DEL NERO, Bernardo
Nacque a Firenze il 23 giugno 1426 da Nero di Filippo; della madre conosciamo solo il nome di battesimo, Caterina.
La famiglia Del Nero, di origine genovese, emigrò a Firenze nel sec. XIV e si stabili nel quartiere di S. Spirito, gonfalone Scala; ottenne la cittadinanza nel 1356. Esercitava l'attività di rigattiere, una delle arti minori che ebbero la possibilità di accedere alle cariche pubbliche in seguito al tumulto dei Ciompi. Tra il 1386 e il 1532 i Del Nero ebbero per ventisette volte il priorato e tre volte il gonfalonierato di Giustizia. La loro ascesa politica cominciò con l'avvento al potere di Cosimo il Vecchio; nel 1449 ottennero di "passare per la maggiore", cioè la possibilità di accedere alla quota di cariche pubbliche riservata alle arti maggiori, che avevano l'esclusiva del gonfalonierato di Giustizia, la massima carica della Repubblica fiorentina. Nello "squittinio" formato quello stesso anno furono tra le pochissime famiglie che ebbero sei membri eleggibili contemporaneamente alle cariche pubbliche (la media era di tre membri per famiglia). Furono un classico esempio della politica dei Medici, che incrementavano il numero dei loro sostenitori elevando a posizioni di primo piano uomini e famiglie di origini modeste, a spese degli ottimati. Per dare un'idea della rilevanza acquisita dalla famiglia sulla scena politica fiorentina di questo periodo, basterà dire che essa ebbe almeno un membro in tutte le otto Balie convocate tra il 1434 e il 1480. Le Balie, già organi straordinari creati in situazioni particolarmente difficili per la vita della Repubblica e sempre per periodi molto limitati, divennero con i Medici quasi una costante nell'apparato istituzionale della Repubblica fiorentina e furono uno dei principali strumenti per svuotare dall'interno i poteri dei vecchi organismi repubblicani.
Nero di Filippo fu il primo membro della famiglia a raggiungere un ruolo politico di un certo rilievo: nel 1434, lo stesso anno del ritorno al potere di Cosimo il Vecchio, fu uno degli accoppiatori, con il compito di formare le liste elettorali in armonia con il nuovo regime. Nel 1438 fu dei Dieci di balia e, in quanto tale, fece parte della Balia convocata quell'anno per predisporre il trapasso al nuovo regime. Nel maggio 1444 fu membro della Balia che doveva decidere sulla sorte dei cittadini condannati all'esilio dieci anni prima e le cui condanne stavano per scadere. Il 6 dic. 1446 fece parte di una Pratica convocata per decidere se le "borse" per l'elezione dei membri della Signoria dovessero essere chiuse, com'era tradizione, o aperte e si dovesse quindi procedere ad elezioni "a mano"; Nero vi si fece assertore di questo secondo metodo, ritenuto più sicuro per il nuovo regime.
Alla morte di Nero divenne capo della famiglia il primogenito Francesco (1419-467), il quale ebbe, a sua volta, importanti incarichi politici.
Il D. fece la sua comparsa nella vita politica nel 1460, quando fu eletto priore per il bimestre luglio-agosto. Nel 1461 fu gonfaloniere di Compagnia. Nel 1464 fece parte della commissione incaricata di organizzare i solenni funerali di Cosimo de' Medici, ma fino alla morte del fratello maggiore Francesco ebbe pochi incarichi. Fu probabilmente per questo motivo che nel 1458, benché la famiglia avesse già da molti anni ottenuto il passaggio alle arti maggiori, egli aveva rivolto istanza alla Signoria di "passare per la minore", cioè di potere concorrere alla quota di uffici riservati alle arti minori. Tali passaggi, che non erano rari nella vita della Repubblica fiorentina, servivano ad incrementare le probabilità di essere eletti. Nel 1465 fu uno degli accoppiatori dello squittinio; lo stesso incarico ricoprì nel 1476, 1491 e 1494.
Alla morte del fratello maggiore (1467) il D. divenne a sua volta capofamiglia. Nella portata al catasto del 1469 egli risulta coabitante con i figli e la vedova di Francesco nella casa paterna di via dei Bardi, ma in quella del 1480 egli ed i fratelli superstiti abitavano ormai per loro conto in una casa acquistata da Giuliano e Lorenzo de' Medici e situata in piazza di S. Maria Soprarno. In un anno imprecisato, compreso tra quelli delle due successive portate catastali, il D. contrasse matrimonio con Francesca di Giovanni Arnoldi, ma da questo matrimonio non nacquero figli.
