CORSINI, Bertoldo
Figlio di Gherardo di Filippo nacque il 28 nov. 1415. Erede della tradizione che faceva dei Corsini una di "quelle case popolane antiche che hanno il reggimento" (Ricordo di Piero Guicciardini, in Rubinstein, p. 381), il C., favorevole al partito mediceo, appare abbastanza presto nelle più alte magistrature della città per occuparvi ruoli non sempre di primo piano ma tuttavia rilevanti nel quadro dell'oculata distribuzione delle cariche con la quale Cosimo de' Medici garantiva, attraverso i suoi fedeli, le basi della sua "criptosignoria". Presente nel Collegio dei dodici buonuomini nel 1448, ricoprì l'anno successivo il consolato dell'arte della lana, nell'ambito di quella attività mercantile che egli esercitò come i suoi antenati. Nel 1449 compare anche tra i Sei di mercanzia. Tre anni più tardi fu chiamato a far parte del ben più prestigioso collegio degli Otto di guardia e balia. Nello stesso anno era tratto agli uffici estrinseci della Repubblica ed assumeva il vicariato della Valdelsa; il 1452 lo vide ascendere al priorato. Nel 1454 il suo nome compare ancora nel Collegio dei dodici buonuomini; alla sua presenza nei Consigli venne assicurata anche per il 1455 quando fu chiamato tra i Gonfalonieri di compagnia a rappresentare la Felza di S. Spirito. Due anni dopo, nel 1457, era dei capitani di Parte guelfa, quando in Firenze l'opposizione a Cosimo si andava catalizzando attorno alla figura di Girolamo Machiavelli. Nell'agosto 1458, quando con un colpo di mano il Medici riuscì a stroncare la dissidenza imponendo la Balia con la quale si ripristinarono "le elezioni a mano della Signoria e degli Otto di Guardia, dando agli Otto ancora una volta i poteri speciali di procedere nei casi di reati politici e affidando il nuovo scrutinio alla Balia" (Rubinstein, p. 126), il C. venne chiamato proprio all'ufficio "chiave" degli Otto, i quali avrebbero condannato all'esilio il Machiavelli ed i suoi sostenitori. Nel 1460 egli partì da Firenze alla volta di Scarperia per esercitarvi l'ufficio di vicario per il Mugello. L'anno successivo lo troviamo nuovamente nei Consigli come membro del Collegio dei dodici buonuomini; di lì a poco si sarebbe ancora una volta allontanato dalla città per ricoprire l'importante carica di capitano di Castrocaro, roccaforte di primaria importanza strategica per Firenze. Nel 1462 fu di nuovo chiamato tra gli Otto di guardia, a segno del permanere della sua posizione di prestigio personale e di affidabilità nella linea politica di Cosimo, sempre più malato ma ancora padrone dell'assetto politico della città. In questo stesso anno era uno degli "operai" di S. Maria del Fiore, mentre per il successivo fu nuovamente console della sua arte. Il 1464, data di morte di Cosimo, coincise con una sua podesteria a Castiglion Fiorentino.
Frattanto si maturava in Firenze la reazione repubblicana capeggiata da Luca Pitti, il cui prestigio politico si opponeva a quello di Piero di Cosimo. Il Medici, nel settembre del 1466, grazie al sorteggio di una Signoria a lui favorevole e all'appoggio militare del duca di Milano, riusciva ad imporre, contro le tendenze di ripristino delle consuetudini repubblicane e dei meccanismi di sorteggio per le magistrature, una nuova Balia con la quale si restaurava in pieno il sistema degli accoppiatori, la cui elezione era devoluta non più ai signori ma al Consiglio dei cento, nella speranza che quest'organo si mostrasse, per il partito mediceo, più controllabile. A questo colpo di mano di Piero il Passerini vuole abbia preso parte anche il C.: "nel 1466, per le turbolenze suscitate dai Neroni e dai Pitti fu tra i primi a prendere le armi per la difesa di Piero de' Medici".
