BETLEMME (ebr. Beth-leḥem "casa del pane"; A. T., 88-89)
Celebre città della Palestina in Giudea, a 9 km. circa a sud di Gerusalemme, e a 777 m. di altezza, sulla dorsale che forma spartiacque fra il Mar di Levante e il Mar Morto ed è incisa da tutte le parti, salvo a nord e nord-ovest, dalle testate di valli molto incassate, che a ovest formano il W. Ahmed, a est e sud-est precipitano anguste e dirupate verso il deserto di Giudea. Nella dorsale restano individuati due rilievi collinosi sui quali è costruita la città: la collina occidentale, più elevata, è quella su cui sorge il nucleo più vecchio con strade anguste, tortuose, oscure; l'orientale, meno elevata, ma più spianata, porta sulla platea superiore la basilica della Natività (v. oltre), circondata dai tre conventi, latino, greco e armeno.
I fianchi delle colline intorno e sotto all'abitato sono terrazzati e ben coltivati, soprattutto ad ulivi, ma anche a vigneti e alberi da frutto. La città è priva di sorgenti; l'acqua è fornita principalmente da un acquedotto derivato dagli stagni di Salomone, e inoltre da cisterne, di cui le maggiori sono tre di fronte alla basilica.
Secondo il censimento del 1922 Betlemme aveva 6658 abitanti, dei quali 5838 cristiani, 818 maomettani e 2 ebrei. L'assenza degli ebrei a Betlemme è segnalata già dai tempi di Tertulliano. Si attribuisce talora ai cristiani di Betlemme un tipo diverso da quello della restante popolazione cristiana della Palestina; ma ciò che forma la peculiarità della città è soprattutto il vistoso costume delle donne, carateristico specialmente per il copricapo. Con la prevalenza dell'elemento cristiano è collegato il numero, molto notevole, di stabilimenti e istituzioni religiose, conventi, ospizî, ecc.
Gli abitanti di Betlemme sono attivi e industriosi; si dedicano all'agricoltura e all'allevamento, e altresì alla fabbricazione di oggetti di pietà molto richiesti dai visitatori stranieri.
Betlemme è collegata con Gerusalemme da una buona strada rotabile che, a sud, prosegue verso Hebron.
A cinque minuti a nord-ovest di Betlemme, in un recinto appartenente ai francescani, è il cosiddetto Pozzo di David, grande cisterna lunga 14 metri, larga 4, scavata nella roccia; qui presso sono state messe in luce le rovine di una chiesa, che si attribuisce all'età giustinianea, con vaste necropoli sottostanti; a meno di mezzo chilometro più a est si apre nel calcare biancastro una cavità sotterranea di forma irregolare, trasformata in cappella e conosciuta col nome di Grotta del latte; essa costituisce un santuario venerato dai cristiani di ogni rito.
Storia. - Sotto l'aspetto religioso Betlemme è tra le più importanti città della Palestina. Benché non ricordata nella lista delle città di Giuda dal fibro di Giosuè, fu però tra le città assegnate a quella tribù e fu fra le più celebri per aver dato i natali a Davide, agli antenati di lui, Booz e Isai, e a diversi fra i personaggi più celebri di quel periodo importantissimo della storia d'Israele, Gioab, Asaele, Abisai, ecc.
Situata all'incontro di due importanti strade provenienti dal Sud e dall'ovest, venne da Roboamo fortificata (II Cron., XI, 6), ma la sua vicinanza con Gerusalemme nocque alla sua importanza politica, tantoché Michea (V,1) ebbe a designarla come piccola fra le altre città di Giuda. La sua gloria maggiore fu quella d'aver dato i natali a Gesù e di essere con tutti i suoi dintorni vibrante dei soavi ricordi degl'ineffabili misteri in essa compiutisi. Il villaggio dei Pastori però e la grotta dove essi ricevettero il festivo annunzio; i campi di Booz, il pozzo di Davide e il sepolcro di Rachele, passano in secondo ordine di fronte al santuario della Natività, centro di un culto antichissimo e perenne, che si svolge in quella basilica Costantiniana, eretta sul luogo tradizionale della nascita di Gesù all'estremità sud-est del paese.