Con il D. la famiglia raggiunse il culmine dell'influenza politica, principalmente in conseguenza del costante sostegno dato alla politica medicea. Tale fatto non sfuggì ai contemporanei: Francesco Guicciardini, facendo del D. uno dei protagonisti dei suoi Dialoghi..., p. 11, gli fa dire: "...Ho infinite obbligazioni a quella casa per mezzo della quale, non essendo io nobile né cinto di parenti... sono stato beneficato ed esaltato e fatto pari a tutti quegli che ordinariamente mi sarebbono andati innanzi negli onori della città ...". Stando a questa fonte il D. non doveva avere neppure una grande cultura: "...voi avete da vantaggio le lettere con - dove le quali avete potuto imparare da' mortil io non ho potuto conversare se non co' vivi, né vedere altre cose che de' miei tempi...".
Il D. fu ancora priore nel settembre-ottobre 1478 e nel gennaio-febbraio 1483; il 15 marzo 1482 fece parte dei Dodici buonomini, che, insieme alla Signoria ed ai gonfalonieri di Compagnia, costituivano i "Tre maggiori", cioè le massime cariche della Repubblica fiorentina. Fu il solo membro della famiglia ad accedere alla carica di gonfaloniere di Giustizia, il vertice stesso della Repubblica; a questo ufficio fu nominato per tre volte: nel marzo-aprile 1474, nel novembre-dicembre 1487 e nel marzo-aprile 1497. Fu membro della Balia del 1466, creata dopo gli avvenimenti del luglio-agosto di quell'anno, in cui un gruppo di antimedicei guidati da Luca Pitti, tentò di estromettere Piero de' Medici dal Potere. Tale Balia decretò il ritorno di tutti i sistemi di controllo aboliti soltanto l'anno precedente. Nel 1468 fu membro dei Dieci di balia, creati in vista della guerra con il papa. Nel 1471 fece parte, come uno dei quaranta membri nominati direttamente dalla Signoria, della Balia creata per apportare alcune modifiche istituzionali.
Fu membro anche della Balia del 1480, creata per decidere su alcune questioni finanziarie, ma il cui principale risultato fu la creazione del Consiglio dei settanta, organismo a carattere permanente con amplissimi poteri di controllo tanto sulla politica interna che su quella estera. La nascita di questo consiglio rappresentò una pietra miliare nel processo di consolidamento della signoria medicea e, dato che i suoi primi trenta membri coincidevano con quelli della Balia che ne aveva decretato la nascita, il D. ne divenne membro di diritto. Fece anche parte a più riprese degli Otto di pratica, organismo creato da Lorenzo il Magnifico per sovrintendere alla politica estera. Sempre nel periodo della signoria del Magnifico, oltre a questi incarichi politici di carattere generale, il D. ne ricoprì molti altri di natura più specifica: il 1º dic. 1465 fu chiamato a far parte dei consoli del Mare, il magistrato creato nel 1421 per sovrintendere alla navigazione e al commercio marittimo, di cui alcuni membri risiedevano a Pisa ed altri a Firenze; Poiché di questo periodo ci è rimasta una lettera del D. inviata da Pisa al Magnifico, presumibilmente egli era uno dei membri residenti in questa città.
Il 6 maggio 1468, profilandosi all'orizzonte una guerra contro il papa, furono creati i Dieci di balia, di cui il D. fu uno dei membri. Il 30 apr. 1472 entrò a far parte di una Balia di venti cittadini istituita per sovrintendere alla guerra contro Volterra.
Questo Comune, già soggetto ai Fiorentini, sia pure con larga autonomia, l'8 giugno 1471 si era impadronito di una cava di allume gia data in concessione ad una compagnia di mercanti fiorentini, senesi e volterrani, controllata dal banco Medici. Ne seguì tutta una serie di disordini in cui gli interessi economici si intrecciavano a quelli politici, finché i massimi organi della Repubblica fiorentina non decisero di intervenire manu militari. La Balia iniziò i lavori il 1º maggio ed era destinata a durare tre mesi. Prima di sciogliersi dettò i capitoli a cui da allora in poi ci si doveva attenere per il governo di Volterra e del suo contado, per lo sfruttamento delle cave e miniere, e per altre importanti questioni. Si sciolse il 31 luglio dello stesso anno, avendo esaurito le sue funzioni.
Dal carteggio di Lorenzo il Magnifico vediamo però che il D. continuò ad occuparsi di Volterra oltre questa data: v i si recò nel mese di agosto dello stesso 1472 per sorvegliare la costruzione delle mura della città e l'applicazione dei capitoli emanati dalla Balia; il 18 agosto ripartì per Firenze, ove dal 1º settembre fece parte degli Otto di guardia e balia, l'organo che tutelava l'ordine pubblico e che aveva anche partecipato alla redazione dei capitoli volterrani. A Volterra ritornò nel mese di luglio dell'anno successivo, presumibilmente per surrogare il capitano in carica che aveva chiesto una licenza. Vi tornò ancora nel luglio 1474, non sappiamo per quale motivo; il 5 apr. 1476 ritornò a Volterra per la quarta volta con la carica di capitano di questa città; di questo incarico, durato sei mesi, reca testimonianza lo stemma di famiglia murato sulla facciata del palazzo pubblico di Volterra. L'ultima volta che il D. si recò nella città fu nel mese di ottobre 1479.
Nel 1477 il D. fece parte del comitato incaricato di ricevere, in assenza di Lorenzo il Magnifico, l'ambasciatore senese venuto a Firenze a lamentarsi della spedizione militare di Carlo Fortebraccio contro il territorio della Repubblica senese, che, si diceva, fosse stata incoraggiata dal Magnifico. L'11 apr. 1481 fu chiamato a far parte della delegazione incaricata di accogliere il nunzio apostolico, inviato a Firenze con le bolle che liberavano la città dalla censura, comminatagli tre anni prima. Il 28 marzo 1482 fu inviato a Pisa come commissario "ut publice res curaret", con mandato di sei mesi, prorogabile in caso di necessità. Durante questo periodo assolse il compito di ricevere con tutti gli onori Federico d'Aragona che, al suo ritorno dalla Francia, fece tappa nella città.
Nel maggio 1483 ritroviamo il D. nella stessa città con l'incarico di commissario generale nella guerra contro i Genovesi, che aveva come teatro la Versilia, la Lunigiana ed il litorale toscano fino a Vada; in quest'ultima località il D. fu protagonista diretto della cacciata dei Genovesi. Di questo periodo ci sono rimaste due lettere del D. a Lorenzo de' Medici ed alcuni ricordi di lettere scritte da questo a lui. Terminata la guerra con la riconquista, da parte dei Fiorentini, di Pietrasanta e di altre terre della Lunigiana, il D. partecipò, come membro dei Dieci di balia eletti il 1º marzo 1486, alla redazione dei capitoli destinati a regolare i rapporti tra le terre riconquistate e la città dominante.
Tutti questi incarichi dimostrano la posizione di grande rilievo acquisita dal D. nella vita pubblica fiorentina durante la signoria di Lorenzo. La sua influenza aumentò ancora, se possibile, nel breve periodo della signoria di Piero de' Medici, durante il quale fece parte per due volte degli Otto di pratica, divenuti gli arbitri della politica fiorentina. Il D. godeva di una speciale preminenza all'interno di questo magistrato, tanto che, in occasione della partenza di Piero de' Medici per Roma in compagnia di Pier Filippo Pandolfini, entrambi membri degli Otto, l'oratore milanese G. S. Castiglione scrisse che i sei membri rimasti si riunivano di rado e lasciavano tutte le decisioni a due soli di loro: il D. e Niccolò Ridolfi.
Dopo la cacciata di Piero de' Medici da Firenze, il D. non fu messo da parte, tanto è vero che il 1º marzo 1497 fu chiamato per la terza volta e ricoprire la carica di gonfaloniere di Giustizia.
Quando la notizia di questa elezione giunse a Piero de' Medici, in esilio a Roma, egli la interpretò come un segno che i suoi sostenitori fossero in maggioranza a Firenze e si dette subito a raccogliere truppe e a procurarsi appoggi per tentare di riprendere il potere. Sembra che il D., venuto a conoscenza di questi preparativi, gli facesse pervenire un messaggio in cui lo consigliava di attendere un momento più favorevole. Il Medici volle tentare ugualmente e giunse con le sue truppe fino alle porte di Firenze. La notizia del suo prossimo arrivo si era però già sparsa in città ed aveva provocato tumulti popolari antimedicei, tanto che la Signoria fu costretta a far chiudere le porte della città. Piero dovette tornare indietro e rinunciare a riprendere il potere a Firenze, ma il suo tentativo ebbe gravi ripercussioni in città.
