DEL TOVAGLIA, Bernardo
Nacque a Firenze il 15 luglio 1477 da Francesco e da Margherita Davanzati.
La famiglia, di origine mercantile, fu sostenitrice dei Medici nell'ultimo periodo repubblicano. Per questo motivo, probabilmente, il D. ricoprì dopo la caduta della Repubblica numerose cariche pubbliche: nel 1509 era stato tra i Dodici buonuomini, nel 1513 tra gli Otto priori di libertà, gonfaloniere di compagnia nel 1516 e, precedentemente, nel 1512 aveva tenuto la carica di podestà di Civitella. A partire invece dal 1530, ed in particolare nel periodo immediatamente successivo, la sua presenza nell'apparato politico fiorentino fu sempre più cospicua. Già nel 1530era stato uno degli aggiunti ("arroti") alla Balia straordinaria, formata da dodici dei più accesi sostenitori medicei, che alla caduta della Repubblica aveva assunto il governo dello Stato: con deliberazione dell'8 novembre era stato elevato a 146 il numero dei componenti della Balia, dotata di poteri assoluti e formata dai componenti delle famiglie fiorentine che più si erano adoperate a favore della restaurazione medicea. Nell'elenco redatto dal Varchi (Storie, II, p. 608) il nome del D. è ricordato tra quelli degli artefici eletti per "la minore", cioè formalmente appartenenti alle arti minori.
Sempre nel 1530 (settembre - marzo 1531) lo troviamo tra gli Otto di pratica.
La magistratura, istituita fin dalla fine del sec. XV, aveva avuto come compito precipuo quello di provvedere a mantenere la pace e l'integrità del dominio fiorentino. Spettava pertanto agli Otto la direzione dei rapporti diplomatici con gli Stati esteri, la vigilanza sulle fortificazioni e quella sulle milizie, oltreché lo stazionamento dei fondi per le condotte di queste ultime. Alternandosi durante il periodo repubblicano con quella dei Dieci di balia, che ne prendeva il posto in tempo di guerra, la magistratura divenne stabile al momento del predominio dei Medici, pur mutando radicalmente le proprie competenze dopo la riforma del 1532. Tuttavia, stando almeno ad alcune opinioni del tempo, gli Otto di pratica eletti il 26 sett. 1530 "governa[va]no il tutto" (Arch. di Stato di Firenze, Strozziane, s. 1, 59: lett. di Niccolò Guicciardini a Luigi Guicciardini del 20 nov. 1530) e tale opinione era probabilmente fondata, dal momento che a quella data facevano parte del magistrato alcuni dei personaggi di maggiore spicco di quel periodo, quali Francesco Guicciardini, Roberto Acciaiuoli, Francesco Vettori e Bartolomeo Valori. Ad essi, ad esempio, spettò la scelta definitiva dei nomi degli arroti alla Balia sulla base delle liste predisposte da Filippo Strozzi ed approvate dal pontefice.
Nel 1531 il D. fu uno dei ventiquattro accoppiatori nominati dalla Balia con il compito di fare lo scrutinio generale degli eleggibili alle cariche pubbliche.
In epoca repubblicana, e soprattutto a partire da Cosimo de' Medici, gli accoppiatori erano ufficiali particolari il cui compito consisteva nel distribuire nelle borse relative ai vari uffici della Repubblica i nomi di coloro che erano stati scrutinati da una apposita commissione: il loro ufficio era pertanto di carattere soprattutto esecutivo; tuttavia, godendo di una ampia discrezionalità nel distribuire i nomi fra le varie borse, essi avevano sempre avuto la possibilità di influenzare il risultato delle elezioni. A differenza di quanto accadeva ordinariamente - il loro mandato durava fino al momento in cui le borse erano state riempite - nel 1531 l'incarico degli accoppiatori ebbe la durata di un anno, anche a causa di ritardi nell'espletamento dei compiti ad essi affidati. Stando infatti ad una lettera di Luigi Guicciardini di Niccolò il 25 apr. 1531 (ibid.) lo squittinio non era ancora iniziato e le operazioni si trascinarono in lungo. Secondo le opinioni del Guicciardini, che era uno di loro e che tendeva a stabilire un governo ristretto e di parte, gli accoppiatori avrebbero dovuto godere di pienissima autorità ed imborsare soltanto i nomi di coloro che godevano della piena fiducia del governo.
