PERFETTI, Bernardino
PERFETTI, Bernardino. – Nacque a Siena il 7 settembre 1681, da Pier Angelo e da Orsola Amerighi.
Famiglia di mercanti all’origine, i Perfetti avevano acquisito il titolo nobiliare in tempi molto recenti: Pier Angelo era stato il primo della famiglia a far parte della Signoria concistoriale nel 1680. Si trattava inoltre di una famiglia di condizioni molto agiate, mercanti di drappi che avevano comprato, tra il 1646 e il 1661, terre per 18.000 scudi e nel 1662 operato l’acquisto per la cifra eccezionale di 24.000 scudi di un bene simboleggiante un elevato status sociale: la villa in campagna, il palazzo della Sugara in Val d’Elsa con le sue dipendenze (I libri dei Leoni..., 1996, pp. 92, 94, 105, 536). Questo desiderio di ascesa sociale si vede nel matrimonio di Pier Angelo con Orsola Amerighi, figlia del capitano Marco Antonio e appartenente a una famiglia la cui nobiltà risaliva al 1537.
Il 25 novembre 1680 Pier Angelo aveva fondato una commenda di padronato nell’Ordine di Santo Stefano, un espediente per accedere alla nobiltà toscana senza averne tutti i titoli. I beni patrimoniali indicati in quell’occasione dimostrano la prosperità del commendatario: una casa a Siena del valore stimato di 3000 scudi; una villa nella campagna senese con sette poderi, un palazzo padronale, un’osteria, diverse case a pigione e un frantoio per un valore di 30.000 piastre; un’altra villa da 2500 scudi e tre poderi del valore di 8300 scudi.
Nel 1697 Pier Angelo rinunciò alla commenda in favore del figlio Bernardino che, dopo aver provato la propria nobiltà il 13 settembre 1697, vestì il 7 novembre successivo l’abito di cavaliere milite di Santo Stefano (Archivio di Stato di Pisa, Ordine di Santo Stefano, filza 798, n. 32). L’iscrizione del ragazzo nel 1696 presso il collegio Tolomei, uno dei più prestigiosi seminaria nobilium in Italia, è un’altra testimonianza della strategia sociale della famiglia Perfetti.
Bernardino, che aveva dapprima studiato presso i gesuiti di S. Vigilio, ricevette al collegio Tolomei, per opera di quegli stessi religiosi, insegnamenti di filosofia, di storia, di diritto e di altre materie d’erudizione. Nel 1701 conseguì la laurea in giurisprudenza. Nel 1710 (o 1711) divenne uno dei due professori di diritto dello stesso collegio Tolomei insegnando contemporaneamente all’Università di Siena; nel 1743 deteneva ancora la cattedra ordinaria canonica di quell’università.
Nel 1706 sposò Maria Francesca Salvani, appartenente a una famiglia aristocratica di Siena, da cui ebbe tredici figli (sei dei quali morirono in tenera età). Suo figlio Vincenzo fu adottato, seguendo una consuetudine diffusa presso il patriziato senese, dai Fortini, una ricca famiglia alleata senza eredi maschi; due (o tre) delle sue figlie presero i voti, compresa quella Filomena che aveva dimostrato di possedere talento poetico: nei Saggi di poesie di Perfetti si legge l’epilogo che ella compose sui temi delle poesie improvvisate dal padre durante un’occasione, insieme a un’elegia da lei composta per la morte di quest’ultimo (ed. 1748: pp. 266-279; 416-424).
Nipote del letterato e commediografo Girolamo Gigli (1660-1722), il quale aveva sposato Laurenza Perfetti, sorella di Pier Angelo, a giudizio dei suoi biografi Perfetti avrebbe dimostrato un interesse precoce per la poesia: la prima prova concreta consiste nell’epigramma in latino e nel sonetto in italiano che egli recitò durante una rappresentazione sul tema «La Pace dalla guerra» tenuta nel giugno del 1697 dall’Accademia degli Innominati che, fondata in seno al collegio Tolomei, riuniva i quattordici migliori studenti dell’istituto. È alla poesia che Perfetti deve comunque la sua reputazione, mentre la sua produzione negli altri ambiti è stata estremamente limitata.
