BERNARDO da Venezia
Architetto e scultore attivo in Lombardia nell'ultimo quarto del 14° e nei primi anni del 15° secolo. Fu al servizio di Gian Galeazzo Visconti, autore di importanti fabbriche in Pavia, nonché consigliere del duca in ordine ai problemi dell'erigendo duomo milanese.Il 24 settembre 1391 B., definito 'intagliatore di legno', venne richiesto a Milano da Pavia, dove risulta attivo al servizio del duca (Annali, 1877, p. 54), e il 16 novembre dello stesso anno fu registrato il pagamento della sua residenza a Milano, richiesta "ad tollendum aliqua dubia vertentia inter ingenierios fabricae" (ivi, app., 1883, p. 199). L'1 maggio 1392 fu presente, sempre a Milano, a una riunione, insieme ad altri importanti architetti come Giovannino de' Grassi e Giacomo da Campione, per discutere e suggerire soluzioni su problemi di statica del duomo; l'1 settembre 1392 la stessa Fabbrica gli commissionò un gruppo ligneo di Madonna con il Bambino (Annali, 1877, p. 82). Dal 1396 B. è citato come responsabile della fabbrica della certosa di Pavia, costantemente accompagnato da Cristoforo da Conigo e da Giacomo da Campione (Beltrami, 1896), mentre all'8 maggio 1400 risale la relazione che egli redasse, assieme a Bartolino da Novara, sull'andamento generale del cantiere del duomo milanese, in esito alla consulenza inerente la fondatezza delle critiche di Jean Mignot (Annali, 1877, pp. 210-213). Si tratta di un documento importante per la comprensione delle sue scelte formali: oltre alla realizzazione di una cappella viscontea nel coro, consigliò infatti la riduzione delle navate da cinque a tre e la realizzazione, ai lati di esse, di una serie di cappelle quadrate (secondo modalità che sono riscontrabili nelle sue fabbriche autografe). Sempre nel 1400 è ricordato come responsabile della costruzione della chiesa di S. Maria del Carmine a Milano (Casati, 1952, p. 32), mentre l'ultimo documento che lo riguarda è del 31 maggio 1403 (Magenta, 1883, doc. CXXIV).La coerenza stilistica e la natura delle scelte formali di B., esplicitate sia nel testo del 1400 sia nelle parti delle due fabbriche che, grazie ai documenti, possono essergli riferite - la certosa di Pavia e il Carmine di Milano -, hanno permesso alla critica di individuare il suo intervento in importanti realizzazioni nella città di Pavia, così da ricostruire un corpus coerente di opere (Romanini 1955; 1964).Anche se il più antico documento che lo riguarda risale al 1391, l'attività di B. può essere riconosciuta già all'inizio degli anni settanta nel castello visconteo di Pavia, sia per la rispondenza stilistica di questo con le architetture autografe sia perché il cantiere del castello era l'unico d'interesse visconteo ancora in corso in quell'anno. Fondato verso il 1370 da Galeazzo II Visconti, il castello risulta concepito secondo una severa visione geometrica, attraverso lo sviluppo in altezza, larghezza e ampiezza di una unità di misura determinata dal lato di una campatella del portico, logica questa che costringe lo schema tradizionale in una inedita regolarità di rispondenze ritmiche. Così il quadrato del cortile si ripete nelle alte torri angolari esterne, mentre ogni parte dell'edificio risulta sottoposta sia in pianta sia in alzato a una rigorosa proporzionalità. Nella decorazione parietale, soprattutto nella serie di polifore soprastanti il loggiato del cortile, richiami inequivocabili all'architettura lagunare sono rappresentati dalla morfologia degli elementi principali (quadrifore composte da archetti trilobati con capitelli a crochet, sovrastati da oculi con trafori marmorei richiamanti le soluzioni di Palazzo Ducale a Venezia) e dal cromatismo generale.Che la spazialità del castello visconteo sia informata dei principi costruttivi cistercensi e costituisca quindi un segno di voluta continuità con la tradizione architettonica precedente risulta con esplicita evidenza anche dalle soluzioni adottate nella chiesa di S. Maria del Carmine di Pavia, anch'essa attribuibile a Bernardo. Iniziata intorno al 1370, in contemporanea quindi alla fondazione del castello (Romanini, 1964, p. 475, n.13), conobbe vicende costruttive relativamente lineari (fu infatti interrotta nel 1396, quando B. venne demandato alla fabbrica della certosa, e ripresa nel 1432 per concludersi nel 1461 con la costruzione della facciata, l'unica parte, probabilmente, non rispondente al progetto originario), tali da rendere pressoché certo che la fabbrica attuale sia aderente al disegno originario di Bernardo. Con pianta a croce latina, coro quadrato, navatelle e serie di cappelle ai lati della nave maggiore, la chiesa è inserita in uno squadrato perimetro rettangolare con la sola lieve emergenza di parte del presbiterio e l'aggetto di contrafforti esattamente corrispondenti alle paretine interne di suddivisione delle cappelle. La planimetria risulta quindi il prodotto della giustapposizione di più moduli il cui elemento base