MANTERO, Bernardo Pasquale
Figlio di Francesco e di Geronima Parodi, nacque a Genova nel 1713. Si formò nella bottega dello scultore Francesco Maria Schiaffino (Ratti, 1766, p. 160; Alizeri, 1864, p. 89), dal quale apprese l'arte dello scolpire e il linguaggio fluido e vigoroso di impronta romana.
Dagli anni Quaranta del Settecento Schiaffino riuscì a imporsi come l'unico scultore di figura in grado di intercettare le commissioni più prestigiose e di fornire, grazie all'aiuto della sua attivissima bottega, altari e sculture sacre e profane realizzate tramite una tecnica raffinatissima e una impostazione grandiosa nel connubio tra empito barocco e moduli classicheggianti.
Il periodo dell'apprendistato e della prima attività non è per ora testimoniato da opere o documenti; ma non è improbabile ipotizzare, secondo una prassi diffusa, un perfezionamento romano del M., forse consigliato proprio da Schiaffino, per il quale era stato fondamentale a suo tempo (1721-24) la frequentazione a Roma della bottega di Camillo Rusconi. Le prime opere documentate lo vedono impegnato nella decorazione di altari vivacizzati dalla scultura a tutto tondo che a volte ne è fulcro, a volte complemento.
Nel 1743 scolpì, insieme con Agostino De Ferrari, le statue poste al centro dell'altare della chiesa monastica di Nostra Signora della Misericordia a Genova (oggi istituto dei sordomuti: Santamaria, Un esempio di marmoraro…, pp. 98-100), mentre nel 1749 realizzò "accrescimenti" al seicentesco altare maggiore della chiesa di S. Andrea di Levanto (ora presso la parrocchiale di Fontona), ovverosia le testine angeliche del gradino reggicandelieri e i due grandi angeli ai lati del paliotto. Antecedente alle opere della metà degli anni Cinquanta è certamente la S. Sabina in gloria, già sull'altare maggiore della chiesa omonima e ora nella chiesa nuova di S. Sabina a Genova. Assegnata allo scultore dalle fonti (Ratti, 1766, p. 160; Alizeri, 1846, p. 594, e 1864, p. 89), è un'immagine di magnifico impatto ancora tardobarocco caratterizzata dall'asimmetrico arco di nubi su cui si erge la santa (Franchini Guelfi, 1987, pp. 45 s., e 1988, p. 273). Fra il 1754 e il 1756 il M. realizzò lo scenografico altare in marmi policromi e la statua di S. Giuseppe per la cappella dedicata al santo nella chiesa di S. Caterina a Rossiglione Superiore, l'uno in forme morbidamente sagomate, l'altra, dalle proporzioni minute, risolta in un atteggiamento frontale assai composto per le pieghe pesanti e diligenti del manto. Nella stessa chiesa, entro il 1757, venne completato anche l'altare dedicato alla Madonna del Carmine, la cui assoluta identità con quello speculare di S. Giuseppe permette l'attribuzione allo stesso scalpello. Non sembrerebbe sua, a giudicare dalla conduzione formale dei volumi, la scultura mariana ospitata nella nicchia centrale di questo altare. La consuetudine instaurata dal M. con la comunità rossiglionese si concluse nel 1760, quando egli fornì alcuni elementi dell'arredo marmoreo per la cappella della Misericordia (Franchini Guelfi, 1987, pp. 41-46). La successiva impresa documentata risale al 1770, quando la parrocchiale di Molare commissionò allo scultore il Battesimo di Cristo, il pavimento e la balaustrata del battistero; l'anno successivo venne ordinato dalla stessa fabbriceria anche l'altare maggiore, del tutto manomesso nel corso dell'Ottocento (Repetto, pp. 25 s.). Nel 1777-80 scolpì la statua dell'Angelo custode nella chiesa di S. Siro a Genova Nervi, dove prevale un'accademica compostezza nell'articolazione delle pose e nella conduzione dei panneggi (Franchini Guelfi, 1988, pp. 273, 292): in quell'occasione il M. subentrò nell'esecuzione delle parti di figura dell'intero altare alla commissione, a cui è allegato anche il disegno, sottoscritta dal marmoraro Carlo Bignetti il 25 marzo 1776 (Santamaria, I costi del marmo…, pp. 210, 216 s.).
