ASHBURNHAM, Bertram
Conte inglese (1797-1878) che acquistò tre importanti collezioni di manoscritti: i fondi Libri (1847), Stowe (1849) e Barrois (1849), che comprendevano ca. 3.600 codici. Le collezioni Libri e Barrois, composte da materiali trafugati dalle biblioteche francesi, furono poi recuperate dalla Bibliothèque Nationale di Parigi; una parte del fondo Libri fu acquistata dalla Laur. di Firenze. La raccolta Stowe passò al British Mus. di Londra nel 1883, mentre il materiale irlandese contenutovi fu depositato presso la Royal Irish Acad. di Dublino, compreso il Messale Stowe (D 23 sup. d.).Nel corso della sua vita A. acquistò anche, tra il 1844 e il 1877, ca. duecentocinquanta manoscritti singoli. Nel 1897 questa raccolta, la c.d. Ashburnham Appendix fu comprata da Henry Yates Thompson, che conservò i più begli esemplari miniati e vendette il resto (Sotheby, 1 maggio 1899). Nel 1919 anche la collezione Yates Thompson fu smembrata e diversi manoscritti già appartenenti ad A. furono acquistati dalla Pierp. Morgan Lib. di New York: tra questi vanno ricordati particolarmente il Vangelo di Lindau (M. 1) e un manoscritto dell'Apocalisse di Beato redatto intorno al 926, con 93 miniature (M. 644).
Bibl.: L. Delisle, Les manuscrits des fonds Libri et Barrois, Paris 1888; H. Omont, Catalogue des manuscrits Ashburnam-Barrois acquis en 1901, Paris 1902; M.P. Harrsen, B. da Costa Green, C.R. Morey, The Pierpont Morgan Library. Exhibition of illuminated manuscripts held at the New York Public Library, cat., New York 1934, pp. 4, 8; F. Wormald, The Yates Thompson Manuscripts, BrMusQ 16, 1951-1952, pp. 4-6; A.N.L. Munby, 'The earl and the thief'. 'The triumph of Delisle: a sequel', Harvard Library Bulletin 17, 1969, pp. 5-21, 279-290; id., Connoisseurs and Medieval Miniatures 1750-1850, Oxford 1972, pp. 120-138.M. Gibson
È il solo Pentateuco latino miniato di età altomedievale oggi conservato (Parigi, BN, nouv. acq. lat. 2334).Di datazione e origine incerta, il Pentateuco di A. è stato attribuito, sulla base della scrittura, del testo e dello stile delle miniature, alla fine del 6° o all'inizio del 7° secolo. Lo si è ritenuto un prodotto vuoi dell'Africa settentrionale, vuoi della Spagna, vuoi dell'Illiria, in ogni caso proveniente, come afferma Lowe (CLA, 1950), da "un centro al di fuori della grande corrente latina".Il manoscritto è incompleto, mancando l'intero Deuteronomio. Il codice misura mm. 375310 ed è composto da V+142+IV carte, di cui solamente 129 appartenenti al manoscritto originale, che doveva contare 208 carte in folio fino all'inizio del Deuteronomio. Le rimanenti 13 carte in folio sono sostituzioni merovinge, carolinge o gotiche. La spessa pergamena era suddivisa in 26 fascicoli regolari di 8 carte. Il testo, scritto in onciale, è fondamentalmente quello della Vulgata ma con numerose varianti. La decorazione consiste in un frontespizio a tutta pagina e in 18 miniature, anch'esse quasi tutte a intera pagina. Il manoscritto originale conteneva 69 miniature - 37 erano nel libro della Genesi, 16 in quello dell'Esodo, 3 in quello del Levitico e 13 in quello dei Numeri - oltre alla decorazione pittorica ad arcature che riguarda tutte le tavole dei canoni (Narkiss, 1972). Il frontespizio (c. 2r) elenca i nomi dei libri biblici (in latino e secondo la traslitterazione latina dell'ebraico) inscritti in un arco con cortine che ricorda le antiche rappresentazioni dell'arca della Tōrāh. Tra le miniature figurano: la storia di Adamo ed Eva dopo la cacciata, compresa la scena, non riportata nella Bibbia, della coppia pentita sotto un albero e la vicenda di Caino e Abele (c. 6r); una miniatura a tutta pagina del Diluvio (c. 9r) con la raffigurazione dei giganti annegati, elemento fondato sul Midrāsh; Rebecca chiesta in sposa (c. 21r), con grande abbondanza di particolari descrittivi, tra cui cammelli e servitori negri, il che, tra l'altro, può confermare la provenienza nordafricana del manoscritto; una rappresentazione, in tre scene, di Mosè che riceve le tavole della Legge, le consegna agli Ebrei e prepara il tabernacolo (c. 76r).La miniatura è eseguita a tempera su disegni a penna con iscrizioni latine, per gran parte riscritte sopra la pittura. Quasi tutte le figurazioni sono ordinate in registri, ma raramente gli episodi corrispondono alla sequenza cronologica (si veda in particolare la c. 6r). L'iconografia delle scene è inconsueta: alcuni elementi derivano da fonti midrasciche (Gutmann, 1953-1954), mentre per altri, come quello del Creatore rappresentato in duplice figura umana (c. 1v), non si è potuta ancora individuare un'origine che valga a chiarirne il significato (Narkiss, 1969).La scarsità di manoscritti miniati di questo periodo consente pochi raffronti stilistici; tuttavia la composizione assai densa e lo stile pesante delle figure e della cornice architettonica, confrontati con i mosaici pavimentali, sembrano indicare la provenienza del Pentateuco di A. dall'Africa settentrionale o dalla Spagna, tra la fine del 6° e l'inizio del 7° secolo.Il manoscritto, noto anche come Pentateuco di Tours, si trovava nella Francia orientale già nel sec. 8°, quando uno scriba merovingio operò la sostituzione di alcune pagine mancanti. Nel corso del sec. 9° era conservato in un'abbazia di Tours, ove venne sostituita un'altra pagina mancante e rifatta una delle due figure del 'duplice Creatore'. Il codice esercitò notevole influsso sui miniatori delle bibbie carolinge della c.d. scuola di Tours; ancora nel sec. 11° le pitture murali della chiesa di Saint-Julien di Tours appaiono modellate sul Pentateuco di A. (Grabar, 1957).Durante la Rivoluzione francese, quando le biblioteche monastiche furono disperse, il manoscritto si trovava nella biblioteca della cattedrale di Saint-Gatien a Tours, da dove fu sottratto nel 1843 da G.T.B. Libri, conservatore capo delle biblioteche di Francia. Questi cancellò dal codice le parole Sancti Gatiani, relative alla biblioteca di Saint-Gatien di Tours, vi aggiunse un'iscrizione greca che si riferiva a Grottaferrata in Italia e lo fece rilegare. Il Pentateuco nel 1846 fu acquistato dal libraio londinese Rodd alla grande asta della biblioteca di Libri e venduto nel 1847 al duca di A., su sollecitazione del quale fu pubblicato per la prima volta da von Gebhardt (1883). Solo nel 1888, in occasione della vendita della biblioteca di A., il manoscritto fece ritorno in Francia, acquistato dalla Bibliothèque Nationale di Parigi (Delisle, 1888).
Bibl.: O. von Gebhardt, The Miniatures of the Ashburnham Pentateuch, London 1883; L. Delisle, Les manuscrits des fonds Libri et Barrois, Paris 1888, pp. 1-3; H. Quentin, Mémoire sur l'établissement du texte de la Vulgate (Collectanea Biblica Latina, 6), Roma-Paris 1922, pp. 414-432; CLA, V, 1950, nrr. 693a,b, p. 49; J. Gutmann, The Jewish Origin of the Ashburnham Pentateuch Miniatures, The Jewish Quarterly Review, n.s., 44, 1953-1954, pp. 59-69; H.L. Hempel, Zum Problem der Anfänge der alttestamentlichen Illustration, Zeitschrift für die Alttestamentliche Wissenschaft 69, 1957, pp. 103-131; A. Grabar, Fresques romanes copiées sur les miniatures du Pentateuque de Tours, CahA 9, 1957, pp. 329-341; D.H. Wright, rec. a A. Grabar, C. Nordenfalk, Early Mediaeval Paintings from the Fourth to the Eleventh Century, New York 1957, ArtB 43, 1961, pp. 245-255; A. S. Cahn, A Note: The Missing Model of the Saint-Julien de Tours Frescoes and the Ashburnham Pentateuch Miniatures, CahA 16, 1966, pp. 203-207; B. Narkiss, Towards a further Study of the Ashburnham Pentateuch, ivi, 19, 1969, pp. 45-60; id., Reconstruction of Some of the Original Quires of the Ashburnham Pentateuch, ivi, 22, 1972, pp. 19-38; K. Schubert, Die Miniaturen des Ashburnham Pentateuch im Lichte der rabbinische Tradition, Kairos, n.s., 18, 1976, pp. 155-161; B. Narkiss, Ashburnham Pentateuch, in Age of Spirituality. Late Antique and Early Christian Art, Third to Seventh Century, a cura di K. Weitzmann, cat. (New York 1977-1978), Princeton 1979, nr. 422, pp. 470-472.B. Narkiss