GENTILE, Bernardo
Nacque a Messina intorno al 1470. Avviato alla vita religiosa nel convento domenicano della sua città, vi venne ordinato sacerdote prima del 1495: il 20 settembre di quell'anno infatti si trovava fuori della sua provincia per perfezionarsi negli studi, forse a Salamanca. Probabilmente soggiornò a Padova, come studente onorario, nel 1505, e poi maestro degli studenti e lettore di Bibbia nel 1506 e 1507. Se il "Bernardus de Sicilia" citato negli atti capitolari domenicani di Pavia e Roma è identificabile con il G., costui diventò baccelliere nel 1507 e maestro in teologia nel 1508. È invece certo che, nello stesso 1508, fece temporaneo ritorno nella provincia siciliana dell'Ordine come lettore primario del convento di Castanea, una nuova fondazione presso Messina.
Non vi rimase a lungo, dato che una lettera dell'umanista siciliano Lucio Marineo a Cataldo Parisio, datata al 1511, cita il G. tra i poeti e oratori degni di nota residenti in Spagna. Una lettera successiva del Marineo a F. Núñez permette di stabilire che i due letterati siciliani avevano tra loro un rapporto di amicizia, confermato da una terza missiva del Marineo, diretta proprio al G., databile da Valladolid nel 1513. Il Marineo si felicitava con lui perché il G. stava componendo - a quanto aveva saputo - un poema in onore del "gran capitano" Gonzalo Fernández di Córdoba, continuando in pari tempo a insegnare, a Salamanca o a Loia, dove abitava in quel periodo il famoso generale spagnolo.
Un aneddoto citato dal Coniglione confermerebbe il fatto che il G. abbia dedicato e donato versi latini sia al re Ferdinando il Cattolico sia al gran capitano, ricevendo in cambio del denaro.
Dopo l'ascesa al trono di Spagna di Carlo V il G. fu nominato cappellano e, l'8 ag. 1523, essendo morto il precedente titolare Antonio de Nebrija, cronista di corte, con lo stipendio annuo di 80.000 maravedì.
Tale promozione si può attribuire alla reputazione letteraria del G. e degli altri umanisti siciliani in Spagna, all'opera dei consiglieri domenicani di Carlo V, C. de Loaysa e G. Hurtado, e all'influenza delle personalità più vicine al sovrano, che egli citò nei suoi versi, tra cui il cancelliere Mercurino Arborio di Gattinara.
Di proprio, il G. aggiunse il poema latino di 500 versi in onore dell'imperatore Divo Carolo V Caesari, presentato al sovrano tra il 1522 e il 1523, ora conservato nella Biblioteca nacional di Madrid (ms. 10019), seguito poi, tra il 1526 e il 1529, dal Carmen ad serenissimum ac invictissimum Carolum quintum Caesarem semper Augustum (Biblioteca comunale di Palermo, ms. Sic. B.57) di 186 versi, che riuscì a far pubblicare, probabilmente a Messina per i tipi di G. e P. Spira nel 1529, stando alla tesi del Coniglione - che lo ha ripubblicato nel 1948 -, o a Palermo da A. Maida tra il 1526 e 1527, come afferma N.D. Evola.
In esso il G. loda il genio dell'imperatore e l'abilità militare del condottiero di Carlo V, Carlo di Lannoy, auspicando un generoso trattamento allo sconfitto re di Francia Francesco I, perché la Cristianità possa finalmente ritrovare la concordia e volgere le armi unita contro il suo vero nemico, i Turchi.
Molto discussa, perché ricavabile solo da accenni del Marineo e di Gonzalo Hernández de Oviedo, è l'opera del G. come storico della guerra di Granada e delle Indie. A tutt'oggi sembra plausibile solo un suo intervento come curatore della pubblicazione delle ultime quattro decadi del De orbe novo di Pietro Martire d'Anghiera, rimaste inedite fino al 1530 per la morte di quest'altro storiografo di Carlo V nel 1526.
Sono poi del G. alcuni versi latini pubblicati dal medico di Carlo V, L. Lobera, quale aggiunta al suo libro Vergel de sanidad, stampato in prima edizione ad Alcalá pure nel 1530.
Dopo questa data, il G. rimase a corte per non più di altri tre anni. Il 10 febbr. 1533 infatti Clemente VII lo nominò vescovo di Bosa, in Sardegna, "nemine supplicante".
Dopodiché non si hanno altre notizie su di lui. Lasciata con certezza la Spagna, si può ipotizzare che si sia recato in Sardegna, o altrove, fino al 26 genn. 1537. In quel giorno infatti la serie dei vescovi di Bosa registra la successione di Nicolò d'Aragona, a seguito della morte del G., sopravvenuta con ogni evidenza tra la fine del 1536 e l'inizio del 1537.
Diversi autori citano come edito a Messina nel 1526 un suo poema De rebus gestis Consalvi Ferdinandi de Corduba ad Carolum V Caesarem carmen. Il Coniglione ha però dimostrato che si tratta di un'opera inesistente, frutto di una errata lettura del titolo e dell'argomento del Carmen ad… Carolum quintum. Restano poi tuttora sconosciuti i suoi versi dedicati a re Ferdinando e al gran capitano, se mai furono scritti.
Ignorato dai maggiori storici domenicani e siciliani, forse per la precoce partenza dall'isola, e non conosciuto come membro dell'Ordine dei predicatori da altri, il G. deve la propria riscoperta, alla metà del Novecento, alle ricerche dei citati De La Peña e Coniglione.
Fonti e Bibl.: J. De La Peña y Camara, Un cronista desconocido de Carlos V. El humanista siciliano fray B. G. o.p., in Hispania, IV (1944), pp. 536-568 (rec. di N.D. Evola, in Archivio storico della Sicilia orientale [Boll. stor. catanese], XLII-XLIII [1946-47], pp. 233-300); M.A. Coniglione, B. G. o.p. umanista siciliano del secolo XVI cronista di Carlo V, poi vescovo di Bosa (1470-1537). Carmen ad serenissimum ac invictissimum Carolum quintum Caesarem, Catania 1948; N.D. Evola, Una stampa sconosciuta del sec. XVI con un carme di B. G., in Atti della Accademia di scienze, lettere e arti di Palermo, s. 4, X (1951), 2, pp. 157-162; G. Gulik - C. Eubel, Hierarchia catholica, III, Monasterii 1923, p. 137; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XX, s.v.