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BEZZI, Giovanni Francesco, detto Il Nosadella

di Silla Zamboni - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 9 (1967)
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BEZZI, Giovanni Francesco, detto Il Nosadella

Silla Zamboni

Bolognese, figlio di Bartolommeo, fu attivo tra il 1548 (Zani) e il 1571. La nascita è da porre verosimilmente all'inizio del quarto decennio del sec. XVI. Il soprannome "Nosadella" gli venne dal nome della strada ove possedeva una casa e abitava. La prima citazione ("gioan fra(nce)s(c)o becio bolognese") è contenuta nel Lamo (1560) e si riferisce ai dipinti eseguiti nel 1558 a Bologna in una sala della casa di Camillo Bolognetti, nei pressi della Mercanzia. I dipinti sono perduti; ma la descrizione che ne fornisce il Malvasia (motivi rrùtologici su pannelli di legno; episodi di storia romana nel fregio ad affresc9, scompartito da figure di "termini") è preziosa perché permette di intendere l'aggancio con le invenzioni decorative di Pellegrino Tibaldi in palazzo Poggi (1554-56 circa). Del Tibaldi (di Pellegrino, non di Domenico, come talvolta si è equivocato) il B. fu infatti - accanto al Mirola - l'allievo più diretto: e le rare opere di lui giunte sino a noi non possono che suggerire l'immagine di un intelligente e sensibile interprete del gusto tibaldesco; esse sono sostanzialmente due: la paia dell'oratorio di S. Maria della Vita, che rappresenta La Vergine col Bambino in gloria, s. Pietro, s. Girolamo, il beato Riniero e altri santi;ed una Circondsione di Cristo nell'abside di S. Maria Maggiore. In quest'ultima opera - rimasta incompiuta alla morte del pittore nel 1571 - prevale tuttavia l'intervento di Prospero Fontana. che ha indebolito con una mediocre esecuzione la complessa orditura formale ideata dal B., del gusto dei quale il dipinto di S. Maria Maggiore non può quindi documentare che in modo indiretto l'aspetto estremo. La paia di S. Maria della Vita mostra invece una qualità superba ed una temperatura espressiva assai prossima alle cose dei Tibaldi: e che la stessa invenzione sia strettamente debitrice dei pensieri tibaldeschi è dimostrato da una Madonna in gloria del Tibaldi (già coll. Paul Drey, New York; ora nella Norton Gall., West Palm Beach, Florida) dalla quale il B. ha desunto il brano superiore nella pala della Vita (Martini). La congiunzione con gli esempi del Tibaldi suggerisce una cronologia agli inizi dei percorso dell'artista; e a questo possibile aspetto giovanile del B. sembra corrispondere un'altra opera sìcura, ancorché deperitissima: la Madonna e santi affrescata sotto il portico dell'antica casa Piantavigne in via dell'Inferno. Il B. propone dell'estroso michelangiolismo del Tibaldi un'interpretazione a un tempo esuberante e raffinata, in cui trovano posto le più corpose invenzioni di forma e i più liquidi accordi di colore. Da quanto si può arguire dalla tavola di S. Maria Maggiore il B. tendeva a evolversi nel senso di una più capziosa ricerca manieristica, che non era estranea alle suggestioni parmensi.

Delle proposte critiche volte ad arricchire l'esiguo catalogo del B., poche si sono rivelate valide: tra queste l'attribuzione di un S. Procolo e di un S. Floriano affrescati nelle pareti laterali del terzo altare di sinistra in S. Giacomo Maggiore (Graziani). Il tentativo del Voss di riferire al B. un gruppo di opere - in un saggio che è rimasto l'unico studio d'insieme sull'artista - risente della difficoltà di distinguere il B. dal Tibaldi in un momento in cui il problema di Pellegrino non era stato ancora chiarito: e in effetti sono state riconosciute opere tipiche dei Tibaldi (Graziani) sia la Sacra Famiglia già nelle collezioni del re di Romania, sia la Sacra Famiglia di collezione privata berlinese; per contro appare persuasivo l'accostamento al B. giovane della Sacra Famiglia del mercato antiquario parigino (1932); quanto agli affreschi di S. Maria delle Grazie a Milano, sono stati restituiti al vicentino Demio.

Che il B. avesse lavorato anche fuori di Bologna sembra certo, a giudicare dal racconto del Malvasia, che insiste sui continui viaggi dell'artista. Ma nulla del B. si è identificato fuori di Bologna; e in patria sono andate perdute tutte le imprese decorative alle quali doveva affidarsi la maggior fama del pittore.

Tra le molte opere distrutte elencate dal Malvasia mette conto di ricordare, oltre ai già citati affreschi Bolognetti e a un affresco nella casa dell'artista, "una facciata d'una piccolà casa presso alle Zitelle del Baracano… ; il cammino e fregio d'una stanza nel palagio che fu dei Lucchini sulla piazza Calderini… ; nel palagietto villereccio che fu del già Dottore Spannocchia… la stanza tutta dipinta". Interessante è la notizia che gli stessi gentiluomini che erano i suoi committenti si accompagnassero al B. per apprendere la pittura: è il caso di Camillo Bolognetti e dei Lomandini - i committenti delle due pale d'altare prima ricordate - che figurano nel Malvasia tra gli allievi del B., accanto a quel notevolissimo pittore che fu Bartolomeo Cesi. Ancora al Malvasia dobbiamo la notizia che il B. ebbe moglie e due figlie.

