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ASSERETO, Biagio

di Camillo Manfroni - Enciclopedia Italiana (1929)
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ASSERETO, Biagio

Camillo Manfroni

Appartenente a famiglia popolare ligure, oriunda di Rapallo ma stabilita a Genova da più generazioni, l'A. fu figlio di Costantino, argentiere e membro del Consiglio degli anziani. S'ignora la data della sua nascita, ma un documento del 1408, dal quale risulta che in quell'anno fu eletto scriba o notaio del podestà di Porto Maurizio, ci fa ritenere che egli sia nato non dopo il 1383. Nel 1423 lo troviamo comandante di una delle galee armate da Genova in aiuto della regina Giovanna di Napoli; e a comando di galee lo ritroviamo frequentemente, sia contro i Fregoso, sia in aiuto di Francesco Spinola contro i ribelli di Sestri, di Moneglia, di Portofino. Fu cancelliere del comune di Genova nel 1424. L'anno dopo lo vediamo proprietario e appaltatore di navi al servizio della repubblica; la sua carriera navale è intramezzata da servizio di civile: fu castellano di Recco (1429), comandante di galee (1430), cancelliere, castellano di Portofino, comandante di una squadretta all'assedio di Pisa (1431), ambasciatore della repubblica al duca di Milano, al duca di Savoia, e ad altri potenti signori.

Nel 1435 fu eletto al comando dell'armata che Genova inviava in soccorso della guarnigione di Gaeta, allora tenuta dal genovese Francesco Spinola contro Alfonso d'Aragona. Furono poste sotto i suoi ordini tre galee e nove cocche, o legni a vela, di cui otto di considerevole tonnellaggio. Complessivamente l'equipaggio sommava a 2500 uomini tra marinai e combattenti, o supersalienti, tra i quali erano specialmente temibili i balestrieri. Narrano i cronisti che gli equipaggi, che erano molto riluttanti ad imbarcarsi, furono persuasi solo dal prestigio e dalla parola dell'A. Giunto all'altezza delle Isole Pontine (5 agosto), l'A. scorse l'armata navale catalana, prevalente di numero (14 navi e 11 galee), che incrociava nel golfo per impedirgli di soccorrere Gaeta. Senza esitare egli accettò battaglia, confidando nella maggior preparazione ed abilità manovriera dei suoi. Anzi, non dubitò di assottigliare la sua squadra, lasciandosi dietro una piccola riserva, per servirsene quando il nemico fosse stanco. Questo espediente, consuetudinario nelle battaglie navali sostenute dai Genovesi (Meloria, Curzola, ecc.), gli diede la vittoria. L'armata navale nemica, su cui si erano imbarcati lo stesso re Alfonso, i suoi fratelli e il fior fiore della cavalleria aragonese, non resse all'urto dei Genovesi, che, come dice lo stesso A. in una sua relazione al governo di Genova e al duca di Milano, signore della città, riuscirono ad attaccarsi con grappini e catene alle navi nemiche, seminando coi formidabili colpi delle balestre la morte fra gli equipaggi aragonesi. La vittoria fu decisa dall'intervento tempestivo della riserva. Caddero prigionieri il re d'Aragona, i suoi fratelli, il duca di Sessa, il principe di Taranto ed altri. Il re, che non voleva arrendersi al popolano genovese, consegnò la sua spada a Giacomo Giustiniani signore dell'isola di Scio.

Ma la vittoria, che suscitò a Genova un immenso entusiasmo e inni di gloria all'A., fu indiretta causa del suo bando dalla città, perché, avendo il duca di Milano preteso che i prigionieri fossero consegnati in sue mani (come è noto, egli subito liberò il re Alfonso), l'A. obbedì senz'altro agli ordini di lui, disobbedendo invece ai suoi concittadini, che volevano servirsi dei prigionieri per sfruttare la grande vittoria. Pertanto Genova si ribellò a Filippo Maria, e subito dopo cacciò in bando il vincitore di Ponza, troppo ligio ai voleri del duca di Milano, dal quale già da tempo riceveva pensioni ed onori. Egli personalmente sfuggì alla pena dei traditori, ma la sua famiglia soffrì la prigionia. A Milano ebbe dal duca molti onori; fu feudatario di Serravalle. Solo quando la fazione degli Adorno tornò al potere, l'A. poté tornare in patria, ma visse prevalentemente nei suoi feudi. Non abbandonò il servizio navale; nel 1448, e quindi in età abbastanza avanzata, era al comando di una squadriglia fluviale sul Po contro i Veneziani. Al suo intervento si attribuisce dai cronisti la vittoria di Casalmaggiore, riportata da Francesco Sforza. Non si conosce la data della sua morte.

Bibl.: Oltre agli storici genovesi, quali lo Stella e il Foglietta, v. T. Belgrano, in Caffaro (19 aprile 1882); id., in Arch. stor. ital., s. 3ª, XIII (relazione della battaglia, scritta dall'Assereto in dialetto genovese); A. Pescio, Relazioni fra Genova e Milano dal 1435 al 1438 (Bibl. st. subalpina, LXXXVIII).

Vedi anche
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