Il grandioso altare maggiore nella chiesa parrocchiale di S. Maria a Bogliasco, collocato nel presbiterio nel 1783 unitamente alla posa della pavimentazione nell'intera aula, mostra una solida e articolata costruzione architettonica di stampo già neoclassico per l'impiego di un paliotto rettangolare scandito da coppie di colonnine e da motivi decorativi rigorosamente geometrici e per l'inserimento, ai lati, di due angeli concepiti come sculture autonome dalle pose solenni e dalle superfici ampie e terse (Franchini Guelfi, 1994, p. 69). Dal 1784 al 1786 il M. si occupò dell'esecuzione del monumento per la città di Carloforte, nell'isola di San Pietro nell'arcipelago del Sulcis, raffigurante Carlo Emanuele III di Savoia, colto in veste di imperatore romano (Alizeri, 1864, p. 89; Vallebona, pp. 77-82; Franchini Guelfi, 1988, pp. 272, 292).
Risultano dispersi i quattro putti scolpiti nel 1752 per Giuseppe Maria Durazzo (Puncuh, p. 212) e una "Venere con alcuni putti" segnalata in Accademia Ligustica (Ratti, 1766, p. 284).
Considerato "reliquia del vecchio stile" da Alizeri (1865, p. 188), lo scultore ebbe in realtà la capacità di adeguare la cultura tardobarocca che improntò la sua formazione alla compostezza classicheggiante in voga dalla metà del secolo, meritandosi l'ingresso nel corpo docente dell'Accademia Ligustica di belle arti dal 1752, dove ricoprì anche la carica di direttore (1789-90). Proprio in occasione del suo ingresso, donò all'Accademia un medaglione in marmo, ora nei depositi del Museo di S. Agostino a Genova, con l'effigie di Giovan Francesco Doria, defunto nel 1752 e fondatore dell'istituzione (Staglieno, pp. 22 s., 221; Sommariva).
La sua ultima partecipazione alle riunioni in Ligustica è documentata al 2 febbr. 1798; l'8 marzo dello stesso anno morì all'età di ottantacinque anni, come testimonia la registrazione rinvenuta nella chiesa parrocchiale di S. Maria delle Vigne (Alizeri, 1864, p. 168; Franchini Guelfi, 1987, p. 54 n. 61).
I due figli, Bernardino e Sebastiano, furono avviati alla professione di scultori dal padre e collaborarono con lui soprattutto nella realizzazione di opere più strettamente collegate all'attività di marmorari, come per esempio la pavimentazione della chiesa parrocchiale di Bogliasco (Franchini Guelfi, 1994, p. 72). Si conosce il dato anagrafico relativo alla morte di Sebastiano avvenuta nel 1823 (Alizeri, 1864, p. 168) e quello riguardante la nascita di Bernardino, verso il 1753 (Staglieno, p. 223). Quest'ultimo, divenuto accademico nel 1775, donò all'istituzione una scultura, oggi perduta, raffigurante Atalanta; mentre Sebastiano, che fece il suo ingresso in Ligustica nel 1789, realizzò per l'occasione un Piritoo inseguito da Cerbero, anch'esso perduto (Alizeri, 1864, p. 168, e 1865, pp. 188 s.). Entrambi furono direttori dell'Accademia negli anni compresi fra il 1809 e il 1811 (Staglieno, pp. 222 s., 245). Nel 1771 si occuparono di allestire il trionfo per l'elezione dogale di Giovanni Battista Cambiaso, secondo canoni idealizzanti ispirati alla Grecia classica e all'antica Roma (Alizeri, 1865, p. 200). Nel 1787 e nel 1795 realizzarono rispettivamente il pavimento e le specchiature marmoree alle pareti della zona presbiterale e l'altare della Maddalena nella chiesa di S. Siro a Genova-Nervi (Franchini Guelfi, 1988, p. 292). Presero parte all'esecuzione del gruppo scultoreo con la Gloria di s. Leonardo, secondo Alizeri (1864, p. 173) dedicandosi in particolare alle mani, scolpito da Pasquale Bocciardo su modello di Andrea Casaregi per la distrutta chiesa di S. Maria della Pace a Genova e ora nella chiesa della Visitazione. Fra il 1796 e il 1800 eseguirono le statue progettate da Nicolò Traverso e Francesco Ravaschio per la chiesa genovese di Nostra Signora del Rimedio.