Un discorso da lui tenuto nel 1706 al termine del suo incarico presso il Concistoro di Siena, una descrizione dell’ingresso dell’arcivescovo Zondadari a Siena nel 1715 sulla quale i giudizi sono stati contrastanti (come dimostrano le lettere dello studioso senese Uberto Benvoglienti ad Anton Francesco Marmi, Siena, Biblioteca comunale, Mss., E.IX.24, cc. 115v-116, 157v-158, 181, 182v, 184). Non si sa che cosa ne sia stato di una sua Istoria o Trattato dell’improvisare, opera alla quale Perfetti aveva lavorato negli anni 1723-25 (E.IX.21, c. 55; C.IV.12, c. 299-bis: lettere di Gian Battista Catena a Benvoglienti).
La forma poetica nella quale eccelse non fu la poesia scritta. La sua opera pubblicata è limitata a un certo numero di canzoni, canzonette, sonetti su temi principalmente religiosi o di circostanza (in particolare, Saggi…, cit., parte II) e alla versificazione di un’omelia di Clemente XI (Siena 1712; Venezia 1725): questa poesia ‘da tavolino’ fu giudicata mediocre (vedi lettera di Benvoglienti a Marmi, s.d., Siena, Biblioteca comunale, Mss., E.IX.7, c. 35v) e Perfetti stesso non vi attribuiva grande valore.
Fu invece la poesia estemporanea a renderlo famoso. Egli avrebbe, a quanto pare, dato prova del suo talento in tal senso fin dai vent’anni. Però, fu solo a partire dal 1710 che cominciò a essere pubblicamente conosciuto come improvvisatore, durante eventi come quello del funerale del poeta Alessandro Guidi a Frascati il 14 (?) giugno 1712, nel corso del quale, su richiesta di papa Clemente XI, improvvisò un elogio del defunto. Si esibì a Siena, Firenze, Pisa, Livorno, e, al di fuori del Granducato, a Roma, Venezia, Lucca, Bologna, e persino al di fuori della penisola. Nel 1722, infatti, intervenne a Monaco alla celebrazione del matrimonio del figlio dell’elettore di Baviera, il futuro imperatore Carlo VII. Perfetti trionfò di fronte a un pubblico dei più selezionati: il papa, il granduca di Toscana, sua figlia l’elettrice del Palatinato Violante di Baviera, vedova del gran principe Ferdinando, che lo protesse, e ancora cardinali, dame, signori, letterati.
Il carattere aristocratico, mondano e dotto del suo pubblico si evidenzia nei luoghi dove egli si esibì: palazzi di principi, saloni della nobiltà, accademie, collegi, ma anche chiostri e monasteri. Il suo successo fu ampio e durevole: Perfetti non si sottraeva mai all’esercizio della propria arte e, per quanto negli ultimi anni della sua vita si esibisse meno, ancora nel 1742 Carlo Goldoni lo aveva sentito improvvisare a Siena presso l’Accademia degli Intronati in occasione della festa dell’Assunzione.
Talvolta improvvisava facendo a gara, riuscendo generalmente ad avere la meglio. Solitamente si presentava da solo e il suo spettacolo si svolgeva nel modo seguente: il pubblico indicava al poeta tre temi e per ciascuno improvvisava un poema; un quarto tema era sempre trattato in forma di pastorella, dopo la quale Perfetti si lanciava nell’epilogo, che metteva insieme in un unico pezzo originale quanto aveva precedentemente trattato. Lo spettacolo durava più di un’ora, a volte fino a due ore, con una breve pausa tra le varie poesie; ogni volta si trattava di comporre un migliaio abbondante di versi. I temi cui veniva sollecitato erano vari, basati sulla storia, la scienza, il diritto, la morale, a misura della vasta cultura del poeta. Perfetti rifiutava i temi galanti e aveva una predilezione per i temi sacri, in cui eccelleva. Ebbe anche a trattare temi mediocri o banali assegnatigli la maggior parte delle volte senza secondi fini, sebbene talvolta da persone gelose o scettiche che volevano mettere alla prova il suo talento. Grazie a una cultura enciclopedica più estesa in ampiezza che non in profondità, egli era in grado, a differenza di altri improvvisatori, di affrontare qualsiasi argomento.
Viene descritto dai suoi biografi come un uomo di studio; d’altra parte, le assidue letture dei poeti toscani gli fornirono, un’ampia «provvisione di parole sonanti, di non usate guise di esprimersi» (Giovanelli, 1748, p. XIII). L’improvvisazione, così come praticata da Perfetti, si distinse sia da una forma popolare diffusa nelle campagne toscane, sia dall’attività professionale come quella di Teresa Bandettini e di Francesco Gianni nella seconda metà del XVIII secolo.
