CAMBINI, Bernardo
Nacque a Firenze da Piero il 17 apr. 1423 (Arch. di Stato di Firenze, Tratte, vol. 443 bis, Ferza/S. Spirito, f. 11). Sposò nel 1459 Lena di Bernardo Sapiti (menzione di un contratto del 1458, relativo al matrimonio, è negli Spoglidell'Ancisa dell'Arch. di Stato di Firenze, vol. BB, f. 371) e ne ebbe quattro figli; tre ne aveva già avuti, illegittimi, prima del matrimonio. A suo nome vi sono, nell'Archivio di Stato di Firenze, portate del Catasto per gli a. 1457 (vol. 792), 1469 (908), 1480 (996).
Il C. non ricoprì uffici pubblici essendo stato per parecchi anni "a specchio", cioè debitore di gravezze al Comune. Ciò risulta da una sua lettera al card. Iacopo Ammannati del 27 genn. 1475, stile fior. (= 1476;Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato, XLV, 356), nella quale lo prega d'interporsi presso Lorenzo de' Medici, affinché lo faccia nominare priore per il bimestre marzo-aprile 1476, ma la raccomandazione che l'Ammannati pure appose in calce alla lettera, inoltrandola a Lorenzo, a poco gli valse, ché il suo nome non figura nei prioristi dell'Archivio di Stato di Firenze né per quel bimestre, né mai.
Nel 1469 si accodò a un'ambasceria di Iacopo Guicciardini a Roma (Arch. di Stato di Firenze, Legaz. Comm. Sign., vol. 16, f. 208: nomina dei Guicciardini e di O. Niccolini il 16 maggio 1469, "mandata" e partenza il 7 luglio, senza alcuna menzione del C.; f. 250: ritorno del Guicciardini a Firenze il 14 dicembre). Dal tenore delle lettere che da Roma il C. scrisse a Piero de' Medici il 19 e il 27 luglio (Ibid., Mediceo avanti il Principato, XVII, 700 e 703) pare che il suo ufficio fosse quello di spiare i movimenti di Dietisalvi Neroni e degli altri fuorusciti fiorentini. Nel 1470 seguì di nuovo, a Napoli, il Guicciardini (non ci è noto se fosse nel frattempo ritornato a Firenze con lui), che vi andava oratore insieme a Pierfrancesco de' Medici per trattare con il re Ferdinando I il rinnovo della lega italica, in vista dell'aggravata minaccia turca (Ibid., Legaz. Comm. Sign., vol. 17, f. 57: nomina il 27 luglio, "mandata" il 31 agosto, partenza il 1º settembre, nessuna menzione del C.). Il Medici fu poi trasferito a Roma il 14 settembre e il 3 ottobre lo raggiunse il Guicciardini, per sostituire l'altro ambasciatore, O. Niccolini, morto nel frattempo; il C. sembra aver seguito il Guicciardini.
L'esatta data di morte del C. non risulta dalle fonti disponibili; ma il NecrologioCirri (ms. della Bibl. nazionale di Firenze) ricorda, il 23 apr. 1486, la morte della moglie. Essendo ella menzionata come donna "di" e non "del fu" C., parrebbe legittimo supporre ch'egli morisse più tardi; comunque, l'ultima notizia certa che si abbia del C. è la portata del Catasto del 1480.