Fonti e Bibl.: C.G. Ratti, Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura ed architettura, Genova 1766, pp. 160, 284; Id., Instruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova…, ibid. 1780, p. 177; F. Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, I, Genova 1846, p. 594; M. Staglieno, Memorie e documenti sulla Accademia Ligustica di belle arti, Genova 1862, pp. 22 s., 221-223, 241, 245; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno dalla fondazione dell'Accademia, I, Genova 1864, pp. 89, 140, 143, 168, 173, 204; II, ibid. 1865, pp. 165, 188 s., 200, 210; Id., Guida illustrativa del cittadino e del forastiero per la città di Genova e sue adiacenze, Genova 1875, p. 402; G. Vallebona, Carloforte. Storia di una colonizzazione (1738-1810), Carloforte 1962, pp. 77-82; F. Sborgi, Pittura e cultura artistica nell'Accademia Ligustica a Genova 1751-1920, Genova 1974, p. 54 n. 10; D. Puncuh, Collezionismo e commercio di quadri nella Genova sei-settecentesca. Note archivistiche dai registri contabili dei Durazzo, in Rass. degli Archivi di Stato, XLIV (1984), 1, p. 212; F. Franchini Guelfi, Scultura genovese nel Seicento e nel Settecento a Rossiglione Superiore, in C. Martini - F. Franchini Guelfi - B. Repetto, La Madonna degli Angeli a Rossiglione Superiore. Un'opera d'arte nei luoghi e nella devozione di una comunità, Genova 1987, pp. 41-47, 53 s.; V. Belloni, La grande scultura in marmo a Genova (secoli XVII e XVIII), Genova 1988, p. 268; F. Franchini Guelfi, Il Settecento. Theatrum sacrum e magnifico apparato, in La scultura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, Genova 1988, pp. 272 s., 292; Id., L'arredo ligneo e marmoreo, in S. Maria di Bogliasco. Documenti, storia, arte, a cura di C. Paolucci, Genova 1994, pp. 69, 72; A. Cabella, Chiesa di S. Siro. Plebana di Nervi, Genova 1996, p. 9; V. Zattera, La pieve di Ceula. Montale e le 86 chiese in Levanto, Genova 1998, pp. 264 s.; S. Repetto, B.P. M. Il "Battesimo di Cristo" e l'altar maggiore nella chiesa parrocchiale di Nostra Signora della Pieve, in La chiesa parrocchiale N.S. della Pieve in Molare nel bicentenario della sua consacrazione, Molare 2003, pp. 25 s., 39 s.; G. Sommariva, Frammenti e memorie nell'atrio dell'Accademia Ligustica, in Domenico Piola. Frammenti di un barocco ricostruito. Restauri in onore di Ezia Gavazza (catal.), a cura di L. Magnani - G. Rotondi Terminiello, Genova 2003, p. 12; R. Santamaria, I costi del marmo: cappelle, altari, statue, fontane e apparati decorativi per i palazzi e le chiese della città, in "Genua abundat pecuniis". Finanza, commerci e lusso a Genova tra XVII e XVIII secolo (catal.), Genova 2005, pp. 205-217; Id., Un esempio di marmoraro nella Genova settecentesca: Alessandro Aprile e la sua bottega, in La Valle Intelvi, 2005, n. 10, pp. 98-100; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 43.