BEZZI
Famiglia che nelle persone dei fratelli Tommaso e Paolo e del figlio del primo, Pietro, costituisce uno di quel complessi familiari che, specie nel mondo teatrale veneziano del Sei e del Settecento, lavorarono collettivamente, con attrezzate botteghe, a produrre scene, decorazioni, costumi, ecc., per gli spettacoli melodrammatici di cui frequentemente assumevano anche l'impresa.
Non è nota la data di nascita, a Venezia, di Tommaso, attivo già nella seconda metà del Seicento. Apprese gli elementi dell'arte sua, con ogni probabilità, lavorando nei teatri cittadini con la famiglia dei Mauro o con Francesco Santurini, capiscuola della scenografia veneziana.
Il nome di Tommaso compare quasi contemporaneamente a Modena (1688) nella prefazione alla stampa del Flavio Cuniberto di M. Noris - rappresentato al Teatro Fontanelli - e a Venezia (1689) nel libretto della Rosaura di A. Arcoleo, inusicato da G. A. Preti, opera di apertura della stagione di autunno del Teatro S. Angelo.
Nella prefazione del Cuniberto sidiceva che "le opere ed invenzioni delle scene" erano di "Paolo e Tonimaso fratelli Bezzi detti Stochini,veneti ingegneri teatrali al servizio di S.A. Serenissima". Lo spettacolo autunnale della Rosaura a Venezia era dedicato anch'esso a Francesco II di Modena.
Si precisavano in tal modo i due centri della prevalente attività di Tommaso, il quale, allora, doveva essere già avanti con gli anni, poiché veniva definito "padre della scena, ricco di idee portentose e di virtù eccezionali provate dalla possibilità di spiccare più voli in un medesimo tempo in diversi luoghi". Forse, il Flavio Cuniberto di Modena non fu che la replica di quello dato nel 1687 al teatro di S. Giovanni Grisostomo senza, peraltro, che al B. risulti comunque attribuita la messa in scena. Tra il 1689 ed il 1694 il B. fece anche le scene del Tolomeo e Seleuco di A. Morselli musicato da C. F. Pollarolo (1691), della Iole Regina di Napoli di G. C. Corradi e del Pollarolo (carnevale 1692) per il Teatro dei SS. Giovanni e Paolo e dell'Alfonso I, dramma di M. Noris, musicato dal Pollarolo, dato al teatro Vendramin (S. Salvador) nel 1694. Al S. Angelo, invece, pose in scena, oltre alla Rosaura, il Creonte e la Falsirena di R.Cialli, musicati da A. Ziani. Nella dedica della Falsirena a Cesare d'Este era fatta palese la speranza del B. di poter passare stabilmente al servizio del duca di Modena. Ma questo non avvenne che nel 1700, quando Tommaso fu assunto dal duca Rinaldo con la qualifica di "architetto e ingegnere ducale". Saltuariamente tornò a lavorare per i teatri veneziani. Si ricordano tra le altre scene quella del Venceslao (A. Zeno e Pollarolo) al S. Giovanni Grisostomo (1703).
La fama di Tommaso si consolidò durante questo scorcio di tempo. In un elenco di artisti veneziani che lavoravano nei teatri verso la fine del Seicento, compilato dal padre Coronelli, figura semplicemente come ingegnere.
La qualifica si giustificava con il non ancor tramontato uso delle complicazioni a base di macchine, voli, apparizioni celesti, ecc., e dei numerosi ed elaborati cambiamenti a vista della scenografia seicentesca. Il Campori, suo primo biografo, lo definisce "architetto, macchinista, pittore, disegnatore; ingegno universale, di fervida e sbrigliata fantasia, pronto all'inunaginare e all'eseguire".