L'essere stato "a specchio" già dimostra che le condizioni finanziarie del C. non erano floride; ciò risulta anche dal Catasto e dal fatto che le sue figliole erano tutte "senza dota". Quindi è probabile che si riferisca a lui il motto riportato nelle Facetie et motti arguti attribuiti al Poliziano: "Bernardino Cambini, detto il Rosso, suol dire che suo padre lo lasciò ricco e ghiotto, e che la ricchezza se n'è ita e gl'era rimasta questa cazzata della ghiottornia". Forse per questa ragione fu spinto a mettere le sue modeste capacità poetiche al servizio prima di Luca Pitti, finché questi non si fu guastato con i Medici, e poi dei Medici. Dai Medici non pare però che ottenesse favori vistosi, se neanche l'appoggio dell'Ammannati gli valse il priorato. Del C. restano diciassette componimenti poetici, in gran parte inediti, o parzialmente editi. In lode di Cosimo è la canzone "O popol fiorentin, tu non comprendi / el timon che ti guida a gran salute"; in lode del Pitti sono le terzine (del 1463) "Groria è nel cielo a Dio di tua milizia". Non generica ripetizione di un tema in voga in quegli anni, come vorrebbero il Flamini e il Rossi, ma riferimento preciso al compito del Guicciardini a Napoli sono le terzine dedicate a Paolo II, evidentemente scritte durante la sosta a Roma, "Beatissimo padre, in cui si posa" e quelle dedicate a re Ferdinando, "Prima c'avanti alla tua maestade", in cui il C. tratta della minaccia turca. A Napoli il C. compose anche un sonetto "O sacra maestà, a Napol venni" in lode del re, e di là o da Roma mandò a leggere i suoi versi a Donato Acciaiuoli in Firenze, che lo ringraziò con lettera del 31 ott. 1470 (Firenze, Bibl. naz., cod. Magliab. VIII, 1390, f. 56rv). Si ricordano di lui anche le due frottole "Io sento e veggio attorno" e "Il troppo e il poco guasta la vivanda" e numerazione sarcastica dei personaggi del tempo (al modo dei poemi dello Za) e il sonetto "Io dormo in sul caval di Messer Corso", che allude a quelli che come il C. non potevano pagare le gravezze del Comune (si confronti la didascalia nel cod. 401 della Bibl. univers. di Bologna, E 259v).
Oltre alle lettere citate, resta del C. una lettera a Lorenzo, il quale allora si trovava a Pisa, datata da Firenze il 20 apr. 1476 (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato, XXXIII, 278).
Le lettere commerciali a firma di Francesco e di Bernardo Cambini conservate nel Mediceo avanti il Principato (CI, 79, CXV, 269, CXXXVII, 203, 257) sono piuttosto da attribuire a un suo omonimo. Un Cambini "merchante di dadi" è menzionato da Benedetto Dei tra i suoi "nemici cordiali stati sempre mai" nella Cronaca (Firenze, Bibl. naz., cod. II. I. 394, f. 49); il Dei ricorda anche una sua lettera al C. (Ibid., Miscellanea, codice II. II. 333, f. 43).
Il C., infine, non deve essere confuso con Bernardo di Niccolò Cambini suo congiunto.
Fonti e Bibl.: Scarsi accenni sul C. sono in V. Rossi, Il Quattrocento, Milano 1964, pp. 228, 256, sommarie notizie biografiche e qualche estratto dei testi si trovano in F. Flamini, La liricatoscana del Rinascimento anteriore ai tempi del Magnifico, Pisa 1891 (a pp. 660 s. una lista completa dei componimenti poetici del C. con i mss. e le relative edizioni). Altri codici sono citati da E. Lamma, Il codice di rime antiche di G. G. Amadei, in Giorn. stor. d. letter. ital., XX (1892), p. 164, e da P. O. Kristeller, Iter Italicum, II, p. 157. Il detto del C. è edito in A. Poliziano, Tagebuch (1477-1494), a cura di A. Wesselsky, Jena 1920, n. 72, p. 36. Circa la lettera dell'Acciaiuoli al C., si veda A. Della Torre, Storia dell'Accademia Platonica di Firenze, Firenze1902, pp. 418 s., e V. R. Giustiniani, Alamanno Rinuccini, Köln 1965, p. 8. Enumerazioni sarcastiche di contemporanei erano frequenti. Si veda, oltre allo Za, anche G. Corti, Una lista di personaggi del tempo di Lorenzo il Magnifico, caratterizzati da un motto, in Rinascimento, III (1952), pp. 153-57. Le due lettere del C. a Piero de' Medici da Roma sono in A. Municchi, La fazione antimedicea detta del Poggio, Firenze 1911, pp. 165, 167. La lettera all'Ammannati è in Flamini, cit., pp. 591 s. Si tenga presente che i numeri delle lettere dell'Archivio Mediceo avanti il Principato sono qui dati secondo gli Inventari di recentepubblicazione(I-IV, Roma 1952-63, ad Indices)che differiscono spesso da quelli delle antiche citazioni.