RAMAZZINI, Bernardino
RAMAZZINI, Bernardino. – Nacque a Carpi il 4 ottobre 1633 da Bartolomeo Ramazzini e da Caterina Federzoni.
A 19 anni si trasferì a Parma per compiere gli studi universitari conseguendovi la laurea in filosofia e medicina nel 1659. Per meglio formarsi nell’esercizio pratico, si trasferì a Roma per seguire le lezioni di Antonio Maria De Rossi, e iniziò a esercitare come medico condotto nel territorio viterbese e nell’Agro romano, dove contrasse la malaria.
Chiamato dal marchese Alfonso Molza, arrivò a Modena nel 1671, divenendo medico di corte del duca Francesco II. Nel 1682 gli venne affidato l’insegnamento di medicina teorica e pratica nello Studio modenese, che avrebbe tenuto sino al 1700, affiancato da Francesco Torti. Fu in quel periodo che redasse le Constitutiones epidemicae mutinenses annorum quinque, scandite in diverse pubblicazioni (1690, 1691, 1692 e 1695), nelle quali descriveva il rapporto tra condizioni climatico-ambientali e insorgenza di malattie di carattere epidemico.
La pubblicazione delle Constitutiones nell’Opera omnia medica di Thomas Sydenham (Ginevra 1716) testimonia una diffusione e un riscontro immediati della sua opera. Ciò avvenne soprattutto in quegli autori neoippocratici in cui era ormai radicata l’esigenza di una rifondazione della medicina come scienza di pari dignità rispetto alle altre; una scienza, cioè, dotata di un metodo certo che obbedisca a leggi universali ma soprattutto che cerchi validazione nelle origini antiche di matrice ippocratica. In tale contesto, infatti, quest’ultima era strumentalmente riletta come scienza dotata di una metodologia sistematica capace di identificare cause specifiche per l’insorgenza, lo sviluppo, la propagazione di specifiche malattie. La correlazione tra fenomeni meteorologici e l’insorgenza di malattie costituiva, in realtà, il principio metodologico di un rapporto causa-effetto che permetteva un’interpretazione assolutamente meccanicistica delle relazioni tra specifici fattori ambientali e i conseguenti moti fisiologici.
L’elezione di Ramazzini, nel 1693, a membro dell’Accademia cesareo-leopoldina dei curiosi della natura con il titolo di Terzo Ippocrate, è un’altra prova dell’importanza della sua opera.
Le Constitutiones si presentano come espressione di uno studio sistematico sulle malattie epidemiche e sulle rispettive terapie che indendeva dettare un metodo certo per definirne eziologia e natura, e per stabilire sistemi terapeutici adeguati. Ramazzini stesso, nella lettera dedicatoria a Gottfried Wilhelm Leibniz che introduceva la Costituzione epidemica urbana del 1691, riferiva di aver iniziato a scrivere quest’opera con l’intento di far conoscere la costituzione e la storia delle malattie di ogni anno e, più avanti, di averlo fatto con un libello divulgativo, allo scopo di facilitarne la diffusione.
Redigeva nel frattempo i trattati più prettamente fisici. Il De fontium Mutinensium admiranda scaturigine Tractatus physico-hydrostaticus del 1691 è espressione non solo di una conoscenza approfondita degli studi naturalistici e idrologici dell’epoca, ma anche, e soprattutto, della consapevolezza della valenza metodologica dell’esperimento come presupposto e strumento scientifico fondamentale per dimostrare la buona qualità delle acque modenesi e quindi il loro impiego terapeutico. Nel 1695 riportava nelle Ephemerides barometricae Mutinenses le osservazioni condotte nei pozzi di Modena con termometro e barometro, dimostrando le differenze di pressione e temperatura tra le cavità interne dei pozzi di Modena e l’ambiente esterno. Analoghi studi sperimentali praticò per analizzare i pozzi petroliferi di Montegibbio, le cui osservazioni pubblicò nel De petroleo agri Mutinensis Libellus nel 1698. Ramazzini utilizzò gli studi sperimentali idrostatici anche per avvalorare la sua dottrina medica, come nelle Ephemerides, che allegò alle Constitutiones epidemicae per dare una spiegazione razionale dell’andamento delle febbri. Nel De motu mercurii in tubo torricelliano descrisse le modifiche apportate al ‘tubo’ torricelliano per aumentarne la sensibilità, creando il barometro obliquo per misurare variazioni anche minime della colonna di mercurio.
Intrattenne rapporti epistolari con importanti esponenti del pensiero medico, scientifico e letterario dell’epoca, come Ludovico Antonio Muratori, Marcello Malpighi, Giovanni Maria Lancisi, Antonio Magliabechi e Leibniz, il tramite con Luca Shröck e la tedesca Accademia dei curiosi della natura.
Pubblicò nel 1700 la prima edizione della sua monumentale De morbis artificum diatriba, e nello stesso anno si trasferì a Padova dove ottenne la seconda cattedra di medicina pratica all’Università, riuscendo a passare alla prima nel 1709, per restarvi sino al 1714.
Sappiamo che sin dal 1693, come scriveva in una lettera a Magliabechi, aveva iniziato a dedicarsi anche allo studio delle malattie dei lavoratori. Si trattava di un interesse in assoluta continuità metodologica e concettuale con le sue altre opere contemporanee. Come quelle, infatti – dichiarava egli stesso nella prefazione alla Diatriba –, anche questo studio applicava un metodo di analisi capace di dimostrare quanto le condizioni ambientali e le abitudini di vita siano i fattori principali d’insorgenza di patologie e stati morbosi negli esseri umani.
