GUASCONI, Biagio
Nacque a Firenze presumibilmente nei primi decenni del Trecento, nel "popolo" di S. Lorenzo, nel sesto di Porta S. Piero, da Piero di Nardo, detto Bonaccio, e da Agnola Infangati; da questo matrimonio nacquero anche Bonaccio, Iacopo, Rinuccino e Zenobi.
La famiglia del G. era legata all'arte della lana e rappresentava una delle consorterie politicamente più influenti nell'ambito della classe oligarchica fiorentina, di cui lo stesso G. divenne un esponente di rilievo.
L'ingresso del G. nella vita pubblica è testimoniato da un atto del 1342, riguardante la pace stipulata tra il duca di Atene, Gualtieri di Brienne, divenuto signore di Firenze l'8 settembre di quell'anno, e i membri della casata dei Guasconi.
L'immatricolazione del G. all'arte della lana dovette avvenire negli anni Quaranta del XIV secolo, come si desume da un registro che contiene i nominativi degli iscritti dal 1353 al 1405, dove egli compare all'inizio di un elenco non datato. Ricoprì, in diverse occasioni, la carica di console dell'arte (eletto per la prima volta il 1° maggio 1348). L'entrata nella vita politica avvenne il 1° sett. 1351 con l'estrazione all'ufficio di gonfaloniere di Giustizia; in seguito ebbe il priorato dal 1° nov. 1353 e quindi dal 1° maggio 1357.
Il G. fu anche attivamente impegnato nell'ambito dello Studio fiorentino, di cui più volte fu ufficiale, come risulta in numerosi atti riguardanti l'attività universitaria: compare, per esempio, in tale veste in due documenti del 23-24 ag. 1358 e del 9 ott. 1358. Il 18 maggio 1359 venne immatricolato nell'arte della seta. Dal 1° sett. 1361 fu ancora console dell'arte della lana e fu nuovamente priore dal 1° luglio 1362.
Il 22 febbr. 1364 il G. risulta essere in carica come ufficiale dello Studio; nello stesso anno partecipò con esito positivo allo squittinio per il priorato. In un atto del 10 giugno 1365 appare come ufficiale dello Studio e l'anno successivo si qualificò di nuovo nello squittinio per il priorato. Fu eletto priore il 1° genn. 1370 e ancora il 1° luglio 1372.
Dal 1° maggio 1374 fu console dell'arte della lana, carica alla quale venne rieletto il 1° maggio 1376; contemporaneamente, sempre dal 1° maggio, fu gonfaloniere di Giustizia.
Fu esponente tra i più significativi della Parte guelfa e il 20 luglio 1378, nel pieno della rivolta dei ciompi, fu nominato dal popolo, insieme con altri cittadini, cavaliere a spron d'oro (che gli valse la qualifica di miles) e, il 18 ottobre seguente, prestò giuramento di fedeltà, ricevendo dal Comune lo scudo e il pennone. Il 1° genn. 1380 ebbe per l'ultima volta l'incarico di console dell'arte della lana. Nel febbraio del 1380, tuttavia, in seguito ai provvedimenti restrittivi riguardanti soprattutto l'accesso alle cariche pubbliche, emanati dal governo instauratosi dopo il tumulto dei ciompi, anche il G. fu annoverato tra i magnati.
Successivamente, con la ripresa politica della classe oligarchica, il ruolo del G. acquistò maggiore incisività nell'ambito del regime andato al potere nel 1382: in questo stesso anno, infatti, fece parte della Balia e vinse lo squittinio per il priorato. Nel 1386, dal 1° maggio, fu nuovamente gonfaloniere di Giustizia. L'influenza e l'importanza del ruolo del G. all'interno del nuovo reggimento appaiono anche dalla sua frequente partecipazione ai dibattiti politici nelle consulte: per esempio, il 24 maggio e il 18 e 19 luglio 1387 intervenne esprimendo dure critiche all'atteggiamento del pontefice Urbano VI e il 27 ottobre seguente manifestò preoccupazione per la politica antifiorentina di Gian Galeazzo Visconti. Il 12 sett. 1388 fu eletto nuovamente ufficiale dello Studio con inizio del mandato il 1° ottobre. La sua presenza nelle consulte è ancora attestata il 26 marzo 1389, quando prese posizione a favore di una riconciliazione tra Firenze e Siena.
Il G. morì a Firenze il 30 sett. 1389 e venne sepolto nella chiesa di S. Maria Novella.
Il G. aveva sposato Nicoletta di Neri Covoni (in Arch. di Stato di Firenze, Manoscritti, 597, ins. 43, è indicato anche che il G. ebbe una seconda moglie, Lulla di Niccolò della Foresta, sposata nel 1400: ma l'indicazione risulta errata in quanto in quell'anno egli era già morto). Dall'unione nacquero Bernardo, che sposò Lisa di Cristofano Spini, Domenico, che sposò Bartolomea Altoviti, Iacopo, che si unì ad Albiera di Filippo Baroncelli, Filippo sposatosi con Ginevra di Niccolò Albizzi, e Tommasa andata in moglie a Giovanni Rondinelli.
