LARDERA, Berto (Filiberto)
Nacque a La Spezia il 18 dic. 1911 da Carlo e Eugenia Vittoria Mozzachiodi. Di famiglia agiata (il padre era direttore di un cantiere navale), il L. si trasferì a Firenze nel 1926 dove studiò giurisprudenza e dove frequentò la scuola libera del disegno. Risale al 1929 il suo primo viaggio a Parigi (vi tornò nel 1935). Qui fu colpito dalle sculture di C. Brancusi, di A. Maillol e di H. Laurens. Tre anni più tardi, e dopo un corso per allievi ufficiali a Lucca e Milano, aprì, insieme con il pittore G. Peyron, il suo studio al n. 6 di via degli Artisti a Firenze, dove concepì il primo bronzo, un Ritratto del padre (Corà, p. 29) di taglio figurativo. Nello stesso anno soggiornò nel Sud della Francia. Tra il 1941 e il 1942 realizzò due grandi bassorilievi che, fusi in bronzo tre anni dopo con il metallo ricavato dai bossoli della battaglia di Ponte a Ema, costituirono il Monumento ai partigiani caduti a Pian d'Albero. A queste date elaborò le prime sculture bidimensionali che presentò alla galleria Il milione a Milano nel 1942.
Fin dalla prima opera, Miracle I del 1944 (ibid., p. 96), lavorata direttamente con ferro, rame e alluminio, il L. presentò le caratteristiche principali del linguaggio plastico che porterà avanti per tutta la vita, inserendo le sue forme aperte, eleganti e ritmiche, in giochi di piani metallici (esaustivo, in tal senso, lo scritto del L., Valeur des vides dans la sculpture contemporaine, in L'Âge nouveau, 1955, n. 91, pp. 49-54).
Lasciò Firenze e l'Italia nel 1947, quando si trasferì definitivamente a Parigi, nel primo studio in via Rosenwald. L'anno seguente tenne la prima personale alla galleria D. René, dove portò dodici sculture bidimensionali e alcuni disegni. Sempre del 1948 è la prima partecipazione al Salon de mai dove lo scultore espose poi regolarmente ogni anno, fino al 1959. Nel 1949 creò le prime sculture tridimensionali in metallo. L'anno dopo sposò Cécile Corre. A partire dal 1951 realizzò una serie di pezzi unici lavorati unicamente per mano dell'artista: Rythme contrôlé, Rencontre dans la nuit, Cathédrale humaine e Rythme héroïque. Da quest'ultimo lavoro trasse negli anni seguenti anche diverse opere monumentali, come quella collocata nel 1967-68 a Grenoble davanti al Conservatoire national de la région (Corà, p. 77).
Nel 1952, sempre a Parigi, lo scultore si trasferì nello studio della Cité Falguière. La prima scultura murale (Sculpture murale I) di 12 m di altezza per 6 di larghezza, fu realizzata dal L. nel 1953 per villa Pensotti a Legnano. La sua attività proseguì in Europa e negli Stati Uniti, dove espose la prima volta alla galleria Knoedler di New York nel 1957, anno in cui cominciò a lavorare l'acciaio inossidabile. Nel 1958 ricevette dal Comune di Berlino Ovest un'altra importante commissione per la grande scultura in ferro e rame Aube I (dal nome della figlia) che il L. installò al centro del quartiere Hansa. In quell'occasione fu chiamato a insegnare alla Scuola superiore di belle arti di Amburgo, dove si recò regolarmente una settimana al mese fino al 1961 e dove lasciò alcune sculture all'aperto. È datata 1959 la prima scultura a terra, Les heures et les jours, in acciaio inossidabile e ferro, materiali che gli diedero la possibilità di esprimersi nelle grandi dimensioni.
Dello stesso anno è la partecipazione alle Biennali di Venezia, San Paolo e Kassel. Nel 1965 il L. prese la nazionalità francese. Un'altra opera monumentale, Île-de-France, dopo quelle realizzate in questi anni in Francia, Italia, Germania, Stati Uniti e Canada, venne esposta davanti al padiglione francese dell'Esposizione mondiale di Montreal del 1967. La Salle de récréation plastique al Wilhelm Lehmbruk Museum di Duisburg (ibid., pp. 82-84) costituì una ulteriore conquista plastica del L., qui vicino alle modulazioni geometriche di A. Calder.
In questi ultimi due lavori sintetizzò gli elementi formali utilizzati costantemente nella sua carriera: i ferri dentati, le falci, le mezzelune, le strisce rettangolari, i triangoli e i quadrati spesso forati al centro, le punte aguzze e le losanghe, talvolta dipinti di nero, lucido e opaco. Dei materiali prediletti, i metalli, il L. non accentuò, a differenza di molti artisti della sua epoca, il potere corrosivo e drammatico ma espresse il loro grande valore poetico. Per questo motivo le sue sculture trovano i referenti più prossimi nell'opera antiromantica e antinaturalista di C. Brancusi e nei dinamismi di N. Pevsner.
Il L. morì a Parigi il 23 febbr. 1989.
Fonti e Bibl.: M. Seuphor, L., Milano 1953; M. De Micheli, Scultura italiana del dopoguerra, Milano 1958, pp. 143 s., 245-250, 285; M. Seuphor, B. L., Neuchâtel 1960; G. Marchiori, Éléments de la sculpture de L., in Quadrum, n. 11, gennaio 1961, pp. 71-78; I. Jianou, L., Paris 1968; G. Salvagnini, B. L. "Fiorentino", in Libero. Ricerche sulla scultura e le arti applicate del primo Novecento, 1995, n. 5, pp. 1-7; B. L. (catal.), a cura di T. Dufrêne, Grenoble 2002 (con bibl.); B. L. (catal.), a cura di B. Corà, La Spezia 2002; Diz. encicl. Bolaffi…, VI, pp. 195-197; The Dictionary of art, XVIII, pp. 786 s.; Diz. degli artisti liguri, a cura di G. Beringheli, Genova 2001, p. 209.