MENGOZZI, Bernardo
MENGOZZI, Bernardo. – Nacque a Firenze il 29 genn. 1758. Il suo esordio come cantante avvenne nell’opera giocosa Le astuzie amorose di G. Paisiello, inscenata nel giugno 1777 al teatro della Pergola di Firenze. Schmidl sostiene che suo maestro di canto fosse il castrato T. Guarducci, mentre una recensione dello spettacolo apparsa sulla Gazzetta toscana (cfr. Weaver - Wright Weaver, p. 382) lo dice semplicemente allievo del clavicembalista e compositore fiorentino G.M. Rutini, dal quale verosimilmente trasse, oltre ai rudimenti nel canto, le buone cognizioni di strumento e di composizione che mise a profitto negli anni successivi.
Due mesi dopo il debutto il M. si esibì nel teatro fiorentino di via S. Maria come protagonista di un’opera di P. Anfossi. La medesima gazzetta riferisce che nonostante «la sua giovine età ha sorpresa l’udienza con la sua grata voce di tenore, buona maniera di cantare specialmente in due arie che egli eseguisce con una bravura non ordinaria» (ibid., p. 384). L’attività presso il medesimo teatro seguitò in autunno con altre due opere giocose. Nel 1778 cantò a Bologna e a Palermo. Mancano sue notizie per i successivi quattro anni: una sua esibizione annunciata per il 1781 al teatro del Cocomero di Firenze non ebbe luogo (cfr. Gazzetta universale, 1781, p. 296); lacuna biografica alla quale offrirebbero forse rimedio le disperse memorie autografe del M. che Schmidl dice conservate nel disciolto Wilhelm Heyer Museum di Colonia.
Nel febbraio 1783 esordì come compositore nel teatro di via S. Maria, rappresentando il dramma giocoso La viaggiatrice e l’intermezzo, ibrido di stilemi giocosi e seri, L’isola disabitata. Per la circostanza assunse il ruolo di maestro al cembalo e, come lascia intendere la dedica sul libretto, di impresario della stagione. Fétis afferma che il M. si era perfezionato nello studio del canto con il celebre P. Potenza, primo soprano della Cappella ducale di Venezia. Potrebbe essere a seguito di tale scuola ch’egli, fino allora attivo come cantante di mezzo carattere, s’impadronì di quelle tecniche esecutive fondate sull’uso sapiente e virtuosistico dell’ornamentazione che gli consentirono di approdare all’opera seria. Il debutto avvenne nel ruolo eponimo del Demofoonte di F. Alessandri, composto per l’inaugurazione del Nuovo Teatro di Padova alla fiera del 1783; nel cast campeggiavano i nomi dei virtuosi L. Marchesi e T. Catena. Nella stessa città il M. eseguì con il celebre G. Guadagni la cantata encomiastica Le virtù rivali di Alessandri.
Dopo la sua prima parentesi «seria» il M. ritornò al repertorio giocoso. Nel 1784, dopo aver calcato le scene del teatro Valle di Roma, si stabilì a Napoli, svolgendo intensa attività fino al 1786 nel teatro del Fondo e nel teatro Nuovo sopra Toledo. A partire dalla prima stagione si esibì con Anna Benini, cantante buffa con qualche sporadico sconfinamento nel repertorio serio, già affermata nei teatri italiani e a Graz. Con essa si sposò verosimilmente alla fine del 1784, condividendo la carriera nei due anni successivi.
Lasciata Napoli il M. si riaccostò al repertorio serio con il pasticcio Il trionfo di Arianna, rappresentato nel giugno 1786 alla Pergola di Firenze, e con la Didone di Anfossi, che il 24 agosto inaugurò il teatro Riccardi di Bergamo.
Nel 1787 era a Londra, ingaggiato nella compagnia italiana operante al King’s theatre in Haymarket, dove interpretò due opere serie e due giocose. Nell’estate dello stesso anno la compagnia si trasferì a Versailles e qui offrì alla corte un repertorio giocoso.
In Francia le fortune dell’opera italiana conoscevano a quel tempo una significativa riabilitazione. Dopo l’ostracismo a essa decretato sin dal tempo di Luigi XIV, la «querelle de bouffons» aveva infatti sollecitato ampie aperture. E delle nuove tendenze il théâtre de Monsieur, inaugurato alle Tuileries nel 1789, fu sede esclusiva.
Con quel teatro, diretto dal concittadino L. Cherubini, il M. collaborò come cantante, sostenendo perlopiù ruoli di mezzo carattere, nonché come compositore, riproponendo il 22 ag. 1789 l’Isola disabitata. Inoltre componeva arie nuove da inserire in opere altrui, composizioni che a partire dal Journal d’ariettes italiennes del novembre 1787 furono in più casi pubblicate, a Parigi e a Londra. Un particolare successo, attestato da molteplici esemplari a stampa o manoscritti, ottenne il rondò Se m’abbandoni mio dolce amore, composto per L’italiana in Londra di D. Cimarosa.
