BIAGIO da Leonessa
Originario di Leonessa (Rieti), entrò nell'Ordine dei frati minori. Nulla sappiamo del periodo della sua vita che precede la consacrazione a vescovo di Vicenza, compiuta nel 1335 per mano di Bertrando di St.-Geniès, patriarca d'Aquileia, a cui B. si mostrerà sempre fedele.
In una lettera del 29 nov. 1336 Benedetto XII, definendo B. - sulla base di voci che egli ritiene attendibili - "hominem..., sicut fertur, reprobum et in Ordine predicto (scilicet fratrum minorum) notatum", rimproverava Bertrando di aver proceduto troppo precipitosamente alla sua consacrazione e citava B. a discolparsi ad Avignone. Nel dar peso a questo apprezzamento, peraltro, vi è da tener presente la tensione esistente in questo periodo fra il pontefice e il patriarca d'Aquileia, per le tendenze filoscaligere di quest'ultimo. Sulla consacrazione di B. sorgerà poi un'ulteriore contestazione, a proposito della tassa di 1.000 fiorini, che il patriarca riteneva di sua spettanza, ma che il papa - in una lettera del 20 marzo 1338 - rivendicava per sé. Non abbiamo testimonianze esplicite sul viaggio di B. ad Avignone, ma è probabile che abbia avuto luogo, e che in quell'occasione il papa abbia provveduto, il 2 giugno 1337, a sanare il "defectus licentiae" del ministro provinciale all'elezione episcopale di B.: licenza che una disposizione di Innocenzo IV (22 apr. 1252) imponeva ai frati minori, e la cui mancanza il Lippens (1937, pp. 7 s.) spiega con il fatto che B. dipendeva probabilmente dalla provincia di Penne, retta da Biagio da Murro, un partigiano di Michele da Cesena, che lo stesso Benedetto XII aveva, nel novembre 1335, posto sotto inchiesta (cfr. Schmitt, pp. 176 s.). Il 9 luglio B. versava alla Camera apostolica la tassa per la consacrazione.
B. era a Vicenza dall'inizio del novembre 1335; il 23 dicembre vi radunava un sinodo generale e il 25 celebrava la sua prima messa pontificale. Nel settembre 1336 il patriarca lo incaricava di svolgere un'inchiesta sull'elezione del nuovo vescovo di Verona, Bartolomeo della Scala, che B. stesso consacrò il 27 dello stesso mese.
Costituitasi la lega veneto-fiorentina contro gli Scaligeri - a cui finì con l'accostarsi anche Bertrando di St.-Geniès -, dopo l'uccisione violenta del vescovo di Verona per mano di Mastino, B. lasciò Vicenza per rifugiarsi nel castello di Brendola che evacuò dal presidio vicentino per porlo sotto la protezione dei Carraresi di Padova. A Vicenza non farà più ritorno e governerà in seguito la sua diocesi risiedendo in Padova: anche se alcune clausole del trattato di pace stipulato a Venezia, il 24 genn. 1339, fra Mastino e la lega, contempleranno il reintegro del vescovo vicentino nei suoi diritti e possedimenti.
In realtà, la cessione della fortezza e la presa di posizione antiscaligera di B. dovettero alienargli grandemente l'animo dei Vicentini, e da questo dovette avere origine la tradizione cronistica locale, che lo pone in una luce totalmente negativa, di immoralità, violenza, corruzione. Le Croniche del Pagliarini (composte intorno al 1480) riportano due lettere (la cui autenticità è tutt'altro che certa) indirizzate a Clemente VI dal clero e dal Comune di Vicenza, ricolme di ogni genere di accuse contro il vescovo. Tale ritratto di B. non sembra trovare altre conferme: il Lippens, autore dello studio più ricco di documentazione su di lui, ne rivaluta notevolmente - di contro alla precedente storiografia - la personalità morale.
Il 26 apr. 1339 B. sottoscriveva, ad Aquileia, alle decisioni prese dal sinodo provinciale convocato dal patriarca Bertrando. Il 26 febbr. 1340 Benedetto XII lo incaricava di inquisire sul presunto comportamento scandaloso dell'agostiniano Francesco Ramponi, vescovo di Ceneda, e il 30 marzo seguente aggiungeva la commissione di inquisire su una contesa dello stesso Ramponi con notabili della sua diocesi. Nel 1343, d'accordo con il capitolo vicentino, B. sopprimeva la dignità di prevosto della cattedrale, devolvendo le entrate alla mensa del capitolo stesso.
Dopo l'avvento al pontificato di Clemente VI, evidentemente in seguito alle accuse che gli erano mosse dall'ostile ambiente vicentino, B. appare in due documenti (7 nov. 1345 e 10 marzo 1346) sospeso dal suo ufficio; ma si firma tuttavia ancora vescovo vicentino in un atto di investitura di un feudo datato 17 febbr. 1347. Nel 1346 sappiamo che era presente ad Avignone: per chiarire, presumibilmente, la sua posizione. Forse nell'impossibilità di sanare la situazione nella diocesi di Vicenza, Clemente VI lo trasferì, il 24 ott. 1347, alla cattedra di Rieti. I documenti che ci restano della sua attività reatina, tra cui costituzioni sinodali (v. i regesti in Lippens, 1937, pp. 117 s.), testimoniano fra l'altro della sua attività per correggere e riformare, e per riappacificare contendenti. Ebbe a subire dall'Albornoz una multa e, per mancato versamento di provvigioni, incorse anche in una scomunica, da cui lo assolveva, nel maggio 1358, il legato Androino di Cluny.
B. morì, verosimilmente a Rieti, il 30 apr. 1378, come si leggeva nell'epitaffio, ora scomparso.
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