Betlemme fu eretta a vescovato latino all'epoca del regno latino di Gerusalemme, ed è ancora uno dei vescovati titolari che viene assegnato dal 1840 in poi all'abate di S. Maurizio in Agauno nel Vallese. È pure residenza di un vescovo greco ortodosso e di un vescovo armeno gregoriano.
Nell'età islamica, Betlemme, nella quale anche i musulmani riconoscono il luogo di nascita di Gesù, non ebbe alcuna importanza storica, se non durante il breve periodo del regno latino di Gerusalemme, nel quale fu abbellita e fortificata. Caduta nel 1187, insieme col resto della Palestina, in potere dei musulmani, non fu più loro ritolta fino al 1918. La sua popolazione rimase sempre in prevalenza cristiana: nel 1244 e nel 1489 ebbe a soffrire saccheggi e devastazioni dovuti a fanatismo religioso.
La chiesa della Natività a Betlemme. - È una delle più antiche del mondo, dovuta alla munificenza di Costantino e di sua madre S. Elena (330). L'edificio, attraverso burrascose vicende, restaurato e in parte rinnovato nel sec. VI, resta fino ad oggi esempio archeologico della primitiva architettura cristiana.
Sorge nell'area sulla collina orientale, contornato da tre conventi: francescano, greco ed armeno, le tre comunità che si alternano nell'ufficiatura della basilica. Nonostante le odiose superstrutture moderne, la pianta primitiva è facilmente riconoscibile. Dal nartece, ora sfigurato, si passava per tre porte (due sono murate, e della terza non resta che un passaggio stretto) nella basilica, divisa in cinque navi da quattro ordini di colonne monolitiche di calcare rosso venato di bianco alte 6 m. I capitelli di marmo bianco, coririzî, hanno un rosone ornato di croce greca. Un architrave di legno modanato corre sopra ogni colonnato, e sostiene nelle navate laterali i travicelli del soffitto, nella nave centrale due muri alti 9 m., traforati da finestre che corrispondono ai vani degli intercolunnî. Al di là del transetto riappariscono davanti l'abside le cinque navi, le esternea una sola campata, le altre a due, tutte terminanti con muro diritto. I due bracci laterali sono chiusi con un'abside semicircolare uguale a quella del centro, dando così alla parte terminale la forma tricora. Dalla prima campata del coro due scale scendono alla cripta (m. 12 × 3 × 4) congiungendosi davanti ad una piccola abside, dove è l'altare della Natività, perché secondo antichissima tradizione qui nacque il Redentore. A tre metri di distanza nella parete sud della cripta vi è il piccolo oratorio del Presepio, ove la Vergine depose il Bambino in una mangiatoia, rappresentata da uno scavo nella roccia ricoperto di marmo. Di faccia al Presepio un altare ricorda l'Adorazione dei Magi. Dal soffitto a vòlta, pendono 53 lampade delle comunità latina, greca ed armena. Proseguono la grotta altre gallerie ove la leggenda ha raggruppato ricordi più o meno attinenti alla Natività. Onde le cappelle di S. Giuseppe e degli Innocenti, gli oratorî di S. Girolamo, di S. Eusebio da Cremona, di S. Paola, e di Eustochio.
Si è discusso in questi ultimi anni il problema archeologico se la pianta attuale, nei suoi elementi costitutiví, debba attribuirsi integralmente all'epoca di Costantino o rechi tracce di rimaneggiamento. Ma dopo il minuzioso esame architettonico dei padri Vincent e Abel, gli studiosi ammettono quasi unanimi il carattere composito dell'edificio, che apparisce dai diversi rapporti proporzionali, dal divario dello spessore delle murature e dalla altrimenti inspiegabile postura della cripta, il cui altare non si trova né nella grande abside, né nel centro del coro, né sotto il transetto. Nella pianta costantiniana lo splendido vaso basilicale partito in cinque navi con quattro file di colonne doveva avere un'unica abside semicircolare, così che l'altare della Natività veniva a trovarsi al suo posto sotto l'arco trionfale.