Al G. è dedicata la Philomena, un poema incompiuto, a carattere allegorico, attribuito a Giovanni Gherardi, il cui testo è stato parzialmente pubblicato da A. Wesselofsky (in Il Paradiso degli Alberti, I, 2, pp. 109-192) e, integralmente, da C. Del Balzo (Poesie di mille autori intorno a Dante Alighieri, Roma 1891, III, pp. 311-412), e recentemente da M. Ceci, Roma 1996, sulla base del manoscritto Magl. VII.702 della Biblioteca nazionale di Firenze. La dedica al G. è apposta sulla prima carta del manoscritto, che si presenta tuttavia poco leggibile a causa di una vasta macchia di inchiostro. Un altro manoscritto, il Magl. VII.141, che contiene il primo libro della Philomena, conferma il nome del dedicatario dell'opera del Gherardi: "Opera del venerabile huomo Giovanni di Gherardo da Cigniano diritta a messer Biagio Ghuaschoni suo carissimo" (Garilli, p. 47).
Riguardo al nome del dedicatario dell'opera, cioè il miles Biagio Guasconi, dal Wesselofsky identificato con il G., recentemente A. Lanza ha ritenuto invece che si trattasse di Biagio di Iacopo, nipote del Guasconi. In proposito occorre precisare che la dedica della Philomena al Guasconi, riportata dal manoscritto Magl. VII.702, si trova solo nella prima stesura dell'opera; in seguito, infatti, sullo stesso manoscritto l'incipit con il nome del destinatario venne cancellato. Il Lanza ritiene che questa modifica sia avvenuta per una svista e che ciò non significhi che il Guasconi fosse morto o che l'autore non volesse più dedicargli il suo scritto. Il Lanza data, infatti, la stesura della Philomena posteriormente al 1406, in quanto negli ultimi versi del secondo libro sono menzionati come già defunti Franco Sacchetti e Coluccio Salutati, morti rispettivamente nel 1400 e nel 1406. Su questa base egli identifica il destinatario della Philomena con Biagio di Iacopo Guasconi, che all'epoca della composizione dell'opera iniziava la sua ascesa politica. Questa tesi non sembra tuttavia sostenibile per vari fattori: infatti, il dedicatario della Philomena nel Magl. VII.702 è qualificato come miles, cioè cavaliere, e quindi non può che trattarsi del G., dal momento che il nipote Biagio di Iacopo non fu mai miles. Inoltre, negli anni in cui il Lanza ritiene che sia iniziata la stesura dell'opera, cioè dopo il 1406, Biagio di Iacopo non era ancora avviato alla vita politica, né tantomeno raggiunse una posizione di rilievo nell'ambito del reggimento oligarchico, come invece era avvenuto per il suo avo. Infine la dedica di un'opera, che era una questione di particolare delicatezza e rilevanza, non poteva essere eliminata per una semplice svista: più ragionevolmente si può supporre che la stesura della Philomena, iniziata prima del 1389, sia stata proseguita e terminata dopo questa data, e che l'autore, o chi per lui, morto nel frattempo il G., ne abbia voluto cancellare il nome perché ormai inutile e inattuale.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Balie, 1, c. 36r; 17, c. 5v; Arte della lana, 20, c. 79r; 32, cc. 11r, 14v, 18v, 19r, 20r; Arte della seta, 7, c. 26r; Priorista di Palazzo, cc. 96r, 99r, 102r, 107r, 114r, 117r, 121r, 132r; Tratte, 313, c. 12r; 323, c. 9v; 355, c. 111r; Diplomatico, Riformagioni, 1364 febbr. 22; 1365 giugno 10; Capitoli del Comune di Firenze, 27, c. 107v; Consulte e pratiche, 26, cc. 42v-44r, 66v, 68v, 121r; 27, c. 101r; Ufficiali dello Studio, 3, c. 11v; Notarile antecosimiano, 15085, cc. 55r-60v; Manoscritti, 360, c. 163r; 597, ins. 43; 625, p. 701; 812, c. 181r; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, a cura di N. Rodolico, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXX, 1, pp. 318, 324, 412 s.; Delizie degli eruditi toscani, IX (1777), pp. 187, 221; XIII (1780), pp. 174, 341; XIV (1781), pp. 14, 40, 85, 100, 159, 186; XV (1781), pp. 6, 24, 132; XVI (1783), pp. 98, 118, 208; XVII (1783), p. 170; XVIII (1784), pp. 12, 25, 89; XX (1785), p. 366; Il Paradiso degli Alberti. Ritrovi e ragionamenti del 1389, a cura di A. Wesselofsky, Bologna 1867, I, 2, pp. 227 s.; A. Gherardi, Statuti della Università e Studio fiorentino, Firenze 1881, pp. 142, 166, 288, 291, 310; S. Orlandi, Necrologio di S. Maria Novella, II, Firenze 1955, p. 605; F. Garilli, Cultura e pubblico nel "Paradiso degli Alberti", in Giorn. stor. della letteratura italiana, CXLIX (1972), p. 47; G. Gherardi da Prato, Il Paradiso degli Alberti, a cura di A. Lanza, Roma 1975, p. LV; G. Brucker, Dal Comune alla Signoria. La vita pubblica a Firenze nel primoRinascimento, Bologna 1981, pp. 137, 139, 203 s., 311, 357; A. Lanza, Polemiche e berte letterarie nella Firenze del primo Rinascimento (1375-1449), Roma 1989, p. 187; R. Zaccaria, Documenti su Biagio Guasconi e la sua famiglia, in Interpres, XI (1991), pp. 298-301; R. Bessi, Due note su Giovanni Gherardi daPrato, ibid., pp. 330 s.; A. Lanza, La letteratura tardogotica. Arte e poesia a Firenze eSiena nell'autunno del Medioevo, Roma 1994, pp. 702 s.; F. Bausi, Gherardi, Giovanni, in Diz.biogr. degli Italiani, LIII, Roma 1999, p. 566; Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, XIII, pp. 36 s.