Riccomanni, Bernardo
Figlio di Lapo e di Tana Alighieri, Bernardo doveva aver preso l'abito francescano nel convento fiorentino di Santa Croce in tenerissima età; e probabilmente non aveva ancora fatto la professione solenne quando nel 1295 sua sorella Galizia sposò Bartolo di Filippo Magaldi.
È dal 1297 che si comincia a trovare il nome di frate Bernardo (non sappiamo se questo fosse il suo nome di battesimo o quello preso entrando in religione) dei R. nelle imbreviature del notaio ser Opizzo da Pontremoli, che fu scriba dell'inquisitore dell'eretica pravità in Toscana, il quale inquisitore a quel tempo era un francescano che viveva in quel convento di Santa Croce, svolgendo la sua attività di notaio o nel convento o nella chiesa o nella piazza di Santa Croce o in quei paraggi (come nel popolo di San Simone); l'11 febbraio 1297, e il 31 marzo 1298, testimone ad atti compiuti davanti a quel notaio. Il giovane frate è ricordato nel testamento di Ghisola del fu messer Cece dei Buondelmonti, la quale in un codicillo del 12 agosto 1298 lascia a frate " Bernarduccio " 20 soldi; mentre Bellizia, vedova di Gherardo del Mugnaio, nel testamento del 20 luglio 1299 gli fa un legato di 40 soldi. Quelli erano gli anni in cui abitava nel convento di Santa Croce anche il vecchio frate Marzucco degli Scornigiani da Pisa (v.). Dopo il 1299, non si trova più menzione di frate Bernardo in quel convento, ed è probabile che, fatta la solenne professione, venisse assegnato a un'altra famiglia conventuale della Custodia di Firenze o inviato in altra Custodia.
Per il Barbi, frate Bernardo doveva essere premorto al padre Lapo (comparso prima del novembre 1315) in quanto non è ricordato nel suo testamento e doveva anche essere morto quando nel maggio 1315 si presentò l'opportunità per il rientro di D. in patria. Da alcune ricerche di R. Piattoli è risultato invece che il frate dei R. era ancora vivo il 21 agosto 1347 e risiedeva nel convento di Santa Croce di Firenze; mentre era già deceduto nel gennaio 1353, travolto probabilmente nella terribile pestilenza del 1348, Il Piattoli inoltre propone di vedere in Bernardo il destinatario dell'epistola all'Amico fiorentino (Ep XII) e a un tempo il nipote di D. ricordato in quell'epistola stessa. Egli raggiunge lo scopo mediante una nuova interpretazione del testo latino del passo vestras meique nepotis (§ 3), che egli muta in vestri meique nepotis, e, volendo (però non ve n'è strettissimo bisogno per conseguire il fine), col ricorrere all'emendamento di meique in mei, al posto di quella di vestri in vestras proposta dal Barbi e accettata finora.
B. dei R. è l'unico tra i congiunti di D., almeno sino alla metà del Trecento, che ci ha lasciato suoi autografi (cfr. sue annotazioni nel codice Conventi Soppressi D 5 220 della bibl. Nazionale di Firenze, e nel Laurenziano Plut. 29, dex. 3). Riguardo alle annotazioni predette vedasi anche C.T. Davis, The early Collection of Books of S. Croce in Florence, in " Proceedings of the American Philosophical Society " CVII (1963) 407-409.
Bibl.-Archivio di Stato di Firenze, Notarile antecosimiano, 0-2, Imbreviature di ser Opizzo da Pontremoli, volume di testamenti dal 1296 al 1311; M. Barbi, Per un passo dell'Epistola all'Amico Fiorentino, in " Studi d. " II (1920) 130-131 (poi in Problemi II 305-328); Piattoli, Aggiunte 75-108.