SANTUCCI, Bernardo
– Nacque a Cortona (Arezzo) il 4 settembre 1701, da Carlo Santucci e da Maria Rosa Galeazze. Il fratello maggiore, Pier Antonio (1691-1763), sacerdote, fu autore di opere di teologia.
Dopo aver esercitato la pratica medica per un periodo a Firenze, nell’ospedale di S. Maria Nuova, si laureò in medicina a Bologna il 17 maggio 1727, tornando poi a risiedere a Firenze e legandosi, come il fratello, alla corte di Violante Beatrice di Baviera, vedova del principe Ferdinando de’ Medici.
In una data imprecisata, ma anteriore al giugno 1729, quando è documentato un suo intervento sul pittore Francisco Vieira Lusitano, che lo ringrazia in un suo poema per averlo curato per una ferita, esaltandone la competenza, Santucci partì per Lisbona, dove si erano trasferiti già diversi medici italiani. Il suo soggiorno si inquadrava nella politica di riforma culturale del re João V di Braganza, che aveva a corte astronomi, architetti e altri scienziati e tecnici italiani; è probabile che a raccomandarlo fosse stata la stessa principessa Violante Beatrice. Il 4 febbraio 1732, Santucci iniziò a insegnare anatomia nell’ospedale reale di Todos os Santos di Lisbona, la massima istituzione assistenziale del Paese (Abreu, 2016), sostituendo nell’incarico il catalano Antonio Monravà y Roca, con il quale aveva avuto rapporti difficili – fu accusato di averlo criticato per incapacità – e che era stato messo a riposo. Santucci ricevette per la cattedra 480.000 réis; era obbligato a risiedere nei pressi dell’ospedale.
Il suo insegnamento, come si ricava dal decreto reale di nomina e più ancora dal minuzioso regolamento concernente le sue attività (Alvará del 23 maggio 1732, riportato in Franco, 1925, pp. 15-17), era rivolto ai chirurghi e consisteva di tre lezioni pubbliche alla settimana, più una serie di dissezioni anche pubbliche, da tenersi nei mesi di dicembre e gennaio. A richiesta, poteva anche eseguire dissezioni in privato per scopi specifici ed era tenuto comunque a praticare autopsie per chiarire la causa di morti sospette. Nonostante che nelle lezioni si desse grande importanza alla topografia di vene e arterie e alla struttura di muscoli e ossa, tutti argomenti specificamente indirizzati ai chirurghi, tradizionalmente tenuti a eseguire salassi, riduzione delle fratture e interventi sulle parti solide del corpo, l’insegnamento si rivolgeva anche ai medici. L’incarico di insegnamento prevedeva pure un ruolo clinico, essendo Santucci tenuto a rispondere a consulti riguardanti i pazienti dell’ospedale. Inoltre, l’ospedale doveva garantire al professore un numero di cadaveri adeguato alle esigenze dell’insegnamento.
Nel 1739 venne pubblicata a Lisbona l’Anatomia do corpo humano. Dall’unica ma importante opera di Santucci, un compendio di conoscenze anatomiche e mediche a uso dei chirurghi, si ricava quale dovesse essere il carattere del suo insegnamento e la sua idea di scienza anatomica.
Nell’epistola al lettore, citando tra gli altri Giorgio Baglivi – dal quale Santucci riprende la centralità della nozione di fibra – e Marcello Malpighi, risponde all’obiezione corrente sull’inutilità dell’anatomia per la terapeutica, chiarendo che questo sapere è necessario per conoscere «a origen dos malos, as suas causas» (p. n.n., § 4v). Inserendosi in una corrente di studi che considerava l’anatomia essenziale per la ricostruzione delle cause dei morbi, una corrente che si era sviluppata in Italia in ambienti ospedalieri e accademici e che poco dopo sarebbe stata resa sistematica da Giovan Battista Morgagni, Santucci portava in un’area periferica dell’Europa medica le tematiche e le controversie di quella che era chiamata anatomia practica, e che di lì a poco sarebbe diventata anatomia patologica. Il testo propone quindi una cultura medica avanzata, dichiaratamente ‘moderna’, arricchita di apporti chimici (ad esempio, nella descrizione dei diversi ‘succi’ presenti nel corpo, analizzati secondo tecniche distillatorie) e ispirata dalle nuove teorie in campi diversi: la generazione umana, la circolazione del sangue e quella linfatica.
