Bhagavadgita
Poema in 18 canti contenuto nell’epica indiana Mahābhārata e che rappresenta il dialogo fra Kr̥ṣṇa, forma umana di Dio (➔ avatāra), e il guerriero Arjuna pochi istanti prima della battaglia in cui Arjuna, i suoi fratelli e il loro esercito combatteranno contro i propri cugini e il loro esercito. Nonostante la causa di Arjuna sia giusta, all’inizio della Bh. egli afferma di non voler combattere contro propri parenti e maestri e di preferire l’umiliazione e una vita da asceta rinunciante. Kr̥ṣṇa risponde ricordandogli l’illusorietà della morte fisica, ma anche la necessità, per un guerriero, di adempiere al proprio dharma. Kr̥ṣṇa contrappone alla via della rinuncia all’azione, vagheggiata inizialmente da Arjuna, la via dell’azione (karman), unita però all’affidamento a Dio (➔ bhakti) cui solo compete di decidere quale esito debba avere l’azione intrapresa. Dunque, la responsabilità umana si limita all’intrapresa dell’azione, mentre i suoi frutti non dipendono dall’uomo. L’azione corretta sarà quella che mira solo all’esecuzione del proprio dovere (o sva-dharma, ➔ dharma) e non al raggiungimento di un certo frutto, il quale è comunque fuori dall’influenza umana. Chi agisca in questo modo, ossia privo di attaccamento per i frutti dell’azione, non porta le conseguenze karmiche negative dell’azione compiuta. La Bh., che raccoglie probabilmente materiali di origine (Sāṅkhya, Yoga e bhakti) ed età diverse, è diventata il testo più venerato dell’induismo. Assieme a Bhāgavatapurāṇa e Brahmasūtra rappresenta il ‘triplice fondamento’ delle scuole vaiṣṇava. È stata oggetto di molteplici commenti, da Abhinavagupta fino ad Aurobindo Ghose. In particolare, molte scuole vedāntiche hanno elaborato un proprio commento alla Bh. in cui la interpretano alla luce della propria visione del rapporto fra anima individuale e assoluto. Śaṅkara la considera perciò un testo monista, mentre Rāmānuja ne enfatizza il valore devozionale. La Bh. è stata tradotta innumerevoli volte in lingue occidentali e ha profondamente influenzato molti pensatori, fra cui Beauvoir, soprattutto per la concezione dell’azione indipendente dal risultato.