Il 23 luglio del 1571 il B. è già morto: infatti in una richiesta al Senato si propongono i nomi degli artisti che hanno avuto il maggior numero di voti per succedergli nel Consiglio della "compagnia de' bombasari e pittori". Secondo il Masini (1666), era morto il 15 luglio.

Fonti e Bibl.: P. Lamo, Graticola di Bologna [1560], Bologna 1844, p. 15; A. Masini, Bologna perlustrata,Bologna 1666, I, pp. 134, 138, 626; C. C. Malvasia, Felsina Pittrice [1678], Bologna 1841, I, pp. 159, 160 s., 242; [C. C. Malvasia], Le Pitture di Bologna…,Bologna 1686, pp. 53, 313; P. A. Orlandi, L'Abecedario pittorico,Bologna 1719, p. 242; G. Bianconi, Guida… di Bologna,Bologna 1820, pp. 25, 271, 370, 377, 462 s.; P. Zani, Enciclopedia metodica… delle Belle Arti,I,4. Parma 1820, p. 35; [M. Gualandi], Mem. originali ital. riguardanti le belle arti,serie 2, Bologna 1841, pp. 188, 198; J. Meyer, Allgem. Künstlerlexicon,II, Leipzig 1885, p. 795; F. Malaguzzi Valeri, Nuovi documenti: l'Arte dei pittori di Bologna nel sec. XVI,in Arch. stor. dell'arte,s. 2, III (1897), p. 310; C. Ricci-G. Zucchini, Guida di Bologna,Bologna 1930, pp. 21, 132, 149; H. Voss, G. F. B…in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz,III(1932), pp. 449-462; E. Valentiner, Zeichnungen des G. F. B…, ibid.,IV(1933), pp. 131-133; A. Graziani, B. Cesi, in La Critica d'Arte,XX-XXII (1939), pp. 55-57; G. Briganti, Il Manierismo e P. Tibaldi,Roma 1945, pp. 82, 111; F. Bologna-R. Causa, Fontainebleau e la Maniera italiana,Firenze 1952, p. 41; F. Bologna, Inediti di P. Tibaldi,in Paragone,VII(1956), n. 73, p. 27; A. Martini, Two Drawings and a Panel by P. Tibaldi,in The Burlington Magazine,CII (1960), pp. 156-58; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon,III, p.576.

Vedi anche
Fontana, Prospero Pittore (Bologna 1512 - ivi 1597). Esponente del manierismo emiliano, risentì in un primo tempo dei modi raffaelleschi di Innocenzo da Imola e di Perìn del Vaga, di cui fu aiuto a Genova (1527). A Roma, nel 1550 eseguì per Giulio III un ritratto, poi collaborò alla decorazione di Villa Giulia. Recatosi ... Cèsi, Bartolomeo Cèsi, Bartolomeo. - Pittore (Bologna 1556 - ivi 1629). La sua prima attività risente del tardo manierismo emiliano e romano (Bologna: affreschi nella capp. Vezzi in S. Stefano, 1574; affreschi in pal. Fava, 1583-84). Intorno al 1590 il suo stile si fa più sobrio e antimanieristico, attento alle esperienze ... Cesaròtti, Melchiorre Cesaròtti ‹-ʃ-›, Melchiorre. - Letterato (Padova 1730 - Selvazzano, Padova, 1808). Spirito irrequieto, iniziò ma non proseguì la carriera ecclesiastica, pago del solo titolo di abate. Professore nel seminario di Padova, ove era stato allievo, poi precettore di famiglie patrizie a Venezia, fu infine dal ... Carracci, Ludovico Pittore (Bologna 1555 - ivi 1619), cugino di Agostino e di Annibale. Si formò dapprima con P. Fontana, poi a Firenze col Passignano. Fu anche a Parma, a Mantova, a Venezia e, con felice eclettismo, trasse spunti da Andrea del Sarto, dal Correggio, dal Parmigianino, dai grandi maestri veneziani: in patria, ...
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bèzzo
bezzo bèzzo s. m. [dal ted. svizzero Batze, nome di una moneta della città di Berna]. – 1. Moneta veneziana del valore di 6 denari o mezzo soldo, coniata in argento nel 1497 per sostituire le monete forestiere di ugual nome in corso nello...
francésco
francesco francésco agg. e s. m. [dal lat. tardo Franciscus, der. di Francus «franco1»] (pl. m. -chi), ant. – Francese: La terra che fé già la lunga prova E di Franceschi sanguinoso mucchio (Dante); i modi e le cadenze della prosa f. (D’Annunzio)....
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