BERTILLA
Moglie di Berengario, duca-marchese del Friuli e re d'Italia, figlia di Suppone II, conte di Parma, e di Berta, figlia di Vifredo I, conte di Piacenza, sia l'uno sia l'altra di cospicua famiglia di origine franco-salica; intorno all'870-875 sposò Berengario che stava per diventare, o era da poco diventato, marchese del Friuli. I suoi fratelli Adelgiso II, Vifredo II e Bosone III furono al fianco di Berengario nella contesa con Guido III di Spoleto per la corona del regno d'Italia.
Il solo episodio della vita di Berengario nel quale B. risulti direttamente implicata è quello cui accenna, dolendosene, l'arcivescovo Giovanni di Ravenna in una lettera a un vescovo del quale non sappiamo il nome: nel momento in cui Berengario (906-907?) stava disponendosi a partire per Roma, dove Sergio III avrebbe dovuto incoronarlo imperatore, il conte Didone aveva occupato alcuni beni della Chiesa ravennate, in località Saltopiano (presso S. Giovanni in Persiceto), asserendo di agire in nome di B. (S. Loewenfeld, Acht Briefe aus der Zeit König Berengars gedruckt und erlautert in Ceriani e Porro, Il rotolo opistografo del principe Antonio Pio di Savoia, in Neues Archiv, IX [1883], 2, p. 522).
B. è citata in diciotto diplomi del marito come interveniente a favore di chiese e monasteri e di persone di ogni ceto: conti, vassalli, fedeli (I diplomi di Berengario I,a cura di L. Schiaparelli, Roma 1903, in Fonti per la storia d'Italia, XXXV, nn. 10, 14, 20, 32, 38, 40, 42, 49, 50, 52, 55, 56, 60, 62, 67, 72, 104, 113). Questi diplomi sono disposti su di un arco di tempo che copre praticamente tutto il periodo precedente l'incoronazione imperiale.
Il nome della seconda moglie di Berengario, Anna, compare per la prima volta in un diploma di poco anteriore al dic. 915 (ibid.,n. 107) e, perciò, la menzione dell'intervento di B. in un diploma in cui Berengario è già imperatore (ibid., n. 113) deve essere un'interpolazione derivata da un diploma precedente oppure un riferimento relativo al momento dell'actio, e conservato poi in sede di documentatio, sebbene B. fosse morta durante l'intervallo fra i due momenti. Non fu, comunque, la sua morte che poté passare inosservata: due versi dei Gesta Berengari (a cura di P. de Winterfeld, in Mon. Germ. Hist., Poëtae Latini Medii Aevi, IV, 1, Berolini 1899, lib. II, vv. 79-80, p. 375) accennano infatti a un veneficio che la sventurata B. avrebbe in qualche modo attirato su di sé per avere prestato l'orecchio alle suggestioni di una novella Circe. Una glossa contemporanea al testo dei Gesta precisa che la regina, avendo dato retta alla cattiva consigliera, "permutavit statum rationis honeste". Quanto basta perché si possa avanzare l'ipotesi che nel veneficio abbia avuto parte chi era in posizione di sentirsi più direttamente colpito dall'improvviso cambiamento intervenuto nella condotta della non più giovane regina, cioè a dire suo marito, al quale appunto il panegirista autore dei Gesta cercherebbe di fornire qui una giustificazione, ma senza nominarlo espressamente come responsabile dell'accaduto. Da notare che, mentre èstata ventilata la possibilità che Bosone III e Vifredo II abbiano tentato di ribellarsi contro il cognato uxoricida, un altro fratello di B., il vescovo di Brescia Ardingo, ancora nel 922 era "archicancellarius" di Berengario.
A giorni più sereni dell'unione fra B. e Berengario ci riporta una menzione di entrambi nel sacramentario di Monza del sec. IX, subito dopo l'Exultet.Una loro figlia di nome Berta fu badessa del monastero di S. Giulia di Brescia, col quale sia la famiglia di B. sia quella di Berengario avevano da tempo molteplici legami. Un'altra figlia, Gisella, intorno all'898-899 andò sposa ad Adalberto d'Ivrea.
Bibl.: G. Fasoli, I re d'Italia (888-962),Firenze 1949, pp. 86 s.; E. Hlawitschka, Franken, Alemannen Bayern und Burgunder in Oberitalien (674-962), Freiburg i. Br. 1960, pp. 105, 112, 133, 162-163 e passim.