Il testo di Santucci è scritto in portoghese anziché in latino, una scelta comprensibile visto che era rivolto ai chirurghi, anche se non è certo che a redigerla in portoghese sia stato lo stesso autore. Esso comunque rappresenta anche il primo esempio di una nomenclatura anatomica in questa lingua. Il volume è arricchito da 18 tavole incise da João Miguel Le Bouteux, un francese attivo in Portogallo in quegli anni. L’Anatomia fu criticata da Monravà, che nel 1739 pubblicò il Desterro critico, un lungo libello dove si attaccava Santucci per la sua adesione a teorie e pratiche scientifiche giudicate ‘moderne’ e quindi inesatte: tra queste l’uso del microscopio (ad esempio, nell’osservazione degli spermatozoi, che Santucci ricavava dai lavori di Anton van Leeuwenhoek).
Nel 1739, forse a causa dell’influenza esercitata a corte da Monravà, o per resistenze di altro genere, gli giunse l’ordine reale di sospendere le esercitazioni pratiche su cadavere, tenendo solo lezioni teoriche. Nonostante la proibizione, e forse aggirandola almeno in parte, Santucci insegnò fino al 1747. Alla sua scuola si formò un’intera generazione di chirurghi e anatomisti, molti dei quali, come spesso avveniva nel Settecento, intrapresero una carriera nell’esercito. Il percorso professionale di Santucci dimostra quanto fosse ancora grande l’influenza della scuola italiana di anatomia e chirurgia ospedaliera, e come i tempi fossero maturi, in tutta Europa, per un ruolo attivo dei chirurghi. Alcuni allievi di Santucci insegnarono in seguito a Coimbra, che essendo la sola università del Paese era anche la sola abilitata a formare i medici physici. C’è traccia anche di altre attività di Santucci: nel 1742, ad esempio, fu chiamato a esaminare fisicamente per il tribunale dell’Inquisizione una donna il cui genere non era certo, Maria Duran (Lisbona, Arquivo Nacional da Torre do Tombo, Inquisição de Lisboa, proc. 9, 230, c. 316r, cit. in Soyer, 2012, p. 266).
A Lisbona, nel 1736, sposò Maria Giuseppa Jorge, di origini italiane. Nel 1749 tornò per un breve periodo in Italia, dove aveva forse sperato di stabilirsi, come è testimoniato da una lettera a Marcello Venuti del 22 marzo 1749, al quale si era rivolto chiedendo aiuto per tornare a Cortona (Biblioteca dell’Accademia Etrusca, cod. Cort., 571, c. 253, trascritta in Franco, 1925, pp. 84 s.). Dalla lettera si ricava anche che Santucci avrebbe posseduto un museo, probabilmente una collezione anatomica, anche se si sa che Vieira Lusitano gli aveva fatto dono di una sua pittura. Di ritorno a Lisbona, Santucci trovò che il suo insegnamento, per intervento di Sebastião José de Carvalho e Melo, marchese di Pombal, era stato assegnato al francese Pierre Dufau. Nel 1751 fu nominato dal re José I cavaliere dell’Ordine di S. Thiago, con una pensione annua di 30.000 réis.
Morì a Firenze il 3 maggio 1764 e fu sepolto nella chiesa dell’Annunziata.
Fonti e Bibl.: A. de Monravà y Roca, Desterro critico das falsas anatomias que hum anatomico novo deu à luz, Lisboa Occidental 1739; B. Santucci, Anatomia do corpo humano, recopilada com doutrinas medicas, chimicas, filosoficas, mathematicas, Lisboa Occidental 1739; E.E. Franco, Un anatomico italiano professore a Lisbona nel secolo XVIII, B. S. da Cortona. Bio-bibliografia documentata e illustrata da figure, Arezzo 1925; M.M. Angeli, Nuove lettere di Marcello Venuti, in Annuario dell’Accademia etrusca di Cortona, 2002-2003, vol. 30, pp. 45-77; F. Soyer, Ambiguos gender in early modern Spain and Portugal, Leiden 2012, p. 266; L. Abreu, The political and social dynamics of poverty, poor relief and health care in Portugal, London-New York 2016.