A Firenze molti erano convinti che il Medici non avrebbe tentato di entrare in città senza la connivenza della Signoria, ma questi sospetti rimasero privi di conseguenze fino all'arresto di Lamberto Dell'Antella. Quest'ultimo, già bandito dal territorio fiorentino, si fece trovare addosso una lettera in cui prometteva di rivelare i nomi dei sostenitori del tentativo di Piero de' Medici. Tra le persone menzionate dal Dell'Antella, uno dei più compromessi era proprio il D., accusato di essere al corrente di-una congiura filomedicea e di non averla denunciata e ciò mentre, come gonfaloniere di Giustizia, aveva in mano le sorti della Repubblica. Il D. fu uno dei pochi accusati a finire sotto processo, essendo gli altri fuggiti da Firenze.
Finito il processo, gli Otto di guardia e balia esitarono ad emettere la sentenza di colpevolezza, coscienti di inimicarsi alcune tra le più potenti famiglie fiorentine, e tentarono di coinvolgere nel giudizio il Consiglio maggiore, cui, secondo la nuova legge, spettava l'ultimo appello. I difensori degli accusati si opposero a questo tentativo, sperando di differire la sentenza fino all'entrata in carica della nuova Signoria, presumibilmente più favorevole agli imputati. Intanto però gli antimedicei facevano circolare voci di nuovi tentativi di Piero de' Medici contro Firenze, il che acuiva l'ostilità verso gli imputati. Nella Pratica riunita per decidere sulla richiesta di appello, Francesco Valori, uno dei più fervidi seguaci del Savonarola, intraprese una violenta requisitoria contro gli accusati che turbò l'animo dei giudici e li convinse a votare in maggioranza per l'immediata condanna a morte degli imputati.
Il D. fu decapitato la notte del 23 ag. 1497; il suo corpo fu reso ai parenti e sepolto nella chiesa fiorentina di S. Felicita.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, f. XIV, c. 411; f. XXII, c. 285; f. XXVIII, c. 399;f. XXXI, cc. 549, 795; LXXX, cc.12, 324, 599, 602, 920; f. XXXI, cc. 262, 290; f. XXXIII, cc. 335, 432, 540, 595; f. XXXIV, c. 569; f. XXXVII, c. 546; f. XL, c. 388; f. LI, cc. 235, 247; f. LXXVI, cc. 72, 194 s., 257; f. CXXXVII, cc.166, 919; Ibid., Tratte 1093 c. 18v; 69 c. 3; 82 c. 108; 83 c. 110; Ibid., Catasto 905, c. 120;Ibid., Catasto 992, c. 158;Ibid., ms. 252, Priorista Mariani, V, cc. 1088ss.; Ibid., Signori. Legazioni e commissarie. Elezioni e istruz. a oratori, 20, c. 39;Ibid., Raccolta genealogica Ceramelli-Papiani, ad vocem Del Nero; Ibid., Raccolta genealogica Sebregondi, ad vocem Del Nero; Ibid., ms. 319: T. Forti, Onori delle famiglie fiorentine, II, cc. 826, 1423;Ibid., Grascia, Morti, n. 5 c. 268;Firenze, Bibl. nazionale, Carte Passerini 8.223; Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico per gli anni 1473-74 e 1477-92, a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1956, pp.32, 38 s., 75, 78, 112, 127, 130, 182, 188 ss., 192, 194 s., 209, 244, 247, 249 ss., 255, 315, 332, 343;F. de' Nerli, Commentari de' fatti civili occorsi dentro la città di Firenze..., Augusta 1728, pp. 70 ss.; F. Guicciardini, Dialogo e Discorsi sopra il reggimento di Firenze, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1932, passim;S. Ammirato, Istorie fiorentine, III, Firenze 1651, pp. 104, 110, 113, 150, 157, 163, 173, 180, 230, 239, 243;A. Ademollo, Marietta de' Ricci ovvero Firenze al tempo dell'assedio, a cura di L. Passerini, Firenze 1845, pp. 1341ss.; P. Villari, La storia di Girolamo Savonarola..., II, Firenze 1888, passim;G. B. Picotti, La giovinezza di Leone X, Milano 1927, p. 540; E. Fiumi, L'impresa di Lorenzo il Magnifico contro Volterra, Firenze 1948, pp. 120, 162, 183;A. Rochon, La jeunesse de Laurent de Médicis, Paris 1963, pp. 201, 227;N. Rubinstein, Il governo di Firenze sotto i Medici, Firenze 1971, pp. 30, 53, 59, 104, 234, 236, 274, 281;F. Diaz, Il Granducato di Toscana. I Medici, Torino 1976, pp. 18 s.