PINO, Bernardino
PINO (Pini), Bernardino. – Nacque a Cagli fra il 1520 e il 1530, terzogenito di Filippino Filippini e di una Venturelli. La famiglia era originaria di Osimo, nelle Marche pontificie, ma nel 1538 si era trasferita a Cagli, nel Ducato d’Urbino, al seguito del prozio Roberto, nominato rettore della chiesa di S. Lorenzo in Pantano.
Avviato presto alla carriera ecclesiastica, così come il fratello Muzio (che nel 1565 successe al prozio nel rettorato di S. Lorenzo), Pino compì gli studi universitari a Roma, probabilmente tra il 1547 e il 1553, laureandosi in utroque iure. In quegli anni approfondì gli studi classici, frequentando Guglielmo Sirleto, il futuro custode della Biblioteca Vaticana. Ebbe anche stretti contatti con gli ambienti della Curia papale, in particolare con il cardinale Girolamo Puteo (Dal Pozzo), arcivescovo di Bari e insigne canonista. Al suo giovane nipote Antonio Puteo, che nel 1562 sarebbe succeduto allo zio nell’arcidiocesi barese, Pino dedicò in quegli anni la sua prima opera, il trattatello Della commodità dello scrivere, uscito a stampa solo nel 1573, all’insaputa dell’autore, come prefazione al primo libro dell’anonima raccolta Della nuova scielta di lettere di diversi nobilissimi huomini, et eccellentissimi ingegni (Venetia, s.n.t.).
A Roma nacquero anche le due prime commedie di Pino, che ebbero un grande successo. Lo Sbratta fu recitata a Roma il 29 novembre 1551; fu stampata l’anno seguente (Roma, V. Lucrino, 1552) e ristampata sei volte entro il 1608; nel 1585 fu riallestita a Cagli (ora Lo Sbratta. Commedia del XVI secolo, a cura di S. Termanini, Ravenna 2003). Gli ingiusti sdegni fu messa in scena a Roma nel 1553 e stampata lo stesso anno (Roma, V. e L. Dorico, 1553). Entro il 1626 fu ristampata almeno venticinque volte in varie parti d’Italia, e fu messa in scena, fra gli altri, dagli ebrei di Mantova il 2 maggio 1584 e dagli Accademici olimpici di Vicenza nel 1586. Di impianto tradizionalmente classicistico e di ambientazione romana, comici e licenziosi, questi componimenti giovanili sono preceduti da interessanti prologhi teorici che delineano un’idea di teatro come compendio di letteratura, pittura e musica. Negli stessi anni apparve anche L’Eunia, ragionamenti pastorali (Roma, V. e L. Dorico, 1553), anch’essa più volte ristampata.
Dopo l’esperienza romana, nel 1557 Pino tornò a Cagli, come canonico soprannumerario della cattedrale, carica ottenuta grazie ai buoni uffici del cardinale Cristoforo Guidalotti Ciocchi del Monte, cugino di papa Giulio III. Accanto all’attività di predicatore e di insegnante, continuò la carriera letteraria, mantenendo i contatti con gli ambienti romani e stringendo nuove amicizie intellettuali: Girolamo Muzio, Antonio Gallo, Dionigi Atanagi; Bernardo Tasso nel 1557 sollecitò una sua lettura dell’Amadigi. A questo periodo dovrebbero risalire due opere perdute, De l’eccellenza degli scrittori e Della felicità del lettore, entrambe ascrivibili al 1558.
Nel 1559 entrò al servizio del cardinale Giulio Feltrio Della Rovere fratello del duca Guidubaldo II, il ‘cardinal d’Urbino’, dal quale ricevette il beneficio della pieve di Castel Buccione, con una rendita annua di cento scudi. Il giovane Della Rovere, cardinale dall’età di quattordici anni, mecenate sfarzoso e gaudente, aveva a lungo preferito vivere nella ‘corte bassa’ di Fossombrone, senza trasferirsi a Roma; ebbe anche due figli, legittimati da papa Pio V. Pino fu per il cardinale un segretario e collaboratore fidato ed efficiente, pronto ad affiancarlo nei molteplici incarichi ecclesiastici che ricoprì dal 1560: cardinal legato nelle province pontificie, amministratore diocesano di Novara, Protettore della S. Casa di Loreto, abate commendatario dei monasteri di S. Lorenzo in Campo e di S. Croce di Fonte Avellana, vescovo di Vicenza dal 1560 al 1565. Rimase al suo fianco anche nel 1566, quando il prelato venne nominato arcivescovo di Ravenna e si trasferì nella nuova sede, introducendo una serie di riforme in applicazione dei decreti tridentini.
Pino rimase al servizio del cardinale fino al 1568, quando ritornò in patria, mantenendo tuttavia rapporti epistolari con lui. Nel giugno 1570 si stabilì nella ricca abbazia di Sant’ Angelo de Sorticulo (o Sortecchi, compresa nei possedimenti di S. Croce di Fonte Avellana), di cui gli era stato concesso il privilegio nel dicembre 1569. Al suo protettore dedicò l’Anulus sacramentorum seu liber de septem Ecclesiae Sacramentis ex Sacro Tridentino Concilio Cathechismoque Romano (Roma, Er. Blado, 1575), un manuale per il clero che compendiava in forma didattica la sua esperienza accanto al cardinale nell’applicazione delle norme tridentine.
Nell’abbazia di S. Angelo Pino visse in solitaria meditazione fino al 1591, fuori dai fasti e dalle frenesie della vita cortigiana e politica, manifestando riserve e ambivalenze nei confronti dei propri interessi letterari profani, in particolare del teatro, e privilegiando invece gli studi morali e teologici. Interruppe questo volontario ritiro solo in rare occasioni ufficiali. Nel 1574 partecipò alle feste carnevalesche di Pesaro, in cui furono allestite l’Erofilomachia di Sforza Oddi e l’Aminta tassiana, e dove si cimentò con Torquato Tasso, Iacopo Mazzoni e Cesare Benedetti in una serie di brillanti tenzoni dialettiche di materia filosofica. Nel settembre 1578 pronunciò a Urbino l’orazione funebre per il cardinale Della Rovere, morto all’inizio del mese, stampata l’anno seguente (In funere Iulii Feretrii de Ruvere, Principis optimi et Cardinalis amplissimi flebilis laudatio, Urbino, O. Cesano, 1579).
Dopo aver lasciato il servizio del cardinale, Pino si dedicò con maggior continuità all’attività letteraria. Rielaborò e diede alle stampe alcuni componimenti drammaturgici degli anni giovanili, che dovevano rappresentare l’esempio di una drammaturgia paradossalmente sempre più antiteatrale, moralistica e logocentrica (non commedie ma «ragionamenti» destinati alla recitazione di «dicitori» e non di istrioni). Nelle intenzioni dell’autore questa produzione avrebbe dovuto neutralizzare le sconvenienze e i rischi morali dello spettacolo commerciale e professionistico dei comici dell’Arte.
La sua produzione pedagogica ed edificante, così allineata ai dettami ecclesiastici in materia di spettacolo, rappresenta comunque un onorevole compromesso per difendere la legittimità a esistere del teatro, così fortemente messa in discussione dalla cultura post-tridentina. Ottenne per questo un discreto successo cortigiano e accademico. Comprende: Gli affetti, ragionamenti famigliari (Venezia, G. Simbeni, 1569), ristampata sette volte prima del 1608 e in più occasioni recitata alla corte di Pesaro dopo la prima del 1566 per una festa nuziale; L’Evagria, ragionamenti famigliari (Venezia, M. Sessa, 1581); I falsi sospetti (1579) andata in scena a Pesaro il 12 febbraio 1586: entrambi i testi furono ristampati entro la fine del secolo. La summa di questa poetica teatrale fu affidata a una Breve considerazione intorno al componimento de la comedia de’ nostri tempi, datata 1° agosto 1572, che vide la luce quale prefazione all’Erofilomachia di Sforza Oddi (1578; ora in Trattati di poetica e di retorica del Cinquecento, a cura di B. Weinberg, II, Bari 1970, pp. 629-649).
Nel 1589 Pino tornò a Cagli, come preposito della cattedrale, continuando a scrivere e a predicare. Della sua operosa vecchiaia sono frutto, tra l’altro, la raccolta De le lettere instruttorie, una selezione di 21 pezzi del suo cospicuo epistolario organizzata in forma di trattato morale e didascalico (Urbino, B. e S. Ragusi, 1592) e il trattato Del Galant’uomo overo Di l’huomo prudente, et discreto (Venezia, M. Sessa, 1604), che aggiorna in chiave borghese e di umanesimo cristiano il ritratto castiglionesco del perfetto gentiluomo. Nel 1595 finì un’opera rimasta inedita, De sanctis Christi Dei et Domini martyribus et martyriis; mentre un’altra opera di quegli anni, De viri boni probitate seu de recta Christiana vivenda via, è data per perduta.
Morì a Cagli il 14 marzo 1601.
Fonti e Bibl.: Una sistemazione delle fonti, edite e inedite, in particolare del ricco epistolario, in W.J. Temelini, The life and works of B. P. da Cagli, Ph.D. Diss., University of Toronto, 1969 (dattiloscritto conservato presso la Biblioteca dell’Università).
G. Mangaroni Brancuti, B. P. commediografo cagliese del secolo XVI, Cagli 1897; A. Tarducci, L’Atanagi da Cagli, Cagli 1904; Id., Dizionarietto biografico cagliese, Cagli 1909, pp. 155-164; O. Kristeller, Iter Italicum, London-Leiden 1963-92, ad ind.; C. Grillantini, Storia di Osimo, I, Pinerolo 1969, ad ind.; W.J. Temelini, The Letters of B. P. da Cagli: christian humanism in the late Renaissance, in Renaissance and Reformation, VII (1970-71), pp. 8 s.; Id., L’epistolario di B. P. da Cagli: drammaturgo e umanista del secolo XVI, in Civiltà dell’Umanesimo…, a cura di G. Tarugi, Firenze 1972, pp. 347-357; Id., P. da Cagli’s ‘serious comedy’: artistic renewal and moral reform, in Nemla Italian studies, I (1977), pp. 55-68; S. Termanini, ‘Lo Sbratta’ di Bernardino da Cagli e la città del secondo Cinquecento, in Studi di storia delle arti, IX (1997-99), pp. 45-79; G. Arbizzoni, La magnificentia del Principe, in Pesaro nell’età dei Della Rovere, a cura di G. Arbizzoni et al., III, 2, Venezia 2001, ad ind.; F. Piperno, L’immagine del Duca. Musica e spettacolo alla corte di Guidubaldo II, Firenze 2001, ad ind.; L. Braida, Libri di lettere, Bari 2009, ad indicem.