Bernardo di Chiaravalle (fr. Clairvaux)
(fr. Clairvaux) Teologo e mistico (Fontaines-lès-Dijon 1090-91 - Clairvaux 1153), dottore della Chiesa, santo. Di nobile famiglia, entrò (1112) nel monastero di Cîteaux, fondò nel 1115 l’abbazia di Chiaravalle e si dedicò all’incremento dell’ordine cisterciense, che difese (Apologia ad Guilelmum, abate di S. Thierry) contro le critiche dei cluniacensi, e di cui egli, fermo nel sostenere l’applicazione della regola di s. Benedetto (per es., nel De gradibus humilitatis et superbiae; trad. it. I gradi dell’umiltà e della superbia), può ritenersi il secondo, e principale, fondatore. Estese poi, dal 1126, la sua attività a tutti i campi della vita ecclesiastica. Prospettò i doveri dei vescovi anche di fronte alle autorità laiche (De moribus et officio episcoporum); pose i fondamenti teorici che giustificavano la guerra contro gli infedeli e regolavano i nuovi ordini religiosi-militari (De laude novae militiae ad milites Templi; trad. it. Ai cavalieri del Tempio in lode della nuova milizia, dedicato a Ugo di Payens, maestro dei templari, cui diede la prima regola); intervenne in numerose questioni disciplinari e in contese tra sovrani, assisté a numerosi concili. Schierandosi apertamente in favore di Innocenzo II contro Anacleto (concilio di Étampes, 1130), contribuì in maniera decisiva a far trionfare la causa del primo, mentre la sua azione in Italia vi determinò un grande sviluppo dei cisterciensi. Combatté come eretici Enrico il Monaco, Pietro di Bruys, Gilberto Porretano; ottenne la condanna di Abelardo (concilio di Sens, 1140). Energico difensore dei principi teorici e morali e dei diritti politici e materiali della Chiesa (egli fu il primo a esporre il simbolo delle «due spade»: la spirituale, della Chiesa; e la temporale, dipendente, in teoria, da essa, ma usata dal potere civile), combatté fieramente Arnaldo da Brescia e la rivoluzione romana del 1143 o 1144. Con il trattato De consideratione (trad. it. La considerazione), «manuale del perfetto pontefice», sussidiò l’azione di Eugenio III, già suo discepolo; predicò la seconda Crociata (1146-47) e morendo lasciò l’ordine fiorentissimo, diffuso in tutta Europa. Fu soprattutto difensore ed esaltatore dei valori tradizionali; avverso alla dialettica e all’indirizzo speculativo; più che teologo in senso strettamente tecnico, oratore efficacissimo, asceta e mistico. Così i suoi sermoni, tra cui notevolissimi (oltre quelli in lode della Vergine, dai quali, pur non avendo egli accolto la dottrina dell’immacolata concezione, sono tratte molte delle lezioni liturgiche delle feste di Maria), quelli sul Cantico dei cantici e il trattato De diligendo Deo (trad. it. Il dovere di amare Dio, con la dottrina dei gradi dell’amore) sono fra i testi fondamentali della mistica cristiana occidentale. Attraverso essi il Doctor mellifluus (come fu chiamato) esercitò larghissimo e profondo influsso: è significativo a questo proposito che Dante abbia fatto dire a lui la grande preghiera alla Vergine nel Paradiso. La sua personalità, che esercitò un positivo influsso sull’evoluzione sociale delle classi più umili, si rivela pienamente, come la sua multiforme attività, nel ricchissimo epistolario.