BERNARDO Pisano, detto Pisanello
Nacque in Firenze il 12 ott. 1490, da Benedetto di Piero di ser Lorenzo Pagoli (Paoli) e da Annalena di Antonio di Lionardo de' Ferrucci, e fu battezzato il 14 dello stesso mese, come risulta dal registro battesimale del duomo di Firenze.
Non si sa da dove gli sia venuto il soprannome di Pisano, poiché dai documenti si rileva che i suoi antenati risiedettero in Firenze fin dal principio del sec. XV. Probabilmente fu detto Pisano in seguito a un suo lungo soggiorno in Pisa.
Studiò alla scuola di canto e di grammatica di S. Maria del Fiore, come si deduce da un documento del 1507, nel quale è indicato come chierico del duomo. Nella stessa epoca è anche menzionato come cantore di laudi alla SS. Annunziata, dal che si può ritenere che studiasse con i compositori fiorentini Alessandro Coppini e Bartolomeo degli Organi, nonché con il fiammingo Heinrich Isaac, pure egli operante in Firenze.
Dall'autunno del 1507 all'autunno del 1511 B. visse fuori Firenze e può darsi che proprio in questi anni egli studiasse presso l'università di Pisa. Al suo ritorno in città fu nominato maestro dei chierici nella scuola del duomo, avendo nel frattempo preso gli ordini sacri. Dal 22 ott. 1512 ebbe il titolo di maestro di cappella di S. Maria del Fiore, carica che si può ritenere gli venisse attribuita grazie all'intervento del cardinale Giovanni de' Medici (poi Leone X), con il quale B. fu probabilmente in cordiali rapporti. Contemporaneamente venne anche nominato cantore (contralto) della cappella di S. Giovanni: infatti nella primavera del 1513 ottenne dalla chiesa di S. Giovanni il permesso di recarsi a Roma con Giovanni Tornabuoni, indubbiamente per partecipare alle feste per l'incoronazione di Leone X. Più tardi si dimise da S. Giovanni per rimanere in Roma, dove il pontefice lo nominò cantore della cappella papale il 20 ag. 1514: per tutto il resto della sua vita mantenne poi tale incarico. La presenza di B. nella sede pontificia ebbe notevolissima importanza per il suo sviluppo artistico, non solamente per gli stretti rapporti con i musicisti oltremontani, dai quali era quasi esclusivamente costituita la cappella papale, che influenzarono il suo stile musicale, ma anche perché la personalità del Bembo e il culto del petrarchismo ebbero gran parte nella sua scelta dei testi da porre in musica.
Nel decennio seguente B. viaggiò spesso tra Roma e Firenze, probabilmente su richiesta di Leone X, che dovette affidargli anche incarichi di natura politica. Così il 4 luglio 1515 riassunse il suo ufficio in S. Giovanni. riprendendo contemporaneamente anche il proprio compito in S. Maria dei Fiore. Un anno dopo era a Roma, dove l'11 luglio 1516 fu testimone in un contratto firmato da Michelangelo. Rientrato in Firenze nell'autunno dello stesso anno, divenne cappellano di S. Giovanni, carica mantenuta fino all'11 ag. 1519. Il 17 febbr. 1519 Leone X l'aveva nominato canonico dei duomo di Segovia, beneficio poi sostituito da quello più rimunerativo presso il duomo di Lerida. Dopo la morte di Leone X, B. continuò a prestare la sua opera nella cappella papale, durante i pontificati di Adriano VI e di Clemente VII. Ma nel 1529, durante la rivolta contro i Medici, ritornò in Firenze; qui, essendo stato accusato di essere una spia del papa, fu imprigionato e poi espulso dalla città. Riassunse allora il servizio nella cappella papale e nella primavera del 1538 entrò a far parte del seguito che accompagnò Paolo III a Nizza.
Rientrato a Firenze, come rettore di S. Giovannino, nell'anno 1541, B. dopo pochi anni ritornò definitivamente a Roma, dove morì il 23 genn. 1548. Fu sepolto in S. Maria sopra Minerva, accanto ai due papi medicei che gli erano stati amici e mecenati.
Intimo del Varchi e del Caro, B. fu anche amico dei più noti poeti fiorentini e letterati del tempo, fra cui i fratelli Lorenzo e Filippo Strozzi. Infatti almeno dodici delle trentacinque composizioni profane musicate da B., o a lui attribuite, sono di Lorenzo Strozzi. Secondo il Varchi, quando Filippo Strozzi, caduto in disgrazia, si ritirò nel 1527 nella sua villa degli Orti Oricellari, si dedicò con l'aiuto di B. a correggere i manoscritti di Plinio il Vecchio nella lezione di Ermolao Barbaro. A questa collaborazione fa riferimento una lettera di B. conservata fra le Carte Strozziane dell'Archivio di Stato di Firenze. Il contributo personale di B. agli studi classici è rappresentato da un'edizione degli scritti di L. Apulcio (Firenze, Giunta, 1522), dedicata a Filippo Strozzi, sul cui frontespizio si sottoscrive come "Bernardus Philomathes Pisanus". Il Bandini (1791) scrive di aver saputo che altre edizioni curate dallo stesso B. di opere classiche avrebbero dovuto esistere nella Biblioteca Magliabechiana, ma che nongli fu possibile reperirle. Da allora nessun'altra notizia è dato di aggiungere.