Ramazzini dedicò un capitolo a ogni mestiere, 41 nella prima edizione e 54 nella seconda. Per ogni categoria di artigiani combinò i risultati delle proprie osservazioni con quanto riferito da altri autori, antichi e coevi, sull’incidenza che le attività lavorative avevano nello sviluppo di specifiche patologie, le rispettive terapie, i sistemi preventivi che avevano indicato.
Compì così un’opera di sistematizzazione del sapere medico sui rapporti rischio-malattia per ogni categoria professionale, di classificazione delle arti con una prospettiva prettamente medico-clinica, in base alla tipologia e alla pericolosità dei fattori di rischio. Tale impostazione si riflette nel piano dell’opera, i cui capitoli sono ordinati in modo da permettere una lettura sequenziale delle professioni in base alle cause delle malattie.
Ramazzini riconobbe espressamente due cause primarie di malattie da lavoro: le sostanze prodotte da ciascuna arte, o utilizzate per compierla, e i movimenti e/o gli atteggiamenti ‘non fisiologici’ dei lavoratori. All’interno della prima classe, egli operava una ulteriore distinzione, secondo il genere di sostanze – minerali e organiche – prodotte o impiegate. Conseguentemente, le categorie professionali venivano ordinate in base alla tossicità delle stesse, secondo una successione che sembra seguire una gradazione del rischio, dal maggiore al minore. La seconda classe di lavoratori indicata da Ramazzini concerneva invece coloro che soffrivano di patologie correlate alla postura e ai movimenti considerati innaturali.
Nel periodo padovano pubblicò nuove edizioni ampliate di tutte le opere del periodo modenese. Nel 1708 diede alle stampe le sette prolusioni tenute in occasione dell’inaugurazione dei diversi anni accademici, sotto il titolo di Orationes jatrici argumenti…, e nel 1710 il De principum valetudine tuenda commentatio, dedicato al duca Francesco.
Imponente la seconda edizione della Diatriba, che riportava le patologie di altre tredici categorie di lavoratori. Se nella prima edizione la sequenza dei capitoli permette di identificare con chiarezza quale fosse per l’autore il fattore di rischio principale per ogni categoria professionale, nel Supplemento del 1713 è possibile notare una suddivisione in base ai luoghi di esercizio dei mestieri. La diversità del criterio logico di ordinamento dei capitoli si deve forse a una maggiore complessità con cui Ramazzini spiega insorgenza e sviluppo delle patologie, per le quali fornisce interpretazioni eziologiche multifattoriali: per la maggior parte delle professioni, l’autore identificava infatti più fattori di rischio, a ognuno dei quali faceva corrispondere specifiche patologie.
Pubblicò nel 1714 Annotationes in libru, Lud. Cornelii de vitae sobriae commodi e la Dissertatio epistolaris de abusu Chinae-chinae, in polemica con Torti sul suo impiego terapeutico.
Il De principum valetudine e le Annotationes all’opera del Cornelio sono tecnicamente inseribili nella lunga tradizione dei preservanda, ma sono allo stesso tempo la testimonianza dell’aderenza di Ramazzini al ruolo di medico di corte, che in quanto tale non si limita soltanto alla composizione di trattati prettamente medici, concentrandosi piuttosto sulla forma letteraria.
Più autentica, nelle sue opere, l’attenzione alle malattie dei poveri e al rinnovato insegnamento della medicina che, all’ombra di Ippocrate, formasse professionalmente i medici alla cura dell’intera comunità sociale. In tal senso Ramazzini fu tra i primi esponenti di quella medicina civile che si sarebbe affermata definitivamente nel periodo illuministico.
Ormai vecchio, venne curato, tra gli altri, dal suo illustre allievo Giovanni Battista Morgagni e morì a Padova il 5 novembre 1714.
Opere. Opera omnia medica et physiologica, Londini 1742; Epistolario, a cura di P. Di Pietro, Modena 1964; Opera medica et phisiologica, a cura di F. Carnevale - M. Mendini - G. Moriani, Firenze 2007.
Fonti e Bibl.: L. Bruni, Intorno alla vita ed opere di B. R., Modena 1870; V. Busacchi, La personalità di R., in Bollettino mensile dell’Ordine dei medici di Modena, 1964, n. 11, pp. 1-7; M.C. Nannini, B. R., Magliabechi, Leibnitz e le Costitutiones epidemicae, Milano 1964; P. Di Pietro, Carteggio tra R. e Leibniz, in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le antiche province modenesi, s. 9, 1964-1965, voll. 4-5, pp. 141-174; Id., Saggio di bibliografia ramazziniana, ibid., pp. 175-181; Id., Nuovo contributo all’epistolario ramazziniano, in Castalia, XXI (1965), 2, pp. 99-110; Id., B. R. (1633-1714), in Guido Baccelli, Gaetano Piraccini, Paolo Zacchia…, Roma 1967, pp. 65-79; A. Baldassaroni - F. Carnevale, Malati di Lavoro: artigiani e lavoratori, medicina e medici da B. R. a Luigi Devoto (1700-1900), Firenze 2015, pp. 35-211.