Ripristinata la logica medicea secondo la quale "le borse aperte portano pace et unione mentre le borse chiuse discordia e civili dissensioni" (Rubinstein, p. 204), il C. fu inviato capitano in Cortona in attesa di ascendere, due anni più tardi, alla suprema dignità della Repubblica, il gonfalonierato di Giustizia, che tenne per il novembre-dicembre 1468, in concomitanza con lo scioglimento della Balia istituita da Piero. Con la morte di questo (1469) e l'avvento di Lorenzo il ruolo politico del C. non era destinato a subire troppe variazioni. Anch'egli, infatti venne chiamato a far parte della Balia che il Magnifico riuscì a far creare nel luglio del 1471 con lo scopo di procedere al riassetto costituzionale del poco sicuro e manovrabile Consiglio dei cento, gestito di fatto da una oligarchia filomedicea sì, ma alquanto disunita, che avrebbe potuto trovare nell'unione una ipotizzabile opposizione a Lorenzo. Il nome del C., tuttavia - e ciò a conferma di una importanza politica al momento relativamente modesta - non compare tra i primi quaranta membri elettivi, che dovevano essere scelti dalla Signoria e dai nuovi accoppiatori per l'anno 1471-72, ma tra i rimanenti cooptati da essi; egli è infatti uno degli arroti per il quartiere di S. Spirito. La Balia avrebbe di lì a pochi giorni riformato il Consiglio dei cento, realizzando quello che il Rubinstein definisce "un capolavoro di compromesso politico ed un esempio notevole della tecnica costituzionale fiorentina" (pp. 224 s.). Esautorati ormai gli antichi Consigli statutari, al nuovo Consiglio del cento venivano demandate, ora che era maggiormente controllabile dal Medici, tutte le più importanti decisioni politiche, militari e finanziarie della Repubblica. Il C. che nel 1470, secondo il Passerini, era gonfaloniere di compagnia e nel 1471 faceva parte della Balia, raggiunse in questi anni posizioni di estremo prestigio sia nell'ambito degli uffici estrinseci che in quello degli intrinseci. Nel 1471 era infatti podestà di Arezzo; quattro anni dopo, nel 1475, sedeva nuovamente nel Collegio dei dodici buonuomini ed infine nel 1477 veniva nominato accoppiatore, incarico politico estremamente delicato al quale potevano accedere solo i "rappresentanti della cerchia più ristretta del regime", così come le balie costituivano "l'espressione del più ampio gruppo degli "uomini del reggimento" (Rubinstein, p. 161).
Non è un caso che il suo nome ritorni nuovamente nella Balia che Lorenzo promosse nell'aprile del 1480, dove il C. figura insieme al figlio Piero - suo erede nella vita politica cittadina - tra gli arroti del quartiere di S. Spirito. Si trattava di una Balia che, sotto il pretesto di una più equa ridistribuzione delle gravezze, mirava a costituire la copertura per un ulteriore rimaneggiamento costituzionale, realizzatosi nella istituzione del Consiglio dei settanta. Ed uno dei seggi del nuovo strumento con cui Lorenzo si assicurava la governabilità politica della Repubblica fu occupato dal Corsini.
Personaggio di primo piano, anche se non dei protagonisti, delle vicende della signoria medicea il C., ormai anziano, si dedicò completamente ai remunerativi uffici forestieri; vicario a Vicopisano nel 1482, a Firenzuola nel 1483, nuovamente a Vicopisano nel 1488, tornò come capitano a Pistoia nell'anno successivo. Le fasi finali della sua carriera pubblica non furono ostacolate né dalla morte di Lorenzo né dalla rivoluzione del 1494, quando ricoprì la sua ultima magistratura negli uffici estrinseci come vicario per il Mugello. Morì tre anni dopo, nel dicembre del 1497, lasciando il figlio Piero a continuare il suo ruolo di "uomo del reggimento".
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Mss. Magliabechiani XXVI,135, c. 238; Ibid., Poligrafo Gargani, 673; Ibid., Bibl. Riccardiana, Mss. Riccardiani 2023, cc. 146, 201; G. Cambi, Libro d'istorie, in Delizie degli eruditi toscani, XX, Firenze 1785, pp. 308, 398; XXI, ibid. 1785, p. 7; Il libro di ricordanze dei Corsini, a cura di A. Petrucci, Roma 1965, in Fonti per la storia d'Italia, C, p. 144; E. Repetti, Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana, Firenze 1846, III,c. 494; L. Passerini, Geneal. e storia della famiglia Corsini, Firenze 1858, pp. 95 s.; J. H. Hale, The end of Florentine liberty: the Fortezza da Basso, in Florentine Studies. Politics and society in Renaissance Florence, a cura di N. Rubinstein, London 1968, pp. 515, 528; N. Rubinstein, Il governo di Firenze sotto i Medici (1434-1494), Firenze 1971, pp. 294, 338, 361, 369, 375.