BERTUCCIO
Maestro fonditore attivo a Venezia, il cui nome, qualificazione artistica e cittadinanza si leggono, insieme alla data, sull'iscrizione incisa sulla porta bronzea che chiude l'ingresso sinistro di facciata della basilica di S. Marco. L'iscrizione, posta sulla traversa centrale della valva sinistra, è preceduta e seguita da piccole croci greche ed è caratterizzata dallo stesso tipo di lettere romaniche che connotano pure le epigrafi musive dell'atrio, cronologicamente collocabili nell'ambito dell'intero 13° secolo. Essa recita: "MCCC Magister Bertucius aurifex venetus me fecit".L'anno 1300 segna dunque la conclusione degli interventi architettonici operati sull'atrio della basilica marciana per la sua trasformazione da porticato aperto - eretto nel sec. 12° davanti alla precedente facciata della seconda metà del Mille - in nartece chiuso da porte bronzee. Nell'ideazione della nuova porta B. fu ispirato dalle due coppie di griglie clatrate del sec. 6°, importate da Costantinopoli a Venezia dopo la quarta crociata (Mende, 1983, p. 19; Polacco, 1988; 1990), delle quali la prima fu allestita sulla porta da mar (od. porta Zen) e la seconda, inchiodata con rosette su battenti lignei rivestiti di lamine e completati da cordonature bronzee, venne a chiudere la porta centrale. Per l'ingresso a essa attiguo B. creò due ante completamente in bronzo, che misurano ognuna m. 1,103,44 (Prosdocimi, 1947; Mende, 1983; Polacco, 1988; 1990). Entrambe sono incorniciate da una larga fascia, delimitata da toro e listello rilevati, sulla quale emergono busti di evangelisti, apostoli e santi alternati da rosette a doppia corolla di sei petali; una traversa percorre le ante, al centro più larga delle incorniciature perimetrali, ma caratterizzata dalla medesima decorazione, cosicché, chiuse, le ante presentano una partizione a croce. Nei quattro quadranti da essa generati s'inseriscono altrettante griglie clatrate, che si differenziano dai due prototipi paleobizantini citati per gli archetti rialzati aggiornati alla tipologia gotica; evidentemente l'aurifex B., che dovette essere certamente l'artista più qualificato a Venezia nell'ambito della manifattura dei metalli pregiati, volle personalizzare la sua produzione artistica distinguendola dagli antichi esemplari trafugati a Bisanzio.L'opus clatratum nelle porte allude al cielo del paradiso, poiché è possibile interpretare allegoricamente queste come porte 'del paradiso', che si aprono con la preghiera dei fedeli e l'intercessione dei santi, i cui busti sono raffigurati appunto lungo i bracci della croce e le cornici dei battenti (Polacco, 1988; 1990); la croce, inoltre, vera protagonista in questo contesto iconografico, è del tutto coerente con il significato attribuito alla porta, in quanto evocante la croce del giardino dell'Eden (Frazer, 1973). L'opera s'inserisce, per quanto attiene alla sua qualificazione linguistica, nell'ambito di quel classicismo di estrazione paleocristiana in cui sembra cristallizzarsi dopo la caduta dell'impero latino tutta la produzione artistica marciana successiva al trentennio 1220-1250, caratterizzato da appariscenti aperture e aggiornamenti artistici al gusto postantelamico, sempre peraltro attenuati dal substrato culturale bizantino e registrabili nelle sculture degli arconi del portale centrale della basilica (Demus, 1960, p. 139; Polacco, 1984; 1987; 1988). Tale tendenza classicheggiante, o meglio anticheggiante, si registra innanzitutto nella scelta della tipologia della porta a opus clatratum, in uso già nella Grecia classica e nella Roma imperiale e paleocristiana, in secondo luogo nei finimenti (cornici, listelli e tori), appartenenti al lessico decorativo ricorrente nei manufatti classici, infine e soprattutto nel vigore plastico che