Danneggiata forse al tempo della rivolta dei Samaritani (529), la basilica fu restaurata all'epoca di Giustiniano, ma per l'influenza di ragioni simboliche e liturgiche (piano cruciforme, e introduzione della protesi e del diaconico) l'architetto ne trasformò allora la pianta con l'aggiunta del transetto, della crociera terminante con absidi, e del nartece. (V. tavv. CCIII e CCIV).
Da Giustiniano al regno latino. - Per un curioso fenomeno di psicologia popolare, le orde di Cosroe nell'invasiorie persiana del 614 raffrenarono il loro furore nel vedere nel prospetto del tempio raffigurati i Magi nel costume nazionale persiano. Nel 638 il califfo Omar vi venne a pregare nell'abside meridionale e permise che i suoi seguaci vi entrassero a piccoli gruppi (ma nei secoli IX e X quest'ordine non fu più rispettato). Al tempo del califfo Hakem (1010) la basilica sfuggì alla comune rovina: caso così straordinario che nelle cronache contemporanee è ascritto a miracolo. Il 7 giugno 1099 i Betlemiti invocarono dal Buglione campeggiante in Emmaus la difesa del santuario. Venne subito Tancredi con cento prodi, e al mattino vi inalberava la sua bandiera fra le acclamazioni del popolo. Due anni dopo, il giorno di natale 1101, vi veniva consacrato re Baldovino I. Il servizio era allora affidato ai canonici regolari di S. Agostino sotto la giurisdizione d'un priore, ma nel 1110, dietro istanza di Baldovino, il pontefice Pasquale II eresse la chiesa in cattedrale unendola alla chiesa vescovile di Ascalona. Il primo vescovo (1110-1128) fu Anselino. Sotto il dominio degli occidentali la basilica fu abbellita con musaici e pitture in stile bizantino. Questa grande opera, greco-latina, sostenuta a spese dell'imperatore di Costantinopoli Manuele Porfirogenito Comneno (1145-1180) e del re di Gerusalemme Amaury I (1163-1173) in un momento di reciproca amicizia che pareva preludere all'unione delle due chiese, fu terminata nell'anno 1169 come attestano i frammenti d'una iscrizione greco-latina posta nell'emiciclo del coro.
Della splendida decorazione oggi quasi tutta deperita resta una succinta descrizione del dotto francescano padre Quaresmi (1616) nella sua monumentale opera Elucidatio Terrae Sanctae. Soggetti delle rappresentazioni erano scene dell'Antico Testamento, la vita di Gesù e la vita della Chiesa nei suoi concilî. La grotta fu rivestita di marmo e furono rifatte le entrate, che restano, insieme con alcuni capitelli del chiostro, i soli esempî dell'architettura latina. Vi fu aggiunto un campanile (poi distrutto da un terremoto nel 1545), le cui campane del sec. XIII, ritrovate nel sec. XIX, sono ora al Museo dei padri francescani in Gerusalemme.
Nel 1187 Saladino s'impossessò di Betlemme, ma risparmiò il santuario ove nel 1192, su domanda del vescovo di Salisbury, Uberto Walter, fu ristabilito il culto latino, salvo il pagamento del tributo da parte dei fedeli.
Nel 1227 furono provvisti per opera del re armeno Haytun i due battenti della porta centrale scolpiti in stile orientale, e che portano la firma dei due artisti armeni padre Abramo ed Arakel. Nel 1229 Federico II stipulò il ritorno di Betlemme al regno latino, contratto rinnovato nel 1241. In questo periodo, per opera di un vescovo indegno, Giovanni Romano (1239), che dilapidò tutte le ricchezze del tesoro vendendone perfino le reliquie, e per l'invasione dei Carismiti (1244), la chiesa fu ridotta a completo impoverimento. Allora il vescovo Godefrido dei Prefetti, Signori di Vico, eletto da Innocenzo IV a vescovo di Betlemme percorse l'Europa raccogliendo elemosine per provvedere ai restauri della chiesa. Sono considerati come oggetti del tesoro da lui ricostituito gli splendidi candelieri d'argento e i due bacini in rame dorato del sec. XIII con incisa la leggenda di S. Tommaso, e con iscrizioni in eleganti lettere gotiche, ritrovati nell'antico chiostro di Betlemme nel 1869 e ora conservati nel Museo dei francescani in Gerusalemme. Nel 1266 i Latini ne furono scacciati da Bibars, ma vi ritornarono dopo la pace del 1272.