Le trentacinque composizioni profane si conservano,partein manoscritti di Firenze (Bibl. Naz. Centrale, Magl. XIX, 164-167; B. R. 337; Bibl. del conservatorio, Basevi 2440) e di Bologna (Bibl. del conservatorio, Q. 21), e parte a stampa nel Vero libro di madrigali a 3 di Costanzo Festa (Venezia, Gardano, 1543, e ristampe posteriori) e nell'opera Musica de meser Bernardo pisano sopra le Canzone del petrarcha, pubblicata a Fossombrone nel 1520 da Ottaviano Petrucci, che ci è pervenuta nelle sole parti di altus e bassus (Siviglia, Bibi. Colombina). Quest'ultima è la sola edizione del Petrucci dedicata a composizioni profane di un singolo musicista, quindi è sicura prova dell'importanza attribuita all'opera di B. da quell'editore intraprendente e avveduto.
Nella produzione profana di B. è possibile distinguere due stili. Il primo di essi (nelle composizioni che sono anteriori all'anno 1513) si rifà direttamente ai modelli di precedenti maestri fiorentini, quali Bartolomeo degli Organi e Alessandro Coppini. La scrittura omofona per 3 o 4 voci vi prevale e la composizione si attiene generalmente a forme fisse di ballata o canzonetta. Il più tardo stile di B., testimoniato dalle composizioni su testi del Petrarca o di Lorenzo Strozzi, rivela l'influsso letterario del Bembo e dimostra che durante la seconda decade del sec. XVI egli si impadronì completamente dell'arte degli Oltremontani fondendola felicemente con il nativo carattere italiano. Le composizioni di questo stile sono scritte per 4 voci, mentre omofonia e contrappunto si alternano secondo le varie sfumature del testo nel tentativo di giungere ad una corrispondente espressione musicale. Molte di queste composizioni sono anche strofiche, cioè la stesura musicale della prima stanza può servire anche per le successive, e non si tratta evidentemente di composizioni madrigalesche complete; poche altre invece, e precisamente quelle sul dialogo in una sola strofa dello Strozzi in forma di ballata "Son io, donna", rivelano un B. che si muove nel senso del più tardo stile madrigalesco.
Ma quanto B. realmente partecipasse allo sviluppo di questa forma rimane da discutere, poiché non ci è pervenuta alcuna sua composizione scritta dopo il 1520. Tuttavia non c'è dubbio che le sue ultime composizioni, pubblicate dal Petrucci nel 1520, ebbero notevole influsso sui primi madrigali di C. Festa e dell'Arcadelt, suoi colleghi nella cappella pontificia, nonché del Verdelot, che dovette incontrare a Roma e a Firenze. E se non è possibile determinare il preciso contributo di B. al madrigale cinquecentesco, è certo, ad ogni modo, che egli fu tra le figure predominanti inquesto movimento. Delle sue composizioni sacre, conosciamo solamente il manoscritto fiorentino (Bibl. Naz. Centrale, II, I. 350) di una serie non completa di Responsori mattutini per i tre ultimi giorni della settimana santa (uno per il giovedì, nove per il venerdì e nove per il sabato santo). Dalla prefazione dei Responsoria di Francesco Corteccia (Venezia 1570) risulta che B. scrisse tali composizioni nel periodo in cui resse la cappella di S. Maria del Fiore, fra il 1511 e il 1520. Sono in uno stile semplice, omofono, a quattro voci, dal registro scuro più adatto alla circostanza.
Bibl.: A. Bandini, De Fiorentina Iuntarum Tipographia, I, Lucca 1791, pp. 122 s.; B. Varchi, Storia fiorentina, II, Firenze 1858, pp. 146, 325; R. Gandolfi, Intorno al codice membranaceo n. 2440…, in Riv. music. ital., XVIII(1911),pp. 537 ss.; K. Jeppesen, Die neuentdeckten Bücher der Lauden des Ottaviano dei Perrucci und andere musikalische Seltenheiten der Biblioteca Colombina zu Sevilla, in Zeitschrift für Musikwissenschaft, XII(1929-30), pp. 76, 86 s.; A. Einstein, Dante on the way to the madrigal, in The Musical Quarterly, XXV(1939), pp. 144 s., 152 s.; C. Sartori, Bibliogr. delle opere musicali stampate da O. Petrucci, Firenze 1948, pp. 190 s.; A. Einstein, The Italian madrigal, I, Princeton 1949, pp.128-135; III, pp. 3 s.; H. W. Frey, Regesten zur päpstlichen Kapelle unter Leo X, und zu seiner Privatkapelle, in Die Musikforschung, VIII (1955), p. 63; C. Gallico, Un canzoniere musicale ital. del Cinquecento, Firenze 1961, pp. 128 s.; F. D'Accone, B. P. An introd. to his life andworks,in Musica disciplina,XVII(1963), pp. 115-135; B. P., Collected-Works, a cura di F. D'Accone, in Music of the Fiorentine Renaissance, I, Roma 1966.