connota i busti dei santi, che richiamano acconciature, paludamenti e ritratti della scultura augustea.A B. vanno attribuite anche la porta di S. Alipio e quella c.d. dei Fiori, che ripropongono tecnica esecutiva, tipo di lega metallica, iconografia e caratteri linguistici strettamente collegati alla porta da lui firmata e datata (Polacco, 1989; 1990). La porta alla destra di quella centrale, anch'essa concordemente attribuita al magister aurifex venetus (Prosdocimi, 1947; Demus, 1960; Muraro, 1985; Polacco, 1988; 1990), presenta caratteristiche più insistentemente classicheggianti, un decorativismo più appariscente e cavilloso e una volontà di raffinatezza e di eleganza che s'impongono sugli altri tre esemplari, improntati a una maggiore sobrietà compositiva. In essa il numero dei santi sembra quasi raddoppiato e così quello delle rosette interposte; sulla traversa centrale dei due battenti i busti dei santi sono sostituiti da teste femminili ispirate a opere della seconda metà del sec. 5° a.C., create nell'ambiente artistico della scuola di Fidia ad Atene (Becatti, 1951, tavv. 51, 94-95); alle due estremità compaiono figure con cornucopia, forse divinità fluviali probabilmente riferite ai quattro fiumi del paradiso terrestre: Ghicon, Pison, Tigri ed Eufrate. Tale dovizia iconografico-decorativa può essere spiegata con il fatto che questa porta era la prima e l'unica incontrata dal corteo ducale proveniente dall'attiguo palazzo o da altri cortei provenienti dal molo al seguito di ospiti illustri diretti a S. Marco.La porta che sulla parete meridionale della basilica immette nel battistero presenta invece caratteri più anonimi e va considerata opera di bottega, forse anche più tarda.L'alta qualità artistica di questi bronzi, sia per il rigore iconografico sia per l'eleganza esecutiva, e la presenza della data e della firma dell'artefice (fatto unico nell'infinita serie di opere d'arte eseguite per la basilica fino ad allora) hanno polarizzato l'interesse della letteratura marciana di questi ultimi due secoli su B., al quale, al di là della scheda anagrafica deducibile dall'epigrafe e dalla sua qualificazione artistica proposta dalle porte, è possibile aggiungere solo un'altra precisazione importantissima e cioè che la firma "Bertuci me fecit de Venecia" si trova su una delle croci in cristallo di rocca a Santa Croce in Firenze (Marcucci, 1960, p. 142).
Bibl.: G. Berchet, La Basilica di S. Marco in Venezia illustrata nella storia e nell'arte, a cura di F. Ongania, Venezia 1886 (18882, pp. 403-407); Toesca, Medioevo, 1927, p. 804; A. Prosdocimi, Le porte antiche dell'atrio di S. Marco a Venezia, RendALincei 11-12, 1947, pp. 529-539; G. Becatti, Problemi fidiaci, MilanoFirenze 1951; O. Demus, The Church of San Marco in Venice (Dumbarton Oaks Studies, 6), Washington 1960; L. Marcucci, Per gli ''armarj'' della sacrestia di Santa Croce, MKIF 9, 1960, pp. 141-158: 142; M.E. Frazer, Church Doors and the Gates of Paradise: Byzantine Bronze Doors in Italy, DOP 27, 1973, pp. 145-162; U. Mende, Die Bronzetüren des Mittelalters. 800-1200, München 1983, pp. 19-20; R. Polacco, S. Marco e le sue sculture nel Duecento, in Interpretazioni veneziane. Studi di storia dell'arte in onore di Michelangelo Muraro, Venezia 1984, pp. 59-75; M. Muraro, La vita nelle pietre. Scultura marciana e civiltà veneziana del Duecento, Venezia 1985, p. 86; R. Polacco, Le colonne del ciborio di San Marco, Venezia Arti 1, 1987, pp. 32-38; id., rec. a Muraro, 1985, ivi, 2, 1988, pp. 193-195; id., Porte e cancelli bronzei paleocristiani e medievali in S. Marco a Venezia, ivi, 3, 1989, pp. 14-23; id., Porte ageminate e clatrate in S. Marco a Venezia, in Le porte di bronzo dall'antichità al secolo XIII, a cura di S. Salomi, Roma 1990, I, pp. 279-292.R. Polacco