GUADAGNI, Bernardo
Nacque a Firenze nel 1367 o 1368 da Vieri e da Bernarda, detta Lulla, figlia di Andrea Rucellai, sposatisi nel 1363.
Il padre morì prematuramente nel 1368, quando era agli inizi della carriera politica. Anche il fratell0 minore del G., Vieri, fu come il G. esponente di primo piano nell'ambito del reggimento oligarchico guidato dal partito albizzesco.
Nel 1385 il G. si unì in matrimonio con Bartolomea di Gregorio Cardinali, morta nel 1394; nel 1395 sposò Francesca di Andrea di Bindo Bardi, scomparsa nel 1400; nel 1401 si sposò per la terza volta con Giovanna di Filippo Ardinghelli. Ebbe sette figli: Antonio, morto in tenera età, Nicola, Francesca, Piero, Giovanni, Filippo e, infine, un secondo Antonio.
L'ingresso del G. nella vita politica, avvenuto con la qualificazione nello scrutinio del 1391 per i tre maggiori uffici, costituì l'inizio di una brillante carriera che lo vide protagonista di primo piano del reggimento oligarchico affermatosi a Firenze, dopo la caduta del governo popolare, con la ripresa del controllo politico da parte delle corporazioni maggiori negli anni Ottanta del sec. XIV. Al pari del fratello Vieri, fu soprattutto il legame con i principali esponenti del partito albizzesco che consentì al G. di assumere innumerevoli incarichi di governo e di svolgere un'intensa attività diplomatica in anni particolarmente difficili per Firenze, costretta a una lunga ed estenuante guerra contro i Visconti di Milano. Nel 1393 il G. vinse nuovamente lo scrutinio e venne ascritto alla Balia che decretò l'esilio perpetuo della famiglia Alberti. A partire dal 1° genn. 1394 divenne gonfaloniere di Compagnia e dal 15 dicembre seguente uno dei Dodici buonuomini. Dal 1° marzo 1396 acquisì il priorato e, nello stesso anno, il 9 ottobre, fu eletto capitano della Romagna fiorentina.
A partire dal 1397 è possibile ricostruire anche l'attività del G. inerente agli uffici amministrativi: l'11 luglio divenne governatore delle Gabelle dei contratti e, dal 14 sett. 1398, podestà di Castiglione Fiorentino; dal 1° apr. 1400 entrò in carica tra gli Ufficiali di Arezzo. Il 9 genn. 1401 prese parte al dibattito concernente la sorte di Antonio Alberti (Consulte e pratiche, 34, c. 145v); in seguito, dal 1° aprile, andò come capitano a Pistoia. Dal 2 genn. 1402 fece parte dei Dieci di libertà e il 1° luglio seguente fu ancora priore; il 5 marzo 1403 si recò come vicario nel Valdarno Inferiore, a San Miniato, con l'incarico di cercare di porre fine alla lunga guerra contro Pisa. Ancora dal 1° ott. 1403 divenne soprintendente delle Stinche; dal 15 settembre seguente fu dei Dodici buonuomini. Dal 17 dic. 1404 ebbe la carica di ufficiale delle Gabelle del vino; dal 1° febbr. 1406 fu ufficiale alle Porte.
Nel maggio 1404 effettuò un'ambasceria a Piombino con Antonio Alessandri. Il 19 agosto seguente fu inviato con Bartolomeo Popoleschi presso il re di Francia Carlo VI per esporre le ragioni che avevano indotto Firenze a muovere guerra contro Pisa: durante il viaggio, tuttavia, mentre attraversavano la Borgogna, i due oratori vennero imprigionati dal duca Giovanni senza Paura, alleato dei Pisani. In soccorso dei due emissari fiorentini venne inviato, nel gennaio 1407, Bonaccorso Pitti che si adoperò per la loro liberazione, avvenuta con molte difficoltà.
Tornato a Firenze nell'aprile del 1408, il G. fu dall'8 agosto dei Dieci di libertà; il 12 febbr. 1409 intervenne nelle consultazioni politiche in favore del mantenimento dei rapporti diplomatici con il re di Napoli, Ladislao d'Angiò Durazzo; quindi fu degli Otto di custodia dal 26 febbraio; il 29 agosto lasciò l'incarico di ufficiale della Torre perché nominato gonfaloniere di Compagnia.
Nel febbraio 1410 fu inviato, con Giovanni Serristori, a Bologna presso il papa Alessandro V, per fargli presente l'opportunità che egli rientrasse a Roma.
Dal 1° genn. 1411 venne eletto gonfaloniere di Giustizia; durante lo svolgimento del suo mandato fu stipulata la pace con il Durazzo che portò a Firenze l'acquisizione di Cortona, Pierle e Mercatale: al riguardo furono conferiti alla Signoria, e quindi anche al G., poteri speciali. Il 1° marzo 1411 divenne "operaio" di S. Reparata e poco dopo ricevette l'incarico, insieme con Iacopo Gianfigliazzi, Michele di Vanni Castellani e Gino Capponi, di scortare il papa Giovanni XXIII, in partenza da Bologna per Roma; nell'aprile dello stesso anno si qualificò nelle elezioni per i tre maggiori uffici. Dal 31 ag. 1411 fu ancora degli ufficiali dell'Abbondanza e dal 2 dic. 1412 ricoprì la carica di vicario della Valle del Serchio.
Il 16 giugno 1413 fu inviato verso Siena insieme con Iacopo Gianfigliazzi, Filippo Corsini e Michele Castellani per incontrare il papa Giovanni XXIII proveniente da Roma da dove era stato scacciato: scopo della missione era di impedire che il pontefice entrasse a Firenze per non provocare l'ostilità del re di Napoli. Nell'agosto 1413 il G. fu impegnato a provvedere all'imposizione di una tassazione straordinaria e, dal 1° ottobre, fu capitano della Società di Orsammichele. Il 1° luglio 1414 fu eletto operaio di S. Reparata; il 7 luglio, in seguito al trattato di pace tra la Signoria fiorentina e Ladislao d'Angiò Durazzo, nel quale tuttavia non veniva affrontata la questione dello scisma, il G. ricevette il mandato, con Niccolò di Giovanni da Verrazzano, di recarsi a Bologna presso Giovanni XXIII per rassicurarlo sull'alleanza con Firenze, pronta a difendere la Chiesa da eventuali attacchi nemici. Essendo nel frattempo morto il Durazzo, il G. si trattenne a Bologna al fine di stabilire una tregua tra il papa e la nuova regina di Napoli Giovanna II.
Il 12 giugno 1415 venne estratto tra i Dodici buonuomini; dal 18 ottobre fu dei Dieci di Pisa; il 6 febbr. 1416, con Giovanni di Nofri Arnolfi, si recò ancora a Bologna per offrire aiuto alla città che si era ribellata all'autorità ecclesiastica; dal 10 giugno dello stesso anno andò come podestà a Pisa. L'11 febbr. 1417 divenne ragioniere del Comune e il 1° giugno seguente si immatricolò nell'arte del cambio; il 1° luglio 1420 fu eletto operaio di S. Maria del Fiore.
In seguito il G. soggiornò per qualche tempo in Francia: nel 1421, infatti, mentre si trovava in Provenza, la Signoria fiorentina lo incaricò, insieme con Michele dei Pazzi, di protestare presso la reggente Iolanda d'Aragona, vedova di Luigi II d'Angiò, perché in uno dei suoi porti alcune navi, cariche di mercanzie fiorentine, erano state depredate.
Tornato a Firenze, il 15 marzo 1422 fu dei Dodici buonuomini; il 10 luglio seguente fu inviato a Perugia, con Niccolò dei Nobili, presso Andrea Fortebracci (Braccio da Montone), per chiedergli di cessare le incursioni nel territorio di Città di Castello; il 1° ottobre dello stesso anno andò come capitano a Pistoia. Nel 1423 fu eletto commissario generale presso l'esercito fiorentino in Romagna per contrastare l'avanzata di Filippo Maria Visconti duca di Milano e, dal 1° aprile, fu dei Sei della mercanzia; il 21 luglio seguente, nominato capitano delle galee, partì da Porto Pisano con due navi inviate ad Alessandria d'Egitto dal Comune di Firenze per rifornimenti di mercanzie. Il 19 apr. 1425 divenne uno dei ragionieri di Pisa e, dal 3 maggio 1426 fino ad agosto, regolatore dei Contratti; il 17 settembre seguente andò come capitano a Pisa.
Nel 1427 il G. presentò la propria certificazione catastale dalla quale si evince che abitava in una casa situata nel "popolo" di S. Pier Maggiore e che possedeva innumerevoli proprietà poste per lo più nel popolo di S. Giovanni a Remole e nel Casentino, nel popolo di S. Donato a Torri. Questa dichiarazione e quelle successive del 1430 e 1433 testimoniano la fortuna economica del G., basata sul commercio e soprattutto sull'attività bancaria esercitati in questi anni da lui e dal figlio Filippo, non solo a Firenze, ma anche a Roma e in Provenza: nel catasto del 1430 si ricorda, per esempio, che ad Avignone era giacente una grossa partita di sale. Tra i numerosi crediti spettanti al G. compaiono quelli relativi a ingenti somme prestate a Giovanni XXIII e al conte di Provenza, Luigi III d'Angiò.
Nel maggio 1428 il G. vinse lo scrutinio per il gonfalonierato di Giustizia; sempre in questo anno venne inviato come commissario generale in campo in Lombardia; sostò fra l'altro a Mantova fino al luglio per raccogliere le truppe al servizio di Firenze e convogliarle in Toscana e per indagare sul furto avvenuto in quella città di 4120 fiorini, che costituivano la paga delle milizie: anche per questo danno subito dal G., i Conservatori di legge deliberarono, il 20 apr. 1429, che egli fosse dispensato dal pagamento di 430 fiorini di cui era debitore verso il Comune per precedenti tasse non pagate.
Il 1° genn. 1429 divenne operaio di S. Maria del Fiore e il 29 gennaio intervenne a una importante consulta relativa all'introduzione dell'accertamento catastale dei beni; il 3 maggio successivo fu dei Dieci di Pisa; il 12 genn. 1430 fu inviato come ambasciatore presso il papa Martino V, per esporgli le ragioni che avevano determinato la decisione fiorentina di muovere guerra contro Lucca. Il 6 maggio fu eletto ufficiale delle Carni e il 21 giugno seguente oratore, con Piero di Luigi Guicciardini, a Venezia. Nell'agosto dello stesso 1431 vinse uno scrutinio ristretto per il priorato, il 28 novembre fu eletto operaio di S. Maria del Fiore, il 1° ott. 1431 ufficiale alle Porte e il 1° sett. 1432 divenne nuovamente operaio di S. Maria del Fiore.
Il 13 genn. 1433 il G. si espresse contro la richiesta della Repubblica veneziana che Firenze entrasse nel trattato di pace con il duca di Milano. Il 1° settembre dello stesso anno entrò in ufficio come gonfaloniere di Giustizia.
Sembra che l'estrazione a questa carica sia stata pilotata da Rinaldo degli Albizzi, che provvide anche a cancellare i debiti che il G. aveva ancora con il Comune; lo scopo di questa manovra politica era quello di fermare l'ascesa di Cosimo de' Medici: il Cavalcanti (pp. 266-270) riporta l'appello che Rinaldo rivolse al G., in qualità di gonfaloniere di Giustizia, chiedendogli in nome della salvezza della patria di impedire che si realizzasse il disegno del Medici di trasformare Firenze in una signoria; il G. rispose che avrebbe agito solo nell'interesse della Repubblica. Il 7 seguente venne deciso l'arresto di Cosimo de' Medici: sembra che questi riuscisse a evitare l'esecuzione capitale corrompendo con 1000 fiorini lo stesso G., che in tal modo si unì a coloro che chiedevano per il prigioniero la condanna all'esilio; il 9 settembre, essendo stato nominato "proposto" dei Signori, il G. fece radunare il Parlamento; venne istituita anche una Balia, cioè un consiglio dotato di speciali poteri, che decretò per il Medici la pena del confino a Padova per cinque anni: sembra che prima di prendere questa decisione il G., il quale faceva parte della stessa Balia, si fosse ritirato con il pretesto di una indisposizione. Al momento della partenza per il confino di Cosimo de' Medici, il figlio di Rinaldo degli Albizzi, Ormannozzo, aveva radunato una schiera di armati per attentare alla vita del Medici; pertanto il G. predispose una scorta per condurlo di nascosto di notte a casa sua, dove Cosimo cenò, partendo quindi per l'esilio con un'adeguata difesa.
Il 18 sett. 1433 la Balia elesse il G. tra gli Accoppiatori che avrebbero dovuto presiedere allo svolgimento delle nuove elezioni; nell'ottobre seguente vinse lo scrutinio per i tre maggiori uffici; in seguito, per decisione della Balia, venne nominato capitano di Pisa per un anno a partire dall'11 marzo 1434.
Il ritorno di Cosimo de' Medici a Firenze nell'ottobre del 1434 segnò la fine del governo albizzesco: la nuova Balia decretò, il 3 novembre seguente, per il G. la privazione in perpetuo degli uffici.
Nella portata al catasto della moglie del G., Giovanna, è attestato che questi morì nel 1434. G. Capponi riferisce che, mentre stava rientrando a Firenze da Pisa, dove ricopriva l'ufficio di capitano, per essere condotto in giudizio, il G. morì improvvisamente, forse avvelenato.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Carte Ceramelli Papiani, 2509, cc. n.n.; Carte Sebregondi, 2763-2766, cc. n.n.; Manoscritti, 248: Priorista Mariani, cc. 202-203; 597: Carte Pucci, VI, 40; Archivio delle tratte, 60, c. 103v; 79, c. 126r; 170, cc. 13r-25v; 171, cc. 18r-33r; 172, c. 8r; 356, c. 157r (17 aprile); 357, cc. 3v, 10r; 359, c. 88r; 361, c. 3v (26 maggio); 362, c. 5v (10 agosto); 363, c. 127r; 597, cc. 18r, 33r; 598, c. 144v; 599, c. 126r; 600, c. 75r; 982, c. 14r; 984, c. 4v; Priorista di palazzo, cc. 141v, 148r, 156v, 179v; Consulte e pratiche, 34, c. 145v; 37, cc. 11v, 18r, 31v, 75v, 77r, 82v, 83v, 86v, 89v, 91v-92r; 39, c. 136v; 48, c. 54v; 50, c. 29r; Signori, Legazioni e commissarie, 4, cc. 1r-6r, 118v-120r (15 febbraio); 5, cc. 21rv, 103v-105r, 108r, 133r-141r; 6, cc. 31v-34r, 37r-38r, 39v (31 ag. 1414), 61rv; 7, cc. 6r-7r; 9, cc. 1r-15v; Signori, Rapporti di oratori fiorentini, 2, cc. 2r, 21rv, 33v-34r, 100v; Signori, Missive, I, Cancelleria, 29, c. 65rv; Signori, Responsive, 8, cc. 131-133; Balie, 19, c. 4v; 24, cc. 2v, 14rv; 25, c. 39v; Dieci di balia, Legazioni e commissarie, 3, cc. 25v-26r, 27r; Otto di guardia e balia, 224, c. 78r; Arte del cambio, 12, c. 79v; Provvisioni, 99, c. 169v (4 febbr. 1411); Catasto, 68, c. 154v; 80, cc. 60r-65r; 409, cc. 39v-44r (1430); 499, cc. 141r-148r (1433); 681, c. 142r (1446); Firenze, Biblioteca nazionale, Mss. Passerini, 171.2; Poligrafo Gargani, 1017, cc. n.n.; B. Pitti, Cronica, Firenze 1720, pp. 79 s.; Deliziedegli eruditi toscani, XVI (1783), p. 233; XVIII (1784), pp. 158, 210, 249, 557; XIX (1785), p. 115; XX (1785), pp. 135 s., 183-186, 201; Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per ilComune di Firenze, a cura di C. Guasti, I, Firenze 1867, pp. 240, 248-250, 254, 287; II, ibid. 1869, pp. 10 s.; III, ibid. 1873, pp. 165, 510-512, 538; G. Cavalcanti, Istorie fiorentine, a cura di G. Di Pino, Milano 1944, pp. 266-272, 276, 286; P. Petriboni - M. Rinaldi, Priorista(1407-1459), a cura di J.A. Gutwirth - G. Battista, Roma 2001, pp. 36, 43, 83, 161 s., 243 s.; A. Desjardins, Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, I, Paris 1859, pp. 39, 42; L. Passerini, Genealogia e storia dellafamiglia Guadagni, Firenze 1873, pp. 42-54; G. Capponi, Storia della Repubblica di Firenze, II, Firenze 1875, p. 4; M. Mariani, Gino Capponi nella vita politica fiorentina dal 1393 al 1421, in Arch. stor. italiano, CXV (1957), p. 478; N. Machiavelli, Istorie fiorentine, a cura di F. Gaeta, Milano 1962, pp. 313 s., 316, 331; G. Brucker, The civic world of early Renaissance Florence, Princeton 1977, pp. 192 s., 225 n., 230 n., 268, 282, 307, 364 n., 367, 368 n., 392, 462 n., 467 n., 506; D. Kent, The rise of the Medici…, Oxford 1978, pp. 79 n., 139 n., 164 s., 175 s., 197, 282, 293, 345 n.; Le consulte e pratichedella Repubblica fiorentina nel Quattrocento, I, 1401 (Cancellierato di ColuccioSalutati), Pisa 1981, p. 22; Le consulte e pratiche della Repubblica fiorentina(1404), a cura di R. Ninci, Roma 1991, pp. 7, 31, 85, 279, 290, 312, 318, 326, 331, 340, 342; D. Kent, Cosimo de' Medici and theFlorentine Renaissance, New Haven-London 2000, p. 357.