PIA, Bernardino
PIA, Bernardino. – Nacque nella seconda o terza decade del XVI secolo, verosimilmente a Mantova. Della sua famiglia, che non compare in nessun elenco delle casate mantovane, abbiamo solo notizie molto frammentarie, circostanza che fa supporre una provenienza da altri paesi della penisola o una sua precoce estinzione; lacunosi sono anche i suoi dati anagrafici, quei pochi che ci sono noti li fornì egli stesso nel corso di un interrogatorio al quale fu sottoposto nel 1586 (Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 3463): in quella deposizione Pia informò della sua andata a Roma nel settembre del 1549, poco prima della morte di papa Paolo III, per servire presso la Curia romana come agente del cardinale Ercole Gonzaga, all’epoca coreggente lo Stato mantovano insieme al fratello Ferrante, governatore dello Stato di Milano, e la cognata, la duchessa vedova Margherita Paleologo, madre del duca Francesco Gonzaga, non ancora emancipato.
Il padre di Pia, di cui ignoriamo il nome, morì prima del suo trasferimento a Roma, città dove in seguito egli accolse la madre che lì morì intorno agli anni Ottanta. A quell’epoca, secondo la testimonianza che egli stesso rese, erano già morti un fratello, sposatosi con una donna di nome Giulia, e una sorella, Laura; il primo lasciò una figlia, Chiara Polissena, suora nel monastero di S. Barbara; la seconda, oltre ad alcune figlie femmine, di cui Pia non ricordava il nome, ebbe dal primo marito, Antonio Rati, il figlio Vincenzo e dalle seconde nozze con Giovanni Antonio Pozzo altri due maschi, Timoteo, chierico nella cattedrale di Mantova e Antonio Maria.
Pia ricordava ancora di aver lasciato a Mantova lontani parenti con il suo stesso cognome non rammentandone, tuttavia, il nome e il grado; una parentela che doveva possedere a ogni modo patente di nobiltà, a giudicare dallo stemma che lo stesso agente mantovano a Roma esibiva nel sigillo delle lettere che periodicamente inviava a Mantova, un pino ai cui piedi stava un riccio nell’intento di arrampicarsi.
A Roma Pia ebbe due figli da una donna di umile condizione, Lucrezia Roverella, che in seguito volle sposare legittimandone la prole. L’incarico di segretario dei cardinali in quella città, la dotta qualità dei suoi dispacci, uniti all’acume e all’arguzia con i quali descriveva gli avvenimenti e le persone della Curia romana, lasciano intendere per Pia il possesso di studi di buon livello, non essendoci noto, tuttavia, dove essi furono compiuti. Egli rimase negli ambienti romani per quasi quarant’anni, fino alla primavera del 1587, continuando a servire tutti i cardinali Gonzaga che in quel lasso di tempo si avvicendarono nel Sacro Collegio (oltre a Ercole Gonzaga, dal 1561 Francesco, due anni dopo Federico – entrambi in contemporanea con lo zio Ercole – e dal 1578 Gianvincenzo, fratello di Francesco), mantenendo un costante contatto epistolare, sovente con cadenza settimanale, con i segretari della corte di Mantova. Nei suoi dispacci Pia informava dei fatti romani, dai minuti accadimenti alle molte notizie su varie fabbriche e costruzioni romane, soffermandosi quindi, intorno al 1562, sulle faccende del Concilio tridentino presieduto dal cardinale Ercole Gonzaga o, più tardi, nel 1567, relazionando al duca di Mantova circa l’inquisizione in Roma, argomento che stava molto a cuore al duca; testimonianze ampiamente utilizzate da Ludwig von Pastor nella sua monumentale opera sui papi. Particolarmente descrittive si rivelano le relazioni dei numerosi conclavi che visse al fianco dei cardinali Gonzaga, dall’elezione di Giulio III, a Marcello II, a Paolo IV, Pio IV e Pio V, in esse emerge la toccante cronaca degli ultimi giorni vissuti dal giovane cardinale e vescovo di Mantova Francesco Gonzaga durante il conclave – nel quale il cardinale entrò già infermo – che vide eletto il 7 gennaio 1566 papa Pio V, il giorno dopo il decesso dello stesso Gonzaga nelle cellette della Cappella Sistina (Quazza, 1941, pp. 104-106; Tamalio, 2004, pp. 210-213).
Con la morte di Francesco Gonzaga si interruppero le cronache dei conclavi a opera di Pia; esse, però, ripresero con l’elezione che si svolse alla morte di Gregorio XIII – in cui fu eletto Sisto V – al quale partecipò Gianvincenzo Gonzaga, creato cardinale dal papa defunto e al cui servizio Pia era entrato dopo la morte di Francesco Gonzaga, ma le relazioni non ebbero più seguito poiché nel 1590, nel conclave successivo alla morte di Sisto V, Pia non era più a Roma. Quattro anni prima, nell’autunno del 1586, il duca Guglielmo Gonzaga aveva invitato il cardinale Gianvincenzo, suo cugino, a farsi promotore a Roma dell’istanza di carcerazione per l’agente dello stesso cardinale in quella città. L’accusa contro Pia era legata ai gravi delitti di alto tradimento, scoperti di recente, ma condotti per molto tempo da Roma nei confronti del duca Guglielmo, in combutta con un altro segretario mantovano, l’ecclesiastico Camillo Luzzara, tornato a Mantova già da qualche decennio. Per il suo interessamento a Roma nella cattura e nella consegna di Pia al duca, così scriveva il cardinale Gonzaga il 24 novembre 1586, «hier mattina fui da Nostro Signore et gli esposi con efficacissimi termini il desiderio di Vostra Altezza intorno all’esserle rimmesso nelle mani la persona di Bernardino Pia, et hebbi in risposta da Sua Beatitudine che conoscendosi hora all’Offitio dell’Inquisitione un capo della sua causa, non si poteva pigliar deliberatione alcuna sopra di lui prima che non fosse evacuata ogni pretensione del Sacro Officio» (Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 942). L’altro accusato, Camillo Luzzara era stato incaricato negli anni Sessanta di condurre le trattative con papa Pio V per il giuspatronato della cattedrale di Mantova; missione che si concluse con un insuccesso a causa del quale Luzzara subì probabilmente una sorta di ostracismo da parte del duca. Il malumore suscitato in Luzzara dall’ostile atteggiamento di Guglielmo Gonzaga fu all’origine di un rapporto epistolare in cifra, intrattenuto per un ventennio con Pia, suo collega durante i negoziati per il giuspatronato, connivente nello screditare e porre in ridicolo presso la Curia romana la persona e l’opera di governo del duca. Nella primavera del 1586 le malevoli voci circolanti a Roma su Gonzaga e il discredito con esse cagionato erano ormai divenuti di tale dominio pubblico e di tale gravità da far ritenere giunto il momento di un intervento diretto da parte di Guglielmo. L’inchiesta e il processo giudiziario che ne seguirono videro coinvolti, oltre ai due corrispondenti, insospettabili esponenti della vita di corte mantovana, forse a causa di una loro esclusione dal centro del potere in seguito al processo di riorganizzazione amministrativo messo in atto da Guglielmo Gonzaga in quegli anni. Le maggiori responsabilità, tuttavia, ricaddero su Luzzara e su Pia in seguito al ritrovamento, nell’abitazione mantovana del primo, del carteggio intrattenuto con il secondo: da quelle scritture redatte in cifra erano scaturite, oltre alle maldicenze sulla persona del duca e alle critiche mosse al suo operato, le ben più gravi azioni condotte a Roma dai due congiurati miranti a sabotare le iniziative politiche e di governo, per le quali era prevista la pena capitale.
Nel processo, che si concluse a Mantova il 23 ottobre 1586, Pia fu condannato insieme con alcuni gentiluomini a pene di vario genere e, se non fu subito arrestato, fu solo perché ancora residente a Roma; mentre altri furono costretti a una fuga precipitosa dallo Stato gonzaghesco, Luzzara fu invece degradato allo stato laicale e condannato a morte. Per procedere tuttavia contro Pia fu necessario sottoporre l’agente del cardinale al giudizio del S. Uffizio a Roma, dove egli fu interrogato in contraddittorio con l’avvocato fiscale Giovan Francesco Pugiella, inviato appositamente da Mantova per sostenere l’accusa e ottenerne l’estradizione; questa fu autorizzata nel febbraio del 1587 e ai primi di marzo il duca, nel ringraziare il papa, gli chiedeva di far bruciare tutta la documentazione prodotta nel processo romano, ritenuta dai suoi funzionari troppo compromettente per i risvolti intimi e privati del duca che emergevano in essa, sollecitandone allo stesso tempo una copia da inviare a Mantova (ora in Archivio Gonzaga, b. 3463). Giunto a Mantova il 19 marzo, Pia fu sottoposto a un nuovo duro interrogatorio che durò fino al mese di giugno, mentre la moglie Lucrezia da Roma implorava la clemenza al duca Gonzaga in alcune lettere sottoscritte insieme ai figli. Dopo aver protestato inizialmente la propria innocenza, l’agente dei cardinali ammise infine le sue colpe ponendo in tal modo fine ai tormenti della tortura, ma subendo la definitiva condanna.
Due mesi dopo, il 14 agosto del 1587, morì Gugliemo Gonzaga al quale successe il giovane figlio Vincenzo; in occasione dell’ascesa al trono ducale del nuovo sovrano fu sondata presso il papa la possibilità di graziare Pia e i suoi complici. Il 19 settembre l’inviato Federico Cattaneo da Roma riferì al nuovo duca che il pontefice rimetteva alla sua benevolenza la concessione della clemenza suggerendogli in tal modo di accattivarsi con essa l’amore dei suoi nuovi sudditi. Dopo tale data non possediamo ulteriori notizie di Pia il quale, già anziano e sofferente, come egli riferiva a Luzzara nelle lettere inviate poco prima del processo, morì forse non molto tempo dopo in seguito ai patimenti subiti nel corso del processo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, bb. 889-890, 893-895, 897-898, 900, 902-903, 906-907, 910, 912, 915-916, 918, 920, 925, 927-928, 931-932, 936, 940, 942, 943, 1922-1923, 1928-1931, 1933-1934, 1939, 1944, 3463-3464 (Atti del processo contro Bernardino Pia e Camillo Luzzara); Copialettere Ercole Gonzaga, ll. 6500-6501, 6506-6507, 6509-6512, 6514-6515, 6518; Mantova, Biblioteca Teresiana, ms. 995, p. 56.
L. von Pastor, Storia dei papi, VI-VIII, X, Roma 1927-29, ad ind.; R. Quazza, La diplomazia gonzaghesca, Milano 1941, pp. 40, 104-106; M.A. Romani, Fedeltà, “familia”, Stato. Guglielmo Gonzaga e la società di corte mantovana alla fine del Cinquecento, in “Familia” del principe e famiglia aristocratica, a cura di C. Mozzarelli, Roma 1988, ad ind.; R. Tamalio, Francesco Gonzaga di Guastalla, cardinale alla corte romana di Pio IV, Guastalla 2004, ad ind.; Id., Gianvincenzo Gonzaga di Guastalla Cavaliere dell’Ordine di Malta Cardinale e Priore di Barletta. 1540-1591, Guastalla 2006, ad indicem.