Secondo memorie del tempo riportate dal Campori avrebbe praticato anche la scultura modellando egregiamente in cera; come architetto avrebbe dato il disegno per le chiese di S. Domenico e di S. Margherita a Modena ma non se ne ha altra conferma. Egli fu addetto anche all'organizzazione degli spettacoli, dei tornei ducali, agli apparati fantasiosi per ogni genere di cerimonie. Dette così tanto il disegno delle macchine funerarie per Carlotta Felicita di Brunswick duchessa di Modena (1711) e per il principe Federico d'Este (1714), quanto gli apprestamenti, compresi i fuochi artificiali, per la nascita di Leopoldo figlio di Carlo VI.
Tra le città ove Tommaso lavorò come scenografo e impresario è da annoverare anche Milano, dove nel 1703, al Nuovo teatro ducale, allestì due spettacoli di rilievo, l'Admeto re di Tessaglia di P. Magni e l'Ascanio del Pollarolo. Ebbe, nel campo della scenografia, discepoli di molto valore, come G. B. Fassetta e G. Santini,che lavorò con lui alle scene della Caduta dei Decemviri,rappresentata in occasione della fiera di Reggio del 1699.
Tommaso mori a Modena il 23 febbraio del 1729.
Paolo, di cui si ignorano le date di nascita e di morte, collaborò con il fratello in buona parte delle scenografle di cui si hanno sicure, documentate notizie; egli svolse, tuttavia, un notevole lavoro individuale, specie per il teatro di Reggio Emilia (1699-1729), negli anni in cui il fratello tenne la carica ufficiale di architetto del duca di Modena. Nel 1697 entrò nel novero di quegli scenografi e architetti teatrali della scuola veneziana che, chiamati all'estero nella seconda metà del sec. XVII, tanto contribuirono alla diffusione dell'arte teatrale italiana nelle capitali europee. Ebbe, allora, l'incarico di disegnare e costruire il Théâtre de la Monnaie a Bruxelles e fece tesoro di quanto aveva appreso a Venezia, ove aveva visto sorgere i teatri di S. Giovanni Grisostomo e di S. Angelo. La sala da lui immaginata per Bruxelles ripeteva i lineamenti, con un ordine in più di palchi (e cioè sei) e posti per milleduecento spettatori, dei teatro di S. Giovanni. Egli non poté però portare a termine l'edificio per divergenze con l'imprenditore circa la struttura e la statica. 1 lavori da lui abbandonati vennero ultimati dal nipote Pietro. Il Théâtre de la Monnaie, che è stato più volte incendiato e rifatto, è ancora oggi il principale della capitale belga per la musica.
Pietro, figlio di Tommaso, aveva seguito il padre a Venezia ed ebbe la sua prima risonante affermazione nell'anno 1714 al Teatro Molza di Modena, dipingendo le scene del Radamisto (musica di T. Albinoni) e della Fede tradita e vendicata,sulibretto di F. Silvani e con la musica di F. Gasparini. Pietro, due giorni dopo la morte dei padre, e cioè il 25 febbr. 1729, gli succedette come architetto teatrale e tenne l'incarico per trent'anni. Nel novembre del 1759, favorito da una pensione di 140 scudi mensili, portati poi a 205, lasciò Modena. Nel 1699 aveva portato a compimento i lavori per il Théitre de la Monnaie di Bruxelles, che era stato iniziato dallo zio Paolo.
Morì il 12 giugno 1769.
Fonti e Bibl.: Oltre le introduzioni ai libretti. per le opere citate nel testo, v. anche Enciclopedia dello Spettacolo,II,coll. 454s., V. Coronelli, Iviaggi…,I,Venezia 1697, p. 24;G. Campori, Gliartisti italiani e stranieri negli Stati Estensi,Modena 1855, pp. 73-75, 496 (anche per Paolo e Pietro); A. Gandini, Cronistoria dei teatri di Modena dal 1539 al 1871,Modena 1873, I, p. 76; W. Grünberg-E. de Malauzat, Le Théâtre de la Monnaie,Paris 1949, pp. 32 s. (per Paolo e Pietro); U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lex.,III, p. 577.