Sul Moniteur universel del 10 genn. 1790 un corrispondente scriveva di lui: «Nulle voix ne me flatte autant que la sienne»; e a chi la considerava una voce debole replicava di trovarla timbrata ed espansiva. Il metodo eccellente e scrupoloso. Il canto «pénètre doucement l’âme, sans y causer des sensations trop vives: il n’entraîne pas, mais il plaît». Nonostante la taglia sgraziata, il M. era infine giudicato disinvolto in scena e capace di interpretazioni intelligenti e spiritose.
L’anonimo aggiungeva che il debutto del cantante era avvenuto a Versailles quando la voce gli sembrava quasi intieramente perduta. E così non è da escludere che il prematuro commiato dalle scene, dopo il 1792, sia addebitabile a una salute vocale instabile. O, più semplicemente, era divenuta per lui più importante la carriera di compositore, che proseguì e intensificò a Parigi per il teatro Montansier, dove inscenò le opere Aujourd’hui ou Les fous supposés (3 febbr. 1791), Isabelle de Salisburi (in collaborazione con G.G. Ferrari; 20 ag. 1791), Les deux vizirs (10 marzo 1792), Pourceaugnac (25 genn. 1793), L’amant jaloux (2 febbr. 1793), Les habitans de Vaucluse (1° giugno 1799); inoltre, mise in scena Selico ou Les nègres (théâtre National, 5 ott. 1793), Une faute par amour (théâtre Feydeau, 16 maggio 1795), Brunet et Caroline (Jardin-Egalité, 5 luglio 1799), La dame voilée ou L’adresse de l’amour (théâtre Favart, 28 nov. 1799).
Nel 1795 venne istituito il Conservatoire di Parigi, governato da un direttorio di cui era autorevole membro Cherubini. Il M. vi fu immediatamente chiamato a svolgere attività didattica come maestro di canto. Tra i numerosi allievi avviati dal M. all’attività teatrale Fétis ricorda il baritono Jean Batiste, che divenne uno dei più rinomati artisti dell’Opéra-Comique.
Di lì a poco il M. fu principale esponente di una commissione del conservatorio incaricata della redazione di un manuale di canto per gli allievi. L’opera, che assicurò al M. imperitura fama, vide la luce postuma.
Il M. morì infatti a Parigi il 3 marzo 1800.
La Méthode de chant du Conservatoire de musique contenant les principes du chant, des exercices pour la voix, des solfèges tirés des meilleurs ouvrages anciens et modernes… fu pubblicata a Parigi nel 1804. Il volume è adespoto, ma il ruolo primario assunto dal M. nella sua stesura è ampiamente riconosciuto dalla prefazione. Come esplicitato dal titolo, la Méthode è qualcosa di ben diverso dai precedenti trattati di canto di P.F. Tosi e F. Mancini, non soltanto per i più vasti approfondimenti teorici e la maggior attenzione prestata alla fisiologia del canto, ma soprattutto per il ricco apparato di esercizi ed esempi che le conferiscono un inedito valore didattico.
Nella prima parte sono affrontati problemi di fisiologia vocale; della respirazione, che per il M. è di tipo toracico-diaframmatica; della classificazione dei registri vocali. Nella seconda sono trattati i temi delle posture corrette; degli esercizi per la conquista dell’estensione; della vocalizzazione; delle roulades (ovvero delle rapide scale ascendenti e discendenti); dell’appoggiatura inferiore e superiore, preparata e doppia; del portamento, del trillo e del gruppetto; del respiro della frase melodica; della pronuncia e dell’articolazione; dei diversi caratteri della musica vocale: recitativa, cantabile, di bravura, di stile «grazioso», «agitato» e sillabico. E a proposito dell’espressività il M. ribadisce l’importanza per il cantante di una formazione culturale adeguata, in ambito musicale e letterario, non essendo sufficiente alle esigenze dell’arte il solo possesso di una pur «superba voce». La terza parte dell’opera contiene 30 vocalizzi «antichi e moderni», nonché una scelta di 24 arie «di diverso carattere» di maestri quasi esclusivamente italiani di tutto il Settecento: da L. Leo a Cimarosa.
Opera di una vastità senza precedenti, divenne testo di studio obbligatorio nel conservatorio di Parigi, a epigonico e tardivo riconoscimento del primato della vocalità italiana nel XVIII secolo.
Fonti e Bibl.: E.L. Gerber, Neues Historisch-biographisches Lexikon der Tonkünstler, III, Leipzig 1813, cc. 393-395; C. Pierre, Le Conservatoire national de musique et de déclamation, Paris 1900, pp. 129, 451; R.L. Weaver - N. Wright Weaver, A chronology of music in the Florentine theater, Warren 1993, ad ind.; A. Di Profio, La révolution des bouffons: opéra italien au théâtre de Monsieur, Paris 2003, ad. ind.; F.-G. Fétis, Biographie universelle des musiciens, VI, pp. 86 s.; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, II, p. 84; Répertoire international des sources musicales, A/I, Einzeldrucke vor 1800, V, p. 516; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, V, p. 42; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici, I, p. 417; II, pp. 427 s.; The New Grove Dict. of music and musicians, XVI, p. 430.
P.G. Gillio