SAVELLI, Bernardino
– Figlio di Pandolfo del ramo dei Savelli di Rignano, nacque probabilmente a Roma; non si conoscono la data di nascita né il nome della madre.
Secondogenito di sette figli, nel 1463 fu nominato canonico di S. Giovanni in Laterano da Pio II.
I componenti dei capitoli delle tre maggiori basiliche romane provenivano dall’élite cittadina e, in massima parte, dalle famiglie baronali. S. Giovanni, in particolare, fin dal Duecento, annoverava tra i suoi canonici esponenti dei Colonna e degli Annibaldi, oltre ai Savelli che espressero anche Giovanni Battista di Nicola, consacrato successivamente cardinale. I gruppi canonicali appartenevano prevalentemente al clero secolare, amministravano ricche prebende, possedevano un profondo spirito corporativo e, all’occorrenza, non esitavano a contrapporsi ai pontefici.
Nel 1466, Pandolfo Savelli, maresciallo della Chiesa, fu obbligato da Paolo II a porre fine alla lunga controversia con i Savelli del ramo di Palombara dividendo con loro terre, castra e il palazzo romano. Nello stesso anno fece redigere il testamento designando i figli suoi eredi universali. Nel 1468, Bernardino Savelli fu eletto vicario di S. Giovanni in Laterano e, dopo la morte del padre (databile tra la fine del 1466 e il giugno del 1468) sottoscrisse con i fratelli e con i parenti del ramo di Palombara alcune convenzioni che, nel 1473, conclusero definitivamente le difficili spartizioni. A quell’altezza cronologica, Savelli era anche protonotario apostolico.
In quegli anni egli dovette affrontare i problemi di carattere politico che gli posero le strategie del suo clan familiare.
L’inizio del pontificato di Sisto IV coincise infatti con l’adesione dei Savelli alla fazione colonnese, a causa principalmente dell’ambiguità con cui il papa gestì la conferma del titolo di maresciallo della Chiesa agli eredi di Pandolfo. Significativa fu quindi la scelta di Giovanni Savelli, fratello maggiore di Bernardino e condottiero, di porsi al servizio della Repubblica fiorentina tra il 1478 e il 1480, durante la guerra successiva alla congiura dei Pazzi. Ulteriore elemento a conferma della vicinanza politica e familiare tra i Savelli, Firenze e i Medici fu la parentela con gli Orsini. Infatti Luca, fratello minore di Bernardino, sposò Donata Orsini, nipote di Niccolò del ramo di Pitigliano, condottiero al soldo di Firenze. Lorenzo de’ Medici, sposato con Clarice Orsini, accreditava addirittura la notizia secondo cui i Savelli sarebbero stati pronti ad abbandonare definitivamente il papa se anche gli Orsini si fossero schierati contro di lui.
La posizione di Bernardino, tuttavia, non sembrò risentire della scelta antipapale dei suoi congiunti; infatti, in una lettera scritta a Roma nell’aprile del 1479 dall’ambasciatore fiorentino Pier Filippo Pandolfini e inviata ai Dieci di Balìa di Firenze, si fa riferimento al protonotario Savelli eletto da Sisto IV come vicelegato nella Marca. Pur non essendo riportato il nome, è assai probabile che si tratti di Bernardino.
Dopo la morte di papa Della Rovere, Savelli seppe guadagnarsi la stima di Innocenzo VIII che, nel 1484, lo nominò governatore di Fano.
Nel dicembre dello stesso anno il fratello maggiore, Giovanni, occupò con le sue truppe Rignano alla quale il pontefice guardava con interesse. Dichiarato ribelle, il condottiero fu costretto a cedere il possedimento familiare a Innocenzo VIII nel 1487, quando Lorenzo de’ Medici prese atto con soddisfazione della cessione di Rignano a Franceschetto Cybo, figlio del papa e promesso sposo di Maddalena de’ Medici.
Bernardino Savelli amministrò Fano sino all’aprile del 1486 quando gli subentrò Luca di Sernano. Poco tempo dopo fu nominato governatore di Cesena che, insieme con Fano, era stata ricondotta dal papato «sotto il proprio dominio diretto dopo aver distrutto, per volere di Pio II e per mano di Federico da Montefeltro, la potenza dei Malatesta» (Pellegrini, 1999, p. 89).
Nell’aprile del 1488 venne assassinato Girolamo Riario, controverso signore di Imola e Forlì e nipote di Sisto IV. L’omicidio di Riario – ricordato anche nelle fonti romane – sembrò essere il pretesto per estendere l’autorità pontificia su entrambe le città, tanto più che una delegazione con tale richiesta fu inviata da Forlì a Innocenzo VIII. Bernardino Savelli fu quindi incaricato di recarsi a prendere possesso di Forlì quale rappresentante del papa, scrivendo contestualmente a Lorenzo de’ Medici per chiedere aiuti militari ed economici sia in nome della tradizionale vicinanza di Firenze alla famiglia Savelli, espressa anche in quegli anni dalla militanza di Giovanni al soldo della Repubblica fiorentina, sia per l’inimicizia che aveva opposto i Medici ai Riario e ai Della Rovere. Uguali richieste furono rivolte al Magnifico dagli assassini di Riario e dagli Otto di Forlì. Il governo fiorentino, tra l’altro, aveva un importante canale diplomatico aperto con Imola il cui vescovo, Jacopo da Cesena, aveva trascorso molti anni a Firenze alla cui causa era devotissimo.
In questa congiuntura, Savelli agì rapidamente e con energia ottenendo rinforzi da Rimini e da Urbino, facendo arrivare a Forlì numerosi pezzi di artiglieria, impegnando le proprie risorse economiche per fare fronte alla situazione e ovviare al mancato sostegno finanziario da parte del pontefice. Mentre Innocenzo VIII avviava lunghe e inconcludenti consultazioni con gli ambasciatori accreditati a Roma, il duca di Milano inviò truppe in soccorso della vedova di Girolamo Riario, Caterina Sforza che, in pochi giorni, riuscì a ricondurre i forlivesi all’obbedienza verso il figlio Ottaviano Riario. Fallito quindi il tentativo di sovvertire il governo di Imola e di Forlì, i congiurati fuggirono alla volta di Cesena dove confidavano in una benevola accoglienza, nonostante l’assenza forzata del governatore pontificio. Nel frattempo da Roma continuavano a non essere inviati sostegni finanziari a Savelli la cui posizione a Forlì stava diventando critica.
Innocenzo VIII, infatti, aveva contratto 10.000 ducati d’oro di debiti per assicurare la difesa di Roma contro l’esercito napoletano e i suoi alleati che minacciavano lo Stato della Chiesa in seguito alla decisione del papa di appoggiare i baroni napoletani nella loro ribellione contro il re Ferdinando d’Aragona. Per ottenere l’ingente prestito, il pontefice era stato costretto a dare in garanzia la mitra per riscattare la quale aveva poi posto in vendita diciotto incarichi di segretario apostolico.
Dopo una breve prigionia tra l’aprile e il maggio del 1488, Savelli fu rilasciato in uno scambio di ostaggi, lasciando però nelle mani della Sforza tutte le artiglierie che aveva acquistato. Nonostante ciò, gli altri Stati italiani, a causa del delicato equilibrio politico peninsulare, ritennero pericoloso intervenire nella questione romagnola a favore della Chiesa e, di conseguenza, Imola e Forlì tornarono sotto il controllo di Caterina Sforza e di Ottaviano Riario già all’inizio del maggio 1488.
Poche settimane più tardi, il governatore si trovò ancora una volta implicato in una delicata questione. Infatti, il 31 maggio 1488 fu assassinato anche Galeotto Manfredi, signore di Faenza. L’intervento di Firenze, referente politico della famiglia Manfredi e la sollevazione della città a sostegno dell’erede Astorgio assicurarono a quest’ultimo la successione, sostenuta militarmente dalle truppe al soldo di Firenze coordinate dai commissari fiorentini Giovanni Battista Ridolfi e Antonio Boscoli di stanza a Castrocaro. Anche in questa circostanza, Bernardino Savelli ebbe un ruolo di rilievo in quanto, secondo il suggerimento degli Otto di pratica di Firenze, avrebbe dovuto assicurare l’invio a Faenza dell’artiglieria pesante contraendo, all’occorrenza, ulteriori debiti con i Malatesta di Rimini. Grazie alla veloce soluzione della questione faentina, non si ritenne necessario dare corso al progetto. Savelli accolse con grande sollievo la rapida conclusione dell’ennesima crisi in Romagna, come si evince dalle lettere inviate a Ridolfi l’11 e il 12 giugno 1488.
Pochi giorni dopo, Bernardino rientrò a Roma e, nel settembre successivo, la Camera apostolica stanziò 1090 ducati d’oro a titolo di risarcimento per le spese da lui sostenute durante la crisi di Forlì.
Bernardino Savelli morì a Roma nel 1490 e fu sepolto nella chiesa di Santa Maria in Aracoeli.
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