è costituito da una campata delle navatelle, mentre il modulo quadrato dato dalle quattro campate della nave maggiore si ripete nel transetto e nello stesso coro. La razionalità della distribuzione planimetrica risulta evidenziata anche dall'esterno, emergendo il corpo principale della fabbrica dal blocco compatto rettangolare costituito dalle navate laterali e dalle cappelle, significativamente di altezza esattamente dimezzata rispetto alla nave maggiore. Nell'interno, a ognuna delle campate centrali, separate da archi trasversi a sesto acuto e coperte da crociere costolonate, corrispondono due laterali e poi due cappelle: da ciò risulta una duplicità morfologica nei sostegni, alternandosi pilastri polistili d'imposta delle volte a pilastri a superficie piana verso la navata. Ai lati di questi, due archi acuti danno accesso alle navatelle e al di sopra si imposta una parete liscia modulata da un semplice oculo alla sommità. Contrafforti laterali, gradonati e originariamente previsti con pinnacoli di cui uno solo realizzato - una delle poche concessioni al Gotico transalpino (Romanini, 1973, p.110) -, riportano all'esterno la cadenza delle cappelle, aperte da coppie di ampie monofore. Nel campanile ritornano poi elementi di gusto venezianeggiante, con le bifore della cella campanaria simili a quelle esterne del castello di Pavia. La visione spaziale espressa da questo monumento, una vera e propria summa dell'architettura duecentesca lombarda e in particolare della città, è da B. chiaramente delineata nel sopra ricordato documento dell'8 maggio 1400. Al 1392 risale poi l'incarico di eseguire la statua lignea della Madonna con il Bambino da porsi sull'altare del duomo di Milano, ipoteticamente individuata da Mariacher (1942a, pp. 12-13) in una scultura oggi nel Mus. del Duomo, ma in realtà di incerta attribuzione (Baroni, 1955, p.704, n.2; Bossaglia, Cinotti, 1978).Nel 1396 B. è definito "generalis inzignerius laboreriorum Cartusie" (Calvi, 1859, p. 105), il che consente di individuare la prima delle fabbriche nelle quali il suo intervento è accertato, anche se il nome di B. è, nelle fonti relative alla certosa pavese, costantemente accompagnato da quelli di altri, come Cristoforo da Conigo, Giovannino de' Grassi e, soprattutto, Giacomo da Campione. Accanto alla pluralità di presenze, a rendere complessa la comprensione del ruolo di B. nella fabbrica è la lunga vicenda costruttiva che ne ha poi certamente alterato il progetto iniziale: il cantiere fu sospeso nel 1402, quando erano realizzate le sole fondamenta, come risulta dalla relazione di Antonio de' Marchi da Como datata appunto in quell'anno, per essere ripreso solo nel 1450 a opera di Giovanni Solari. Il tracciato planimetrico attuale risponde in linea generale al disegno originario, con l'aggiunta, per es., dovuta a Solari, delle campate triabsidate a quelle quadrate nei bracci del transetto. Può comunque essere considerato certo (Romanini, 1964, p. 426ss.) che almeno il corpo longitudinale corrisponda esattamente al progetto di B.: in esso si riscontra la stessa sequenza distributiva del Carmine a eccezione del solo fatto che le navatelle sono organizzate su campate della stessa lunghezza di quelle centrali e larghe la metà.Fedele alle forme del Carmine di Pavia risulta pure l'impianto originario del Carmine di Milano, di cui un atto rilasciato nel 1400 da Gian Galeazzo Visconti designa, come detto, B. come costruttore. La chiesa subì un crollo parziale nel 1446 e fu riedificata a partire dal 1449, non a fundamentis ma rispettando, pur nella veste attuale di rifacimento (eseguito da Pietro Antonio Solari con veste pienamente quattrocentesca, nel sistema delle volte e nella modellazione esterna), l'impianto progettuale originario. Ritorna la tipologia di base riscontrabile nel Carmine di Pavia, con una basilica a tre navate, con quattro campate quadrate nella centrale, otto campate di metà dimensioni nelle navatelle e cappelle laterali divise da muri trasversali. Anche qui il coro è composto da quattro campate, di cui la presbiteriale affiancata da due campatelle quadrate per parte. La stessa alternanza degli appoggi è conservata attraverso il cromatismo dei materiali: i pilastri, pur se tutti cilindrici, sono alternativamente in cotto e in pietra grigia di Angera, questi ultimi di probabile recupero dall'edificio duecentesco dei Carmelitani situato presso il castello di porta Giovia (Romanini, 1964, p. 475, n. 45).Attraverso le vie documentarie e quelle critiche è quindi possibile riferire alla personalità di B. un gruppo di lavori stilisticamente coerenti: in essi è manifesto come egli sintetizzasse e perfezionasse gli elementi della tradizione costruttiva locale romanico-gotica, alla luce anche di un gusto cromatico di fonte lagunare e in dialettico confronto con il puro messaggio mitteleuropeo legato alle forme del duomo di Milano.
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