BERNARDO del Lago
Originario di Cahors, era baccelliere in legge quando, nel 1327, fu assunto al suo servizio dal conterraneo papa Giovanni XXII. Intomo all'aprile 1334 era agente finanziario e nunzio del pontefice nell'Italia settentrionale; il 7 ott. 1334 era nominato rettore di Olanzac (Hérault) nella diocesi di St.-Pons-de-Thomières. Sotto Benedetto XII fu collettore apostolico ad Aquileia, Grado, Milano e altre diocesi dell'Italia settentrionale, da dove riusciva a inviare ingenti somme alla Curia. Nell'ottobre del 1339 venne incaricato della riconciliazione tra Mastino e Alberto della Scala da un lato e la S. Sede dall'altro, nonché della loro investitura a vicari papali ("vacatione imperii durante") a Verona, Parma e Vicenza. Per l'anno 1340 si ha notizia di B. quale professore di diritto civile e come canonico di Rodez; il 23 novembre veniva nominato rettore e capitaneus del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia al posto di Guigo di S. Germano.
In questa carica B. dovette affrontare un compito non facile: Todi si era ribellata alla Chiesa nel 1339-40 ed era stata domata soltanto concedendo favori alla famiglia Orsini, e in particolare servendosi del conte Guido Orsini come vessillifero della Chiesa. B. continuò questa politica. Si adoperò per essere nominato capitano del popolo a Orvieto (16 ott. 1343) a condizione di tenere nella città la "generalis curia provinciae": Matteo Orsini, che aveva permesso la cosa, ne restava l'effettivo signore.
Il principale avversario di B. fu Giovanni Vico, prefetto di Roma, il più influente capo ghibellino del Patrimonio, divenuto signore di Viterbo nel 1341. B. non era affatto popolare nella provincia da lui amministrata: nel 1344 fu accusato da Montefiascone di togliere alla città la libertà di eleggere un podestà (senza dubbio lo spostamento della Curia provinciale a Orvieto era riuscita invisa); nello stesso anno vi furono lamentele per il suo malgoverno nella terra Arnulforum, tanto che il papa gli ordinò di nominarvi onesti ufficiali che effettuassero controlli periodici. Elia di Ventodoro, maresciallo del Patrimonio, si lamentò presso Clemente VI che B. gli avesse impedito di recarsi ad Avignone per informare la Curia di tutte le questioni concernenti la provincia e lo avesse sospeso dal suo ufficio e privato della custodia di Orchia; il papa ordinò a B. di reintegrare Elia, ma non doveva tuttavia essere totalmente scontento di B., se il 13 genn. 1345 si congratulava con lui per la pace e l'ordine che regnavano nel Patrimonio, e specialmente per il ritorno di Todi all'obbedienza pontificia.
La lode, però, si dimostrò prematura. Nel 1345 Giovanni di Vico fece pressioni su Andrea Orsini, che precedentemente insieme con Francesco Orsini aveva occupato Vetralla, perché gli vendesse la città per 16.000 fiorini, riuscendo nell'intento nonostante la proibizione del rettore e del papa. Quanto a Orvieto, dopo la cacciata del Monaldeschi della Cervara nel 1344, il 18 aprile 1345, per consolidare il regime guelfo, la signoria della città fu data a Benedetto di Bonconte Monaldeschi, parente di Matteo Orsini e alleato di B., con il consenso del vicario di questo a Orvieto; ma ben presto, il 7 ag. 1345, un nuovo colpo di stato portava all'uccisione di Matteo Orsini e all'espulsione di Benedetto di Bonconte dalla città; nella sollevazione fu anche distrutto il palazzo di Bernardo. La pace nel Patrimonio fu così di breve durata: nell'ottobre del 1345 Todi rinnovava gli attacchi contro San Gemini, e il 22 febbr. 1346, in seguito a un nuovo sovvertimento, Benedetto di Bonconte rientrava a Orvieto e ritornava al potere, favorendo la nuova elezione di B. a capitano del popolo: questi non si dovette evidentemente opporre alla selvaggia vendetta che fu tratta su Leonardo de' Ranieri. portato a Roma e fatto a pezzi di fronte a Castel Sant'Angelo dal figlio di Matteo Orsini.
Il 22 maggio 1346 Giovanni di Vico aiutava Corrado Monaldeschi a rientrare a Orvieto e farsene signore, espellendone Benedetto di Bonconte; nello stesso tempo s'impadroniva di Bagnorea, Toscanella e Piansano. Per tutto il Patrimonio divampò la guerra: nella ribellione contro B. e i suoi alleati Orsini e Bonconte si unirono i Comuni di Orvieto e Viterbo, Giovanni di Vico, i Monaldeschi della Cervara, Luca Savelli e Sciarretta Colonna. B., che pur disponeva di forze abbastanza considerevoli, comprendenti anche mercenari tedeschi, nel luglio 1346 fu duramente sconfitto; un suo nipote fu fatto prigioniero e liberato in seguito con uno scambio. Egli dovette quindi venire a patti e concludere la pace con Orvieto (14 genn. 1347), con la mediazione del conte Guido Orsini, e con Viterbo (9 febbr. 1347). Un progetto di accordo con Giovanni di Vico fu inviato al papa Clemente VI, che lo passò al legato Bertrando des Deux. Ma l'apparire sulla scena politica di Cola di Rienzo costringeva B. - che probabilmente considerò la cosa come male minore - ad allearsi contro il tribuno proprio con Giovanni di Vico, in aiuto del quale combattevano infatti le truppe di B., quando questi morì il 14 luglio 1347; la sua morte fu salutata da Cola di Rienzo come atto della divina giustizia. B. era vescovo di Viterbo dal 6 febbr. 1344.
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