Dal regno latino ad oggi. - Con la caduta del regno latino (1291) ai canonici regolari di S. Agostino succedono nell'ufficiatura della basilica i francescani. I più noti itinerarî dell'epoca e varî firmani turchi attestano il loro possesso della grotta della Natività, l'uso e manutenzione della basilica nei secoli XIV e XV. Sulla fine del sec. XIV, il padre Gerardo Calveti guardiano del Monte Sion percorreva l'Europa per indurre i principi cristiani a provvedere al restauro del venerando santuario. Sotto il guardiano padre Giovanni Tomacelli da Napoli, nel 1479, fu rifatta tutta la travatura del soffitto con legname lavorato a Venezia e di là trasportato con le galee della Repubblica fino a Giaffa. Le spese furono sostenute dal duca di Borgogna, Filippo il Buono, e il piombo per la copertura fu donato da Edoardo IV re d'Inghilterra.
Col sec. XVI entriamo nel periodo delle contestazioni tra francescani e Greci, per il possesso del santuario che passa dagli uni agli altri a seconda del favore che godevano presso la Sublime Porta le nazioni alle quali si appoggiavano le comunità. Durante la guerra fra l'Impero ottomano e la Repubblica di Venezia (1645-1669), terminata con l'espulsione dei Veneziani dall'isola di Creta, i Greci vennero autorizzati a rifare la tettoia già deperita e a prendere possesso della grotta e della basilica. Nel 1690 i Latini rientrarono in possesso della grotta della Natività e nel 1717 vi posero una nuova stella d'argento, sul posto dell'antica deteriorata dal tempo, con l'iscrizione latina: Hic de Virgine Maria Jesus Christus natus est, 1717. Questo stato di cose durò fino al 1757, quando i Greci s'impossessarono di nuovo della basilica, e, nella cripta, dell'altare della Natività. Il 12 ottobre 1847 fecero scomparire la stella che smentiva i loro pretesi diritti, e solo dopo una forte nota presentata dall'ambasciatore di Francia alla Sublime Porta a nome delle nazioni latine, un firmano del 1853 garantì lo statu quo dei santuarî e impose il ritorno della stella al suo posto. Ma nonostante questo firmano, le rivalità tra francescani e Greci si inasprirono dopo il luglio 1853, quando la Russia, pretendendo il diritto di tutela sui Greci sudditi del sultano, entrò in guerra con la Turchia. L'anno dopo, la guerra si estese anche alla Francia e all'Inghilterra (v. crimea, guerra di); e gl'interessi politico-religiosi nei Luoghi Santi, se non furono i soli, non furono i meno forti a indurre la Francia a scendere in campo contro la Russia.
Il 25 aprile 1873 i Greci invasero la basilica della Natività, ferirono otto francescani, posero il Presepio a sacco lacerandone i quadri e le tappezzerie e rubandone gli altri arredi. Da quel tempo, per ordine della Sublime Porta un soldato turco montò la guardia presso l'altare della Natività. Le pareti, a impedire nuovi tentativi d'incendio, furono ricoperte con stoffa d'amianto donata dal presidente della Repubblica francese MacMahon (1874).
Nel 1917 entrate le truppe interalleate in Palestina, fu mantenuta la sentinella alla grotta, lo statu quo fu conservato, ma ciò non ha impedito che scene di violenza si svolgessero nel Presepio: l'ultima volta il 5 gennaio 1928.
Bibl.: R. W. Schultz, The church of Nativity of B., Londra 1910; E. Weigand, Die Geburt-Kirche von B., Lipsia 1911; H. Vincent e F. M. Abel O. P., Bethleem, Le Sanctuaire de la Nativité, Parigi 1914; G. Dalman, Orte und Wege Jesu, Gutersloh 1921, pp. 21-47; P. Baldi, La questione dei Luoghi Santi, Torino 1919, pp. 30-58.