BERNARDO de Coucy (de Cucuiaco)
Appartenne, con probabilità, ad una famiglia originaria di Coucy vicino a Laon (Aisne); non sembra, però, possibile che essa si debba identificare con la ben nota famiglia feudale dello stesso nome. B. fu protetto da Clemente V, che gli procurò un canonicato a Nevers il 29 nov. 1305, data alla quale aveva già ricevuto molti altri benefici dal papa. Nel luglio del 1311, quand'era già cappellano pontificio, venne incaricato dal pontefice di recarsi nella Marca anconetana per indagare sulle pretese malversazioni finanziarie di due vicari papali. Si sa poco della sua missione, eccetto che fu condotta a termine; ma nel marzo 1312 B. era alla corte provinciale dei patrimonio di S. Pietro in Tuscia, a Montefiascone. Il 31 marzo prese servizio come vicario di questa provincia al posto del rettore, Galhard de Falguières: fu proposto dal cardinal legato Arnoldo di Sabina.
Il B. mantenne questo importante ufficio, che faceva di lui l'effettivo rettore della provincia, per cinque anni e mezzo, e in questa veste egli dovette affrontare problemi molto complessi. Doveva infatti resistere alle pretese dei Romani di dominare sulle città del Lazio settentrionale, quali Toscanella, Vetralla, Montalto e Canino. Nel 1311-1313 era minacciato dal nord da Enrico VII e dal suo esercito, nonché dai ghibellini toscani. Inoltre, le città a lui direttamente sottoposte mostravano la abituale riluttanza ad accettare la giurisdizione papale e il relativo fiscalismo, che potevano essere imposti solo attraverso frequenti dimostrazioni di forza.
L'amministrazione di B. è stata molto criticata dagli storici, ma in realtà buona parte di queste critiche sono ingiuste. I suoi libri di conti - quattro dei quali ci sono rimasti - ce lo mostrano come un amministratore coscienzioso ed energico, pur se indulgente a spese per sé e per il nipote che gli fungeva da assistente militare. Questi conti registrano le uscite e le entrate per il periodo 1° gennaio-31 dic. 1312 (uscite 8019 libbre, 19 solidi e 6 denari in moneta del papa, più 915 fiorini e mezzo: entrate 7270 libbre, 9 solidi e 10 denari in moneta del papa, più 480 fiorini), le spese di B. dal 1° febbr. 1313 al 31 genn. 134 (7202 libbre, 10 solidi e 7 denari in moneta del papa, più 937 fiorini), le spese sostenute ancora da lui per certe guarnigioni dal 6 maggio 1313 al 1° ott. 1317 (9091 libbre in moneta del papa, più 900 fiorini) e le entrate di B. per il periodo 1° febbr. 1315-dicembre 1317 (3313 libbre 7 solidi e 11 denari in moneta del papa, più 4550 libbre di cortonesi e più 7892 fiorini).
B. doveva procurarsi alleati tra i Comuni, e durante il 1313 sembrò che avesse trovato un alleato sicuro nella guelfa Orvieto: Nel 1315, tuttavia, i tentativi di esercitare un effettivo controllo sulla sua provincia portò al formarsi di una potente coalizione guelfa contro di lui, capeggiata proprio da Orvieto e dai signori di Farnese e comprendente anche un gran numero di feudatari e di Comuni. Il 24 nov. 1315 le forze di questa coalizione iniziarono un assedio alla corte di B. in Montefiascone. Coinvolto senza speranza nelle lotte per il Lazio settentrionale, B. dovette chiedere aiuto a Viterbo e a molti signori ghibellini della zona, riuscendo in tal modo a cacciare i guelfi da Montefiascone il 29 novembre. I "ribelli" furono condannati a ingenti tassazioni da B., che ora tentò di porre Viterbo sotto la sua ala protettrice, come alleata preziosa.
Nel 1316 una guerra scoppiò nel Patrimonio, con B. e Viterbo a capo di una coalizione e Orvieto a capo di un'altra. Gli Orvietani fecero la pace con Viterbo nell'ottobre 1316 ed il 21 giugno dell'anno successivo scesero a patti con B., ricevendo l'assoluzione dietro pagamento di soli 4000 fiorini invece di 50.000 marche, alle quali il Comune era stato condannato nel 1315. Anche la maggior parte degli altri membri della coalizione riuscirono a ottenere l'assoluzione dietro pagamento di somme inferiori.
Nel frattempo Clemente V, protettore di B., era morto ed il 14 sett. 1317 il suo successore, Giovanni XXII, ordinò al nuovo rettore del Patrimonio di indurre B. "gerentem se pro capitaneo dicti Patrimonii" a restituire certi beni di proprietà di un equipaggio genovese naufragato. B. presumibilmente ritornò in Francia; era stato costretto da Giovanni XXII a restituire alcuni suoi benefici, ma il 2 giugno 1323 (ultima notizia che di lui si conosca) era ancora cappellano papale.
Fonti e Bibl.: Arch. Segreto Vaticano, Reg. Aven.1, ff. 139-219, 261-292, 308 v.; 54, ff. 381-408; 84, ff.429-434; Ibid., Introitus et Exitus, 11 A, passim; Regestum Clementis papae V, I, Romae 1885, nn. 104, 738; Il, ibid. 1885, nn. 1666-1667, 2229; III, ibid. 1886, n. 4763; VI, ibid. 1887, nn. 7582-7583; Jean XXII, Lettres communes, a cura di G. Mollat e G. de Lesquen II, Paris 1905, nn. 5528, 8649; III, ibid. 19o6, nn. 10711, 10753, 12895; IV, ibid. 1910, nn. 17559-17560; M. Antonelli, Una ribellione contro il vicario del Patrimonio B. di Coucy (1315-1317), in Archivio della Società romana di storia patria, XX(1897), pp. 177-215; Id., Vicende della dominazione Pontificia nel Patrimonio…, ibid., XXV(1902), pp. 359-367, 386; Id., Estratti dai registri del Patrimonio del sec. XIV, ibid, XLI (1918), pp. 59-85; A. Eitel, Der Kirchenstaat unter Klemens V, Berlin-Leipzig 1907, pp. 104-106, 143 s.; D. Waley, Mediaeval Orvieto, Cambridge 1952, pp. 96-98, 1045.