A tali cariche, di particolare rilevanza politica, se ne aggiunsero altre, sempre nello stesso torno di tempo: nel marzo del 1531 il D. fu nominato, per quattro mesi, e poi riconfermato per altri quattro, ufficiale di Sanità. La magistratura era stata istituita, già nel 1527, con lo scopo di controllare, prima in periodi di epidemia e poi anche in tempi ordinari, l'ingresso dei forestieri e il commercio dei generi alimentari. Nel 1531 la nomina del D., insieme ad altri quattro cittadini, fu dovuta al dilagare della peste diffusa dai lanzichenecchi, acquartierati in San Donato in Polverosa che, prima di levare il campo, avevano mandato "in bando che, chiunche volesse, potesse sicuramente andare nel campo loro a comperare bagaglie e loro arnesi, che volevano vendere" (Varchi, Storie, II, p. 619).
Nello stesso anno tenne per sei mesi l'incarico di camerario della gabella delle porte, una delle imposte dirette che solevano esigersi fin da tempi remoti a Firenze e che colpiva i beni in transito dalle porte della città. Nel febbraio era stato inoltre nominato ufficiale dei Pupilli, la magistratura che esercitava una giurisdizione speciale sui minori privi di tutela.
Anche con l'avvento dei principato e dopo la riforma generale dello Stato del 1532, voluta da Alessandro de' Medici, continuiamo a trovare il nome del D. in numerose delle magistrature collegiali a rotazione, per lo più di origine repubblicana. Nel 1532 fu per quattro mesi uno dei Buonuomini delle Stinche, il collegio di cittadini che avevano l'incarico di raccogliere le elemosine per soccorrere i carcerati per debiti. La medesima carica tenne anche nel 1535, mentre nel 1534 venne nominato dei Cinque soprastanti alle Stinche, magistrati che, tratti semestralmente, presiedevano a tutti gli affari inerenti ai carcerati ad alle carceri delle Stinche.
Nel 1533 fu per la prima volta, per quattro mesi, uno dei Sei di mercanzia. La carica, che copri successivamente anche nel 1537 e nel 1540, fu sicuramente una delle più prestigiose: il tribunale della Mercanzia era stato istituito a Firenze fin dal 1309, per la necessità di opporsi e di arginare l'uso delle rappresaglie in campo commerciale, con funzioni di giudice delle attività svolte dagli iscritti alle arti. Particolarmente apprezzata per la preparazione e competenza dei suoi magistrati e per la rapidità con cui emanava le proprie sentenze, era in particolare una corte competente a conoscere in materia di commerci all'ingrosso e di commercio internazionale e fungeva inoltre da tribunale di appello per le sentenze emesse dai consoli delle arti. Nel 1530 era stato tra i riformatori della Mercanzia stessa.
Dopo essere stato, nel 1537, per quattro mesi a partire dal 1ºsettembre, uno degli Otto di guardia e balia, la magistratura che presiedeva al mantenimento dell'ordine pubblico, fu nominato, nell'ottobre del 1538, vicario di Scarperia o di Mugello, ufficio estrinseco a cui si accedeva per tratta, e di durata annuale. Il vicariato di Mugello, uno dei tre in cui era suddiviso il contado fiorentino, costituiva un'ampia zona in cui il vicario esercitava le funzioni di giusdicente criminale - con competenze civili limitatamente alla podesteria di Scarperia - e fungeva da organo intermedio di amministrazione tra i Comuni compresi nella circoscrizione vicarile ed il governo centrale.
Nel 1540 fu infine nominato tra gli Otto conservatori di legge: la magistratura, di istituzione repubblicana (1429) e già competente a vigilare sull'estrazione dei cittadini ai pubblici uffici, era stata incaricata, dalla riforma del 1532, di assicurare l'amministrazione della giustizia nelle cause dei poveri ed a vigilare sull'operato dei giusdicenti del dominio.
Morì il 21 giugno 1542. Aveva sposato, all'inizio del sec. XVI, Elisabetta Altoviti. Apparteneva alla linea di Francesco di Lapo di Piero che nel 1480 risultava accatastata nel quartiere di S. Croce per il quartiere Bue.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Carte Sebregondi 5274; Ibid., Strozziane, s. I, f. 59; Ibid., Tratte 443 bis; Ibid., Catasto 1004, c. 287; Firenze, Bibl. nazionale, Priorista Ricci (E. B. 14.1); Ibid., A. Cirri, Necrologio fiorentino, XVIII, c. 223; B. Varchi, Istorie fiorentine, a cura di L. Arbib, Firenze 1838-1841, II, pp. 585, 608, 619; F. Nerli, Commentari dei fatti civili occorsii dentro la città di Firenze dall'a. MCCXV al MDXXXVII, Augusta 1728, p. 487.