipinse Mercurio annuncia a Calipso che deve lasciare Ulisse (San Severino Marche, collezione privata), tela di soggetto affine al Pianto di Ulisse che si conserva a Lucca; si ricordano inoltre numerosi ritratti di Pio VII (Mellini, 1997, p. 323), fra cui quello della Biblioteca Malatestiana di Cesena. Nel 1809 dipinse, in posa devozionale, l’effigie della regina Maria Adelaide Clotilde di Francia (sorella di Luigi XVI) sposa del re di Sardegna, morta in odore di santità a Napoli nel 1802 e dichiarata venerabile nel 1808. Il quadro era destinato al papa. A Nocchi furono affidate altre cinque immagini della venerabile e il ritratto del prete postulatore della causa di beatificazione della regina. In previsione dell’arrivo di Napoleone e Giuseppina Beauharnais, nel 1811 ottenne l’ultima prestigiosa commissione di decorare gli appartamenti del Quirinale con due storie mitologiche, ma la morte gli impedì di realizzare i dipinti, la cui esecuzione fu affidata al figlio Pietro, su suo disegno (Il palazzo del Quirinale…, 1989, p. 66).
Morì a Roma il 27 gennaio 1812.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Lucca, Carte Trenta, XI, cc. 281-302; Ibid, Legato Cerù 193, p. 77; Ibid., Consiglio generale 641, cc. 2083 - 2084; R. Giovannelli, Nuovi contributi per B. N., in Labyrinthos, IV (1985), 7-8, pp. 119-199 (con bibl.); S. Rudolph, Il punto su B. N., ibid., pp. 200-231 (con bibl.); Giovanni Volpato 1735-1803 (catal.), a cura di G. Marini, Bassano 1988, p. 19; Memoria storica e attualità tra Rivoluzione e Restaurazione. Bozzetti e modelli dalla fine del XVIII alla metà del XIX secolo (catal.), a cura di C. Bon Valsassina, Torgiano Foligno 1989; Recensir col tratto. Disegni di B. e Pietro Nocchi (catal.), a cura di R.P. Ciardi - A. Tosi, Lucca 1989 (con bibl.); Il palazzo del Quirinale, il mondo artistico a Roma nel periodo napoleonico, a cura di M. Natoli - M.A. Scarpati, II, Roma 1989, pp. 65 s.; V. Casale, La pittura del Settecento in Umbria, in La pittura in Italia. Il Settecento, I, Milano 1990, pp. 361, 369, fig. 505; L. Barroero, La pittura a Roma nel Settecento, ibid., pp. 437, 443, 463 nn. 109, 121; F. Rangoni, ibid., II, pp. 809 s.; M.F. Russo, Ipotesi di ricostruzione del percorso di B. N. nei Sacri Palazzi apostolici e in particolare nel palazzo della Consulta. Documenti e disegni inediti, in Temi di decorazione, dalla cultura dell’artificio alla poetica della natura, a cura di E. Debenedetti, Roma 1990, pp. 177-208; S. Susinno, La pittura a Roma nella prima metà dell’Ottocento, in La pittura in Italia. L’Ottocento, Milano 1991, I, pp. 405 s.; R. Giovannelli, Spigolature al seguito di B. N., in Labyrinthos, XI-XII (1993), 21-24, pp. 253-304; Id., Per Stefano Tofanelli, ibid., XI-XII (1993), 21-24, pp. 393-430; R.P. Ciardi - A. Tosi, G.A. Luchi. Il Diecimino. Pittura a Lucca nel '700 tra Bologna e Venezia, Lucca 1993, p.13; E. Fumagalli, Palazzo Borghese, Roma 1994, fig.203; F.C. Uginet, Portrait d’une reine, un tableau de B. N. à l’abbaye de Hautecombe (Savoie), in «Alla signorina», Mélanges offerts à Noëlle de La Blanchardière, Roma 1995, pp. 381-394; O. Michel, in The Dictionary of art, XXXIII, London-New York 1996, p. 173; G.L. Mellini, Epilogo per B. N., in Scritti in onore di A. Marabottini, a cura di G. Barbera - T. Pugliatti - C. Zappia, Roma 1997, pp. 321-328; Il Tempo del Bello. Leopardi e il Neoclassicismo tra le Marche e Roma, Venezia 1998, pp. 140-143; R. Giovannelli, B. N. - Lettere familiari, 1 (1769-1800), in Labyrinthos, XVII (1998), 33-34, pp. 241-270; Id., B. N. - Lettere familiari, 2 (1801 - maggio 1806), ibid., XVIII (1999), 35-36, pp. 249-268; M.B. Guerrieri Borsoi, Il fasto della porpora. Il cardinale Giovan Francesco Stoppani; il suo palazzo; la sua collezione d’arte, in Storia dell’arte, 1999, n. 96, pp. 193-198, 213; R. Giovannelli, B. N. - Lettere familiari, 3 (6 giugno - 18 dicembre 1806), in Labyrinthos, XIX (2000), 37-38, pp. 195-213; L. Barroero, I dipinti settecenteschi: un progetto romano, in La cattedrale di Spoleto. Storia, arte, conservazione, a cura di G. Benazzi - G. Carbonara, Milano 2002, pp. 343-349; F. Nevola, B. N. al palazzo della Consulta, in Id. - V. Palmer, Il palazzo della Consulta e l’architettura romana di Ferdinando Fuga, Roma 2004, pp. 231-308; E. Debenedetti, Otto nuovi disegni tra Pio VI e Pio VII, in Bollettino d’arte, s. 6, LXXXIX (2004), 129, pp. 95, 103; G. Capitelli, Quadri da altare: pittura sacra a destinazione pubblica, in L’Ottocento in Italia. Le arti sorelle, a cura di C. Sisi, I, Il Neoclassicismo 1789-1815, Milano 2005, pp. 41-52; M.D. Shepheard, «Will the real Boccherini please stand up», new light on an Eighteenth- century portrait in the National Gallery of Victoria, in Melbourne Art Journal, 2007, n. 9-10, pp.176-197; Pompeo Batoni 1708-1787. L’Europa delle Corti e del Grand Tour (catal.), a cura di L. Barroero - F. Mazzocca, Milano 2008, pp. 37, 41, 119, 187, 348.