Le poche poesie estemporanee che, raccolte contro la volontà del loro autore, sono state pubblicate (Saggi…, cit., parte I) non riescono a giustificare il grande successo ottenuto da Perfetti.
Se alla lettura appaiono mediocri, esse tuttavia rivelano il virtuosismo del poeta che, nel corso di uno stesso spettacolo, improvvisava su metri differenti: le prime tre composizioni erano in ottava rima, l’epilogo in quarta, mentre la pastorale adottava in successione l’ottava rima, i settenari sdruccioli e le canzonette anacreontiche in corrispondenza dei tre tempi del poema (esposizione dell’argomento, riflessioni filosofiche, insegnamento morale). I testi raccolti evidenziano anche alcuni dei procedimenti utilizzati dal poeta che, basati sulla ripetizione, la ridondanza, l’enumerazione, l’accumulo e l’eco sonora, gli permettevano di produrre all’istante un discorso intellegibile e conforme alle regole della poesia e che, allo stesso modo, potevano aiutarlo e dare nuovo slancio alla composizione.
A queste pubblicazioni mancano diversi elementi che, riguardando l’actio, spiegano la fascinazione subita da coloro che videro e ascoltarono Perfetti. Se ne può trarre un’idea, però, dalla lettura delle numerose descrizioni delle improvvisazioni che ci sono state lasciate: una volta fornitogli l’argomento, il poeta suggeriva al suo musicista un’aria sulla base della quale suonare un preludio e lui stesso si abbandonava a una breve meditazione formando «in embrione tutto il sistema del suo canto» (p. 14). Quindi si alzava, si metteva a proclamare i suoi versi a un ritmo via via più sostenuto fino a quando il musicista non riusciva più a seguirlo e quando, trasportato dal furore poetico, si lasciava andare ai suoi celebri canti fanatici. In quei momenti, sola si faceva sentire la voce del poeta, di cui i contemporanei hanno sottolineato la grande bellezza, dolcezza e sonorità unite a un’estrema flessibilità, che gli permetteva diverse modulazioni e gli rendeva possibile trattare i temi più svariati evocando tutte le passioni che agitano l’animo umano. Il pubblico restava inoltre colpito dall’eleganza dei movimenti e dalla grazia dei gesti dell’improvvisatore. Forse queste qualità vocali e fisiche erano il frutto, oltre che di un talento naturale, dell’educazione ricevuta presso i gesuiti e più in particolare di quegli esercizi che servivano a ‘perfezionare un cavaliere’. Non si può infine trascurare il clima emotivo nel quale avvenivano tali improvvisazioni, creato dall’attesa curiosa del pubblico e dalle sue reazioni mentre il poeta recitava i suoi versi: un ascolto silenzioso seguito da applausi e da manifestazioni di entusiasmo, di meraviglia, di stupore, ma anche di timore davanti agli stati di trance che coglievano il poeta mentre pronunciava i suoi versi.
Antonio Vallisnieri, in uno studio di medicina su l’«estro de’ poeti» (Esperienze ed osservazioni…, Padova 1713, pp. 117-154), ha riferito di casi di improvvisatori che, trascinati dal loro delirio, erano, all’apogeo del loro canto, sprofondati nella follia.
Perfetti fu incoronato in Campidoglio il 13 maggio 1725 durante una sontuosa cerimonia che ebbe vasta eco e provocò reazioni contrastanti, nella maggior parte dei casi a lode del poeta. Egli ne trasse diversi riconoscimenti, tra i quali la cittadinanza romana; il papa gli conferì il titolo di cameriere d’onore di cappa e spada e assegnò a suo figlio un canonicato vacante nel Duomo di Siena. Al suo ritorno a Siena fu festeggiato dall’Accademia degli Intronati, dall’Accademia dei Rozzi e dalla colonia dell’Arcadia, fondata nel mese di gennaio del 1700 in seno all’Accademia dei Fisiocritici.
La cerimonia capitolina fu concepita sul modello di quanto era stato fatto quasi quattro secoli prima per Francesco Petrarca; ma mentre quest’ultimo era stato incoronato per la poesia latina, Perfetti lo fu per la poesia italiana e per la forma particolare dell’improvvisazione. L’incoronazione, organizzata per la parte letteraria dall’Accademia dell’Arcadia, onorava un poeta che incarnava come nessun altro alcuni dei suoi ideali, quelli delineati con la riforma voluta da Giovan Mario Crescimbeni: un vivo interesse per lo stile pastorale e per l’improvvisazione, simbolo di un ritorno alla poesia primigenia che sarebbe risuonata nelle campagne; una poesia che combinava il piacere con l’istruire; intenti morali e virtuosi, perfettamente in linea con la Controriforma («vogliamo esser poeti e cattolici nello stesso tempo», aveva scritto Crescimbeni in La bellezza della volgar poesia, Roma 1712, p. 228).
L’improvvisatore Perfetti era un devoto, si impegnava in numerosi esercizi di pietà mostrando grande venerazione per la Vergine; molte delle sue composizioni contengono riflessioni di ordine religioso o morale quando non hanno come argomento le Scritture; e ancora, con il suo virtuosismo, egli fece della sua arte una ‘maraviglia’ in cui il diletto che gli spettatori provavano era il mezzo per sottrarre le anime alle seduzioni di questo mondo e per condurle a Dio.
Perfetti morì il 1° agosto 1747 e fu sepolto nel convento dei padri dell’Osservanza. La famiglia si estinse dopo la morte di Giovan Battista Perfetti, nipote del poeta.
Perfetti fu membro di varie accademie senesi, degli Intronati con il nome di Ristampato, dei Rozzi, della Colonia Fisiocritica dell’Arcadia sotto il nome di Alauro Euroteo; secondo Giuseppe Maria Mazzolari appartenne anche agli Apatisti di Firenze, ai Teopaneutici di Correggio e alla Società Albriziana di Venezia. Due medaglie furono prodotte poco dopo l’incoronazione, una a Firenze su iniziativa dell’Accademia degli Apatisti, l’altra a Roma su iniziativa di Lodovico Sergadi. Un’incisione di Giovanni Battista Nolli rappresenta il poeta incoronato di fronte (Atti cavati dagli archivj, 1725). Un busto in gesso, conservato presso la Biblioteca comunale di Siena, fu eseguito il giorno dopo l’incoronazione su iniziativa dell’Accademia degli Intronati in attesa di una statua di marmo che non venne mai eseguita. Nel 1750 la famiglia fece collocare su un pilastro della cappella della Madonna del Voto del Duomo di Siena una statua di marmo – realizzata secondo la volontà di Perfetti espressa nel suo testamento – che rappresenta il poeta in atto di offrire alla Vergine la corona ricevuta in Campidoglio.
Opere. La Pace dalla guerra. Accademia di Lettere e d’armi, rappresentata da’ signori convittori del nobil collegio Tolomei di Siena nel mese di giugno 1697, Siena 1697 (pp. 16, 25: epigramma e sonetto); Omelia di… papa Clemente XI recitata nella festa della Santissima Trinità nella Basilica vaticana il dì 22 maggio 1712… esposta in versi…, Siena 1712; Descrizione dell’entrata dell’illustrissimo e reverendissimo mons. Alessandro Zondadari alla possessione del suo arcivescovado in Siena…, Siena 1715; Discorso accademico concistoriale nel darsi il possesso alla nuova eccelsa signoria di Siena l’anno 1712 [con l’aggiunta di] Omilia di… papa Clemente XI…, Venezia 1725; Saggi di poesie, parte dette all’improvviso e parte scritte… raccolte dal dottor Domenico Cianfogni…, Firenze 1748 (Firenze 1774).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Pisa, Ordine di Santo Stefano, filza 798, n. 32; Atti cavati dagli archivj capitolino e arcadico della solenne coronazione fatta in Campidoglio dell’illustrissimo signore B. P. tra gli arcadi Alauro Euroteo, nobile sanese, cavaliere di Santo Stefano, cameriere d’onore, di spada e cappa di… papa Benedetto XIII, academico intronato, e poeta insigne estemporaneo…, a cura di G.M. Crescimbeni, Roma 1725; N. Giovanelli, Orazione in morte del celebre poeta laureato cav. B. P. recitata in Siena nell’accademia degli Intronati…, Firenze 1748; G.M. Mazzolari, Vita del cavaliere B. P., in La vita degli arcadi illustri…, Roma 1751, pp. 225-255.
F. Waquet, Rhétorique et poétique chrétiennes. B. P. et la poésie improvisée dans l’Italie du XVIIIe siècle, Firenze 1992; I libri dei Leoni. La nobiltà di Siena in età medicea (1557-1737), a cura di M. Ascheri, Siena 1996.