LISCI, Biagio
Nacque a Volterra intorno al 1423 da messer Benedetto di Iacopo e da Bartolomea, o Lisa, di Moisatto Rapucci; dal matrimonio nacquero anche Niccolò, Antonio, Iacopo e Girolamo.
Il padre, per il ruolo di primo piano avuto nella fallita congiura antifiorentina del 1432, quando era priore, fu condannato a morte in contumacia (si era rifugiato a Siena) e subì, al pari del fratello Nanni, la confisca di parte dei considerevoli beni che facevano dei Lisci una delle famiglie più ricche di Volterra. Comunque, la casata dovette riacquistare prestigio già prima della metà del secolo, grazie anche al favore dei Medici.
Il L. dovette compiere gli studi notarili a Siena, ma nel luglio del 1443 era a Firenze come precettore. Ne dà notizia egli stesso in un codice che possedette tra il 1443 e il 1472 (Volterra, Biblioteca comunale, Mss., 5031) e in cui tra le altre cose trascrisse, stando alle attribuzioni esplicite, almeno sei carmi latini da lui composti a partire dal 1444, la lirica in volgare Non è in Firenze tanti Neci o Lapi, del 1459, e alcune epistole scambiate soprattutto con suo cugino Niccolò di Nanni, legato pontificio e segretario dei reali di Ungheria. Inoltre, nel codice scrive che si trovava a Pistoia nel febbraio 1449, forse in qualità di segretario del capitano del Popolo, e che fu designato cancelliere di Pescia nell'agosto 1450.
Il L. seguì quindi la carriera notarile del padre, conseguendo l'immatricolazione nell'arte dei giudici e notai di Volterra nel 1462, ma già rogava negli anni Cinquanta: suoi atti si conservano a partire dal 1454.
Vicino per amicizia e parentela alla fazione filomedicea a Volterra facente capo agli Inghirami e ai Barlettani, fu coinvolto nei disordini legati al caso delle miniere di allume del 1470. Per questo, dopo essere stato aggredito nell'estate del 1471, fu costretto, quando scoppiarono i più gravi tumulti del febbraio 1472, a riparare precipitosamente con Paolo Inghirami, Romeo Barlettani e altri importanti esponenti della sua parte nel palazzo del capitano fiorentino Bernardo Corbinelli. Nell'assalto al palazzo, avvenuto nella notte tra il 22 e il 23 febbraio, rimase intrappolato e si rifugiò dentro un camino dove racconta di essere rimasto per circa dieci ore, mentre l'Inghirami e il Barlettani venivano uccisi dai rivoltosi. Scampato il primo pericolo, si recò a Loreto, per sciogliere il voto fatto alla Madonna in cambio della salvezza ottenuta, e rientrò a Volterra soltanto poco dopo la fine del sacco, avvenuto il 18 giugno 1472, che doveva aver colpito anche i suoi beni.
Da quella vicenda scaturì il Libellus de direptione suae patriae, un resoconto in latino composto prima del 18 maggio 1473, di gusto e di impianto sallustiani, intorno alle vicende riguardanti Volterra e il saccheggio subito a opera delle truppe fiorentine guidate da Federico da Montefeltro, cui il libello è dedicato. Il L. riporta inizialmente avvenimenti che egli aveva visto o addirittura vissuto direttamente almeno fino alle uccisioni del 23 febbr. 1472, mentre la seconda parte è composta in base a notizie di seconda mano reputate attendibili. Così, accanto a episodi che lo avevano toccato personalmente, vengono descritte le cause e lo svolgimento dei fatti in un'ottica filomedicea moderata, distante dallo stesso Inghirami, cui pure il L. era legato, e non totalmente ossequiosa nei confronti di Lorenzo de' Medici, se l'umanista Antonio Ivani, amico e corrispondente del L. e già cancelliere di Volterra dal gennaio 1466 al marzo 1471, si premurò di scrivere una sua versione, destinata a essere adottata come ufficiale, in cui l'intromissione del Medici appare molto sfumata. Ma la chiave di lettura dell'opera sta nella convinzione del L. che Volterra avesse perso le sue ultime libertà a causa delle divisioni interne. Tra le varie posizioni, l'atteggiamento che riscuote la sua simpatia è infatti quello di quei "boni cives" che hanno cercato sempre l'accordo tra gli interessi della patria e le richieste di Firenze, mettendo in secondo piano il tornaconto privato.
Poco dopo essere rientrato a Volterra, il L. si trasferì a Firenze insieme con i capi della fazione medicea colpiti dai bandi emanati. Comunque, ben presto - almeno dopo il maggio 1473 - dovette fare ritorno in patria: per i danni patiti e la fedeltà dimostrata a Firenze, fu tra i beneficiati dalla Signoria fiorentina che, dal 29 luglio 1472, aveva esentato, tra gli altri, lui e i suoi figli Mariotto e Anna dalle gravezze per venti anni, a Volterra e a Firenze.
La fiducia di Lorenzo de' Medici per il L. è dimostrata anche in due lettere del Magnifico, la prima indirizzata direttamente a lui per una raccomandazione il 18 nov. 1481, la seconda inviata ai governanti di Volterra il 12 dicembre successivo, in cui è il L. a essere raccomandato da Lorenzo, come suo "singolare amico", per la carica di sostituto provvisorio del cancelliere ser Pier Francesco di Filippo da San Miniato: il L. rogò dal marzo 1482 per lo più nel palazzo del capitano di Volterra.
Per il periodo successivo mancano notizie, e non sono noti luogo e data della morte del L., che continuò a svolgere la professione notarile fino in età veneranda: l'ultimo atto sottoscritto risale all'8 dic. 1514 (Arch. di Stato di Firenze, Notarile antecosimiano, 11832, n. 266), ma sarebbe a lui attribuibile un atto addirittura in data 10 dic. 1517 (ibid., n. 267). È attestata inoltre una corrispondenza con l'umanista volterrano Tommaso Inghirami detto Fedra tra il 1510 e il 1514.
L'opera del L. è edita in Il sacco di Volterra nel MCDLXXI. Poesie storiche contemporanee e commentario inedito di Biagio Lisci volterrano tratto dal cod. Vaticano-Urbinate 1202, a cura di L. Frati, Bologna 1886, pp. XXVIII s., 113-159.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Capitoