PRUDENTI, Bernardino
PRUDENTI, Bernardino. – Nacque a Venezia da Francesco Salvi (Salvò) cimador e da una Marietta.
L’ambiguità del cognome deriva dal fatto che i pochi documenti su di lui attestano entrambe le varianti (Archivio di Stato di Venezia, Giudici del Proprio, Parentele, b. 30, c. 86v). Fu battezzato il 4 settembre 1588 (Archivio Patriarcale di Venezia, S. Pantalon, Battezzati, reg. 3, 4 settembre 1588). Nel 1594 risulta garzone presso il mercante di lana e seta Nicolò Prudenti, di cui acquisì il cognome, pur non seguendone la famiglia, forse per le suggestioni del nonno materno, un tagliapietra bergamasco di nome Salvador, e di talune amicizie come quella per Marco, figlio di Jacopo Tintoretto. E tuttavia la distribuzione delle sue opere in ambito veneto dimostra che esse furono in buona parte dovute alle relazioni sociali dei Prudenti, con i quali Bernardino conservò sempre rapporti di riconoscenza, mentre dopo la nascita non v’è traccia di contatti con la famiglia naturale.
Dal 1611 al 1639 fu iscritto all’Arte dei pittori nella contrada di Santa Sofia, dove ricoprì cariche dirigenziali; tuttavia nel 1624 figura residente nella parrocchia di S. Pantalon, con l’indicazione di «Bernardin pittore» (Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Mss. Donà dalle Rose, b. 352: Divisione e numerazione politica del popolo di Venezia, Sestiere di San Polo, anno 1624, cc. non numerate). In quel medesimo sestiere di Dorsoduro fu a lungo membro della Scuola di S. Maria del Carmelo, dove si occupò anche della ricostruzione della nuova sede della confraternita, ottenendo, nel 1628, la carica di signore sopra la fabbrica e realizzando, assieme ad Alessandro Varotari, la decorazione interna, quasi tutta cancellata da un rifacimento settecentesco.
Aveva ormai 44 anni quando sposò Marina Zanetti di Girolamo, figlia di un ricco mercante morto qualche anno prima. Marina Zanetti era assai più giovane di Prudenti, che le era stato padrino di cresima, per cui per il matrimonio fu necessario il rilascio di una dispensa pontificia. Si sposarono nel settembre del 1632: dopo circa un mese Marina si ammalò di febbre e morì nel gennaio del 1633 a soli vent’anni, lasciando al marito 300 ducati e il resto alla sorella Zanetta (Archivio di Stato di Venezia, Notarile, Testamenti, b. 610/268, cc. non numerate).
L’esiguità del lascito è certo riconducibile alla brevità della vita coniugale intercorsa tra i due, ulteriore singolare aspetto di una biografia che presenta non pochi lati oscuri, a cominciare dal precoce distacco dai genitori, per finire con un tardivo matrimonio.
Malgrado le fonti testimonino la presenza di quadri di Prudenti in sedici chiese e molti palazzi pubblici, gran parte di queste realizzazioni risulta dispersa. Il limitato numero delle opere rimaste, il cattivo stato di conservazione e la scarsità di dati biografici, spesso travisati dagli studiosi, con il tempo determinarono il quasi totale oblio di Prudenti nel panorama artistico veneziano, nonostante l’apprezzamento dei contemporanei.
Nel 1631 fu chiamato dai provveditori alla Sanità a realizzare il telero per la celebrazione della fine della peste a Venezia. Esposto inizialmente in piazza S. Marco, il quadro venne però ultimato solo nel 1638 per essere collocato nella chiesa di S. Maria della Salute, dove si trova tuttora. Valutato 600 ducati da Sante Peranda, Tiberio Tinelli e Bernardo Strozzi, fu invece pagato al pittore dal governo marciano, con l’usuale ben nota parsimonia, soltanto 350 ducati.
Nel 1637 realizzò a Palazzo Ducale, per i XX savi del corpo del Senato, una Sacra famiglia (riconducibile alla Pala Giustinian di Veronese) con gli stemmi dei committenti Girolamo Michiel, Domenico Renier, Marco Antonio Tiepolo. Un anno dopo dipinse S. Antonio abate, s. Albano, il diacono Domenico e il suddiacono Orsolo per la chiesa di S. Martino a Burano, opera datata e firmata; forse contemporaneamente realizzò, per l’omonima confraternita e nella stessa chiesa, S. Martino, s. Rocco, s. Sebastiano, riferibile a Prudenti per ragioni stilistiche. Firmato, benché non datato, è invece il quadro che egli dipinse per la famiglia Rodolovich (Radollovich, Radulovich) nella chiesa di S. Antonio a Polignano a Mare, in Puglia: Il martirio dei santi francescani a Nagasaki; per la stessa famiglia e nella stessa chiesa anche il Padovanino (Alessandro Varotari) realizzò un quadro votivo, riproponendo un rapporto di collaborazione con Prudenti che si protrasse nel tempo, in particolare nell’esecuzione, a Venezia, dei cicli mariani di S. Chiara in Isola e di S. Maria Gloriosa dei Frari, oggi quasi totalmente perduti. Pittore prediletto dalle confraternite di mestiere e di devozione, Prudenti ebbe anche una committenza privata prestigiosa, come indica un ritratto – non più reperito – del doge Nicolò Donà, che sedette sul trono per soli trentacinque giorni, nel 1618 (Da Mosto, 1960). È nota, inoltre, la sua attività di copista: per la chiesa dei Ss. Gervasio e Protasio, a Venezia, dipinse un Cristo alla colonna tratto da Tiziano, che le fonti esaltarono come quadro di grande levatura e realizzato con ammirevole fedeltà al modello; ma va detto che il Cristo di Prudenti presenta pathos ed espressività tali da renderlo opera decisamente originale (Boschini, 1664, Dorsoduro, p. 40). Fu anche restauratore e lavorò sulle tele di Tintoretto nella chiesa di S. Cassiano, dove pure esistevano dei suoi quadri. L’opera conosciuta come Il dignitario orientale coronato di Düsseldorf, erroneamente identificato con Solimano, mostra come le sue capacità si esprimano al meglio nella dimensione intima del ritratto di dimensioni medio-piccole, piuttosto che nelle grandi pale. In queste Prudenti sembra riagganciarsi alla tradizione cinquecentesca veneta, in particolare a Tiziano e Veronese, pur manifestando un personale talento decorativo.
È possibile attribuire all’artista un unico disegno, conservato al Kunstmuseum di Basilea: una Vergine con il Bambino e s. Giovannino (inv. 1887, 14.12.2573 recto); si tratta di opera di buona fattura, che però non trova rispondenza in nessuno dei suoi quadri sinora conosciuti.
Gli ultimi documenti riguardanti Prudenti sono dell’aprile del 1640, quando fu eletto tra i revisori della Scuola del Carmelo; alla fine dello stesso mese pagò la tansa presso la Scuola dei pittori.
Nell’ottobre del 1640 Prudenti si ammalò e morì fuori Venezia, probabilmente in una sua casa di campagna.
Il 21 novembre il corpo fu traslato in città, nella sua abitazione in Campiello dei Squellini a S. Pantalon (Archivio Patriarcale di Venezia, San Pantalon, Morti, reg. 4, anni 1632-1652, c. 74r). Non aveva fatto testamento (donde la comparsa di parenti veri o presunti a reclamarne l’eredità), e il prete che redasse il necrologio gli attribuì erroneamente l’età di 56 anni.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Giudici del Proprio, Parentele, b. 30, c. 86v; Giustizia Vecchia, b. 204, f. Pittori (14 ottobre 1635); Notarile, Testamenti, b. 610/268, cc. non numerate; Senato, Zecca, filza 41 (25 aprile 1638 - 9 giugno 1639); Scuola Grande di Santa Maria del Carmine, b. 1, cc. 138r-139r; ibid., Libro di Capitoli e Parti della Scuola, Secundo, 1634 sin 1677, cc. non numerate; Podestà di Torcello e contrade, b. 575, f. 21 (1637-1641), pp. non numerate; Archivio Patriarcale di Venezia, S. Pantalon, Battezzati, reg. 3, sub 4 settembre 1588; Libro dello stato delle anime S. Pantalon, b. 3, p. 43; San Pantalon, Morti, reg. 4 (1632-1652), c. 74r; Dispense Apostoliche, b. 7 (1632-1633), cc. 60r-64r; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Mss. Donà dalle Rose, b. 352 (Divisione e numerazione politica del popolo di Venezia. Sestiere di San Polo, anno 1624), cc. non numerate; M. Boschini, Le ricche minere della pittura veneziana…, Venezia 1664, Dorsoduro, pp. 9, 40, 45, 48, 52, 55, 72; Santa Croce, pp. 17, 22; Cannaregio, p. 34.
D. Martinelli, Il ritratto overo le cose più notabili di Venezia, Venezia 1704, passim; L. Gallicciolli, Delle memorie venete antiche profane ed ecclesiastiche…, Venezia 1745, II, pp. 226 s., VI, p. 207; A. Da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Milano 1960, p. 347; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Seicento, Venezia 1961, p. 90; A. Gambacorta, Appunti per una monografia sulla vita e le opere di B. P., in La Zagaglia, XVII (1963), pp. 3-16; E. Favaro, L’arte dei pittori a Venezia e i suoi statuti, Firenze 1969, pp. 146, 164; F. Pagotto, B. P., pittore (1588-1640), in Studi veneziani, LXXI (2015), pp. 361-383.