Tavernier, Bertrand
Regista, sceneggiatore e critico cinematografico francese, nato a Lione il 25 aprile 1941. Critico interessato alla rivalutazione del cinema di genere statunitense, come autore ha proposto acute riflessioni sui conflitti generazionali e sociali, secondo una personale lettura storico-politica allargata alle epoche più diverse. Ha saputo inoltre fondere elementi propri del cinema d'avventura con l'attenzione alla componente figurativa, fornendo risultati nei quali la distanza critica dell'occhio del regista ha dato talvolta l'impressione di una calcolata freddezza. La sua vena migliore è comunque risaltata nei film più intimisti, che mettono al centro del racconto gli scontri ma anche gli slanci affettivi nei rapporti familiari e creano torbide atmosfere in cui si rintracciano debiti espressivi nei confronti del noir statunitense degli anni Quaranta. Al Festival di Berlino ha vinto il Premio speciale della giuria per L'horloger de Saint-Paul (1974; L'orologiaio di Saint-Paul) e l'Orso d'oro per L'appât (1995; L'esca), al Festival di Cannes il premio come migliore regista per Un dimanche à la campagne (1984; Una domenica in campagna); ha inoltre ricevuto cinque César.
Si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza, ma dopo solo un anno l'abbandonò per dedicarsi al cinema. Lavorò come addetto stampa (1961-1972) e dal 1963 come critico cinematografico per "Positif", i "Cahiers du cinéma" e "Cinéma": in quest'ultima veste della cinematografia statunitense lodò soprattutto il western e il noir e, tra gli autori francesi, quelli che prediligevano le forme tradizionali nel racconto (Claude Autant-Lara, Christian-Jaque, Jean Grémillon, Jean Delannoy, René Clément), bollati dai critici della Nouvelle vague come esponenti del cinéma de papa. Debuttò dietro la macchina da presa con due episodi di film collettivi, Baiser de Judas in Les baisers (1963, ma distribuito nel 1965; Una voglia matta di donna) e Le jeu de la chance o Une chance esplosive in La chance et l'amour (1964; L'amore e la chance), ma tornò poi all'attività critica, culminata con la pubblicazione, insieme a J.-P. Coursodon, di un importante saggio (Trente ans de cinéma américain, 1970; 2a ed. aggiornata e accresciuta 50 ans de cinéma américain, 1991). Nel 1974 realizzò il suo primo lungometraggio, L'horloger de Saint-Paul, che segnò l'inizio di un lungo e proficuo sodalizio con Philippe Noiret, ma anche dalla collaborazione con gli sceneggiatori Jean Aurenche e Pierre Bost, i quali proprio grazie a T. ripresero a scrivere per il cinema dopo un lungo periodo di inattività. Ambientato nella città natale del regista, offre un riuscito spaccato della provincia francese, sul cui sfondo viene disegnato con estrema partecipazione il dramma di un orologiaio che vede andare in frantumi la sua tranquilla quotidianità dopo l'arresto del figlio.Successivamente T. propose personali riletture di varie epoche storiche: il primo Settecento (Que la fête commence, 1975, Che la festa cominci...); la fine dell'Ottocento (Le juge et l'assassin, 1976, Il giudice e l'assassino); il Senegal degli anni Trenta (Coup de torchon, 1981, Colpo di spugna); i primi del Novecento (Un dimanche à la campagne in cui sono evidenti i richiami alla pittura di C. Monet e J. Renoir); il Medioevo (La passion Béatrice, 1987, Il quarto comandamento); gli ultimi mesi della Prima guerra mondiale (Capitaine Conan, 1996, Capitan Conan) e quelli successivi (La vie et rien d'autre, 1989, La vita e nient'altro); e infine la Parigi del 1942 occupata dai tedeschi, che fa da sfondo al racconto delle vicende di alcune importanti figure del cinema francese (come gli stessi Aurenche e Bost, e i registi Jean Devaivre e Maurice Tourneur) in Laissez-passer (2001).
L'altro filone del cinema di T. è stato l'esplorazione dei sentimenti e dei conflitti tra i personaggi, in storie racchiuse in uno spazio ben più circoscritto e quasi domestico, come quella del regista che, trasferitosi in un appartamento di periferia, vive una storia d'amore con un'inquilina (Des enfants gâtés, 1977, I miei vicini sono simpatici); o la malata terminale i cui ultimi giorni di vita vengono mandati in onda, a sua insaputa, da una rete televisiva (La mort en direct, 1980, La morte in diretta); o ancora l'insegnante che si prende una vacanza per ritrovare sé stessa e le persone a lei più vicine (Une semaine de vacances, 1980, Una settimana di vacanze); e infine il direttore di una scuola materna che deve confrontarsi con l'insensibilità delle autorità scolastiche (Ça commence aujourd'hui, 1999, Ricomincia da oggi). In questo gruppo di opere emerge Daddy nostalgie (1990), uno dei film più intensi del regista, cupo, pudico ed emozionante nel ritrarre i sentimenti di una figlia che si riavvicina al padre dopo aver saputo che questi è malato. T. è stato anche autore, di un reportage documentario sulla musica blues (Mississippi blues, 1984, codiretto da Robert Parrish) e di uno struggente e intenso omaggio al jazz ('Round midnight, 1986, 'Round midnight ‒ A mezzanotte circa), incentrato sul rapporto, nella Parigi di fine anni Cinquanta, tra un giovane disegnatore e un sassofonista di colore pieno di talento ma alcoolizzato. T. ha inoltre realizzato L. 627 (1992; Legge 627) e L'appât, drammi polizieschi dove gli elementi della finzione si mescolano con un approccio documentaristico, e La fille de D'Artagnan (1994; Eloise la figlia di D'Artagnan), omaggio al genere cappa e spada.
S. Arecco, Bertrand Tavernier, Milano 1991.
J.-L. Douin, Bertrand Tavernier, Paris 1997.
S. Hay, Bertrand Tavernier, London-New York 2000.
J.-C. Raspiengeas, Bertrand Tavernier, Paris 2001.