MATTARELLA, Bernardo
– Nacque a Castellammare del Golfo, presso Trapani, il 15 sett. 1905 da Santo e Caterina Di Falco, primo di sette figli.
La famiglia, di modeste condizioni sociali, era di fervida fede cattolica. Giovanissimo, il M. ricevette i fondamenti culturali dal più anziano cugino N. Di Falco, uno dei principali esponenti cattolico-democratici della diocesi di Mazara del Vallo, in relazione con L. Sturzo.
Nella sua città frequentò, sotto la guida dell’assistente ecclesiastico G. Ancona, il circolo di Azione cattolica S. Paolo, di cui divenne presidente, affrontando le prime prove di collaborazione giornalistica con il mensile Aurora giovanile. Trasferitosi ad Alcamo per iscriversi al locale liceo G. Ferro, vi incontrò il sacerdote e insegnante G. Morello, che lo indirizzò verso il popolarismo.
Fra l’ottobre 1922 e il dicembre 1924, si prodigò per tener vivo il Partito popolare italiano (PPI) nella Sicilia nordoccidentale, ricostituendo ad Alcamo la sezione locale e fondandone una nuova a Castellammare, attiva fino al novembre 1926.
Nell’agosto 1929 si laureò in giurisprudenza nell’Università di Palermo, discutendo una tesi sul potere esecutivo statunitense; esercitò, quindi, la professione legale mentre proseguiva la sua attività nell’ambito dell’associazionismo cattolico.
Ai primi del 1928, aveva assunto la presidenza della Gioventù cattolica maschile nella diocesi di Mazara, ruolo che gli avrebbe consentito di stringere contatti sia con le altre associazioni cattoliche regionali, sia con i vertici nazionali di Azione cattolica, di cui favorì la rinascita anche nelle diocesi di Trapani, Enna, Nicosia e Agrigento. Fu, quindi, consigliere nazionale sia di Gioventù cattolica sia degli Uomini cattolici e coordinatore di fatto, nelle diocesi siciliane, per entrambe le organizzazioni, nonché presidente della giunta diocesana di Azione cattolica di Palermo. Nominato nel giugno 1932 membro del consiglio superiore di Gioventù cattolica, il M. tenne, negli anni del regime fascista, assidui contatti con il gruppo dirigente del PPI, in particolare con G. Spataro (con cui partecipò anche ai pellegrinaggi alla tomba di don G. Pini ad Arona, in occasione della ricorrenza annuale della morte dell’antico assistente ecclesiastico della Federazione universitaria cattolica italiana [FUCI]) e con A. De Gasperi, compiendo numerosi viaggi a Roma.
Nel 1942 aderì al progetto inteso a dare vita alla Democrazia cristiana (DC) e nel maggio 1943 partecipò a Roma alla redazione dell’opuscolo Idee ricostruttive della Democrazia cristiana, che poneva i primi fondamenti del nuovo partito cattolico, facendosene, quindi, promotore e diffondendolo nelle provincie siciliane. Dopo la liberazione dell’isola (luglio-agosto 1943), costituì a Palermo il comitato provinciale DC, di cui fu presidente, e fu poi eletto vicepresidente del comitato regionale. Dal settembre entrò nella prima giunta comunale della città, nominata dagli Alleati, come assessore all’Assistenza e alla beneficenza.
In questo periodo il M. intrattenne un’interessante corrispondenza con don Sturzo, ancora residente negli Stati Uniti. Nel contempo fondò, e fu direttore, del settimanale Popolo e libertà; insieme con I. Corsaro e P. Cortese, partecipò anche alla fondazione de La Sicilia del popolo, quotidiano regionale democristiano.
Dal giugno 1944 al giugno 1945, nei due governi presieduti da I. Bonomi, fu sottosegretario alla Pubblica Istruzione. Nell’ambito del suo partito venne eletto vicesegretario nazionale nel primo consiglio nazionale della DC (Roma, 31 luglio - 3 ag. 1945) e, al I congresso nazionale (ibid., 24-29 apr. 1946), membro del consiglio nazionale e della direzione; assunse poi la direzione dell’ufficio Enti locali, istituito nel maggio 1946.
Nel quadro della difficile battaglia per la scelta istituzionale, appoggiò la linea di De Gasperi – il quale, per non spaventare l’elettorato conservatore cattolico, tendeva a non esplicitare formalmente l’opzione repubblicana –, linea che il M. sostenne nei confronti sia degli esponenti della sezione romana, guidati da D. Ravaioli, sia di quella parte della DC siciliana, maggiormente influenzata dalle posizioni di Sturzo, che faceva capo a M. Scelba.
Nominato componente della Consulta nazionale in rappresentanza della DC, fu eletto deputato all’Assemblea costituente, dove fu membro dell’ufficio di presidenza con l’incarico di questore.
Nella fase iniziale del turbolento dopoguerra siciliano – in cui ricomparvero, e si manifestarono spesso con violenza, i fenomeni del separatismo, del banditismo, complicato dalla rinnovata presenza mafiosa, dell’aspirazione contadina alla distribuzione delle terre del latifondo –, il M., espressione dei settori più esplicitamente anticomunisti del suo partito, fu sospettato di essere tra i «referenti nel rapporto tra la DC e la mafia» quale si venne definendo dal secondo dopoguerra (Craveri, p. 324).
Alle elezioni del 18 apr. 1948, per la I legislatura repubblicana, fu eletto alla Camera dei deputati (collegio di Palermo-Trapani-Agrigento-Caltanissetta, in cui fu riconfermato per cinque successive legislature); fece quindi parte del V governo De Gasperi (maggio 1948), come sottosegretario al ministero dei Trasporti, incarico che rivestì nei successivi (VI e VII) governi De Gasperi, fino al luglio 1953. Dopo le elezioni politiche del giugno 1953, che videro un forte arretramento della DC, divenne per la prima volta ministro nell’VIII e ultimo governo De Gasperi (luglio-agosto 1953), quale responsabile del dicastero della Marina mercantile. Con il governo Pella (agosto 1953 - gennaio 1954), fu ministro dei Trasporti, mantenendo lo stesso incarico nei governi Fanfani (gennaio-febbraio 1954) e Scelba (febbraio 1954 - luglio 1955). Nel luglio 1955 – presidente del Consiglio A. Segni – al M. venne affidato il ministero del Commercio con l’estero.
Di questa esperienza, durata fino al maggio 1957, merita di essere ricordata soprattutto la riforma del sistema valutario, tesa a favorire gli scambi commerciali con gli altri Paesi europei attraverso la semplificazione delle procedure e l’abrogazione di norme superate o inadeguate; significativi, inoltre, i nuovi accordi commerciali con l’India, con gli Stati Uniti e con alcuni Paesi dell’America Latina (in particolare Venezuela e Messico) che dettero un nuovo impulso alle esportazioni italiane.
Caduto il governo Segni, in una fase assai travagliata della politica centrista caratterizzata dalla presenza di A. Fanfani alla segreteria della DC, nel monocolore presieduto da A. Zoli (maggio 1957 - luglio 1958), il M. fu ministro delle Poste. Non incluso nella compagine del governo formatosi dopo le elezioni del maggio 1958, presidente Fanfani, che aveva anche mantenuto la segreteria del partito, il M. si adoperò, comunque, per tentare di ricomporre la grave crisi insorta nella DC siciliana in seguito alla cosiddetta «operazione Milazzo».
Le manovre politiche di Fanfani all’interno del partito, che miravano a ridimensionarne la vecchia guardia (particolarmente la componente meridionale di cui il M. faceva parte) e a favorire l’ascesa di una nuova generazione di dirigenti, ebbero i primi significativi contraccolpi proprio all’interno della DC siciliana, ripercuotendosi poi a livello nazionale. In Sicilia, infatti, si determinò una forte spaccatura all’interno del gruppo dei deputati regionali democristiani alcuni dei quali, contro le indicazioni della direzione nazionale, appoggiarono alla guida del governo regionale un vecchio popolare, S. Milazzo, sostenuto da una maggioranza trasversale composta, oltreché dai dissidenti democristiani, da socialisti, comunisti, liberali, monarchici e missini. Nonostante i tentativi di mediazione del M. (che, nel corso del consiglio nazionale del 15-18 nov. 1958, sottolineò i pesanti riflessi negativi della situazione siciliana sul partito), la frattura nella DC siciliana non si saldò e Milazzo, benché espulso dal partito, governò la regione fino al 1960.
La vicenda Milazzo ebbe effettivamente forti ripercussioni sia sulla situazione politica nazionale, sia, soprattutto, all’interno della DC, finché si arrivò, a fine gennaio 1959, alle dimissioni del governo e all’abbandono della segreteria da parte di Fanfani; il consiglio nazionale, svoltosi a Roma nel marzo 1959 alla Domus Mariae, segnò l’avvento di A. Moro alla guida del partito. Da allora la vicenda politica del M., eletto nella nuova direzione centrale, fu caratterizzata da un costante sostegno alle posizioni via via assunte dal nuovo segretario, che egli aveva conosciuto e frequentato fin dagli anni giovanili nelle organizzazioni di Azione cattolica.
Nel febbraio 1962, con la formazione del IV ministero Fanfani, il M. rientrò al governo come ministro dei Trasporti, incarico che mantenne fino al giugno 1963 quando, con G. Leone presidente del Consiglio, passò al dicastero di Agricoltura e foreste. Fu confermato ministro anche nei primi due governi di centro-sinistra «organico» presieduti da Moro, all’interno dei quali, dal dicembre 1963 al febbraio 1966, fu ministro del Commercio con l’estero.
In tale veste concluse importanti accordi orientati al progressivo ampliamento della politica comunitaria europea, specificamente nel settore agricolo, con particolare riferimento alla definizione dei prezzi delle derrate e alle quote di produzione, in sintonia con le posizioni della Repubblica federale tedesca ma in pieno contrasto con le tesi allora sostenute dalla Francia.
Nel febbraio 1966, in seguito alla crisi del II governo Moro, lasciò ogni incarico ministeriale limitandosi, da allora, all’attività legislativa.
Fu membro della I commissione Affari costituzionali della Camera e presidente della commissione speciale istituita per predisporre provvedimenti a favore della Valle del Belice, in Sicilia, colpita da un devastante terremoto. Dopo le elezioni politiche del maggio 1968, in cui fu rieletto alla Camera con poco più di 70.000 voti di preferenza, assunse la presidenza della commissione Difesa.
Negli ultimi anni rimase legato alla linea politica di Moro, le cui posizioni, soprattutto nel perseguimento di alleanze di centro-sinistra, egli sostenne fermamente considerandole in continuità e coerente sviluppo con le scelte a suo tempo operate da De Gasperi. Tale politica illustrò dalla tribuna del congresso di Roma del 1969, quando Moro assunse una linea chiaramente autonoma rispetto a quella della corrente dei dorotei.
Il M. morì a Roma il 1° marzo 1971.
Tra gli scritti del M., oltre a quelli raccolti nel volume Mattarella (collana «Politici del nostro tempo»), Palermo 1958, vedi ancora: Igino Giordani, ibid. 1936; Impegno cristiano, Roma-Palermo 1968; Partiti e società, ibid. s.d. [ma 1969].
Il figlio Pier Santi (Castellammare del Golfo, 24 maggio 1935 - Palermo, 6 genn. 1980), attivo in gioventù nell’Azione cattolica, laureato in giurisprudenza, svolse anch’egli attività politica nella DC e fu vicino a G. La Pira e alla corrente di Moro. Eletto, nel 1961, nel comitato provinciale del partito, fu consigliere comunale a Palermo dal 1964 al 1967, quando entrò all’Assemblea siciliana dove venne confermato per tre legislature. Fu, quindi, assessore regionale al Bilancio dal 1971 al 1974 e dal 1976 al 1978, anno in cui divenne presidente della Regione. In questa veste manifestò l’intenzione di agire contro il sistema clientelare legato alla mafia e, politicamente, formò una giunta di centro-sinistra con l’appoggio esterno del Partito comunista italiano. Venne assassinato a Palermo in circostanze mai interamente chiarite, con ogni probabilità su mandato della mafia, forse in collegamento con elementi del terrorismo politico di destra.
Fonti e Bibl.: Carte personali del M. sono custodite dalla famiglia. Esse vanno integrate: dalla documentazione esistente presso l’Istituto L. Sturzo di Roma, nel fondo archivistico Sturzo, per quanto riguarda i rapporti con quest’ultimo, in quello relativo alla DC per l’attività del M. all’interno del partito. Per il ruolo svolto nell’ambito dell’Azione cattolica si veda la documentazione presente presso l’Archivio dell’Istituto Paolo VI di Roma; sempre a Roma, documentazione della sua attività ministeriale presso l’Archivio centrale dello Stato e l’Archivio storico del Ministero degli Affari esteri. Vedi anche gli Atti parlamentari, relativi agli anni in cui il M. fu deputato nonché gli Atti e documenti della Democrazia cristiana. 1943-1967, Roma 1969, passim.
Cfr. ancora: I. Giordani, Alcide De Gasperi, Verona 1955, ad ind.; G. Spataro, I democratici cristiani dalla dittatura alla Repubblica, Milano 1968, pp. 198, 201 e n. 1, 246, 292; Testimonianze su B. M., Palermo 1972; L. Sturzo, Scritti inediti, III, 1940-1946, Roma 1976, ad ind.; S. Mattarella, Ricordo di B. M., in Cronache parlamentari siciliane, n.s., gennaio-marzo 1981, nn. 1-2, pp. 116-120; A. Sindoni, M., B., in Diz. stor. del movimento cattolico in Italia, III, 2, Casale Monferrato 1984, pp. 529 s.; S. Tramontin, La Democrazia cristiana dalla Resistenza alla Repubblica (1943-1948), in Storia della Democrazia cristiana, a cura di F. Malgeri, I, Le origini, Roma 1987; P. Borzomati, Chiesa, società, Democrazia cristiana a Caltanissetta dal 1943 al 1948, ibid., ad indices; P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, Torino 1995, ad ind.; G. Bolignani, B. M., Soveria Mannelli 2002. Cfr. pure: I 556 deputati alla Costituente. 2 Giugno 1946, Roma 1946; I deputati e senatori del primo Parlamento repubblicano, Roma 1949; I deputati e senatori del quinto Parlamento repubblicano, Roma 1968, sub voces; F. Bartolotta, Parlamenti e governi d’Italia dal 1848 al 1970, I-II, Roma 1971, ad indices; 1948-1998. Repubblica Italiana: 50 anni di Parlamento, governi, istituzioni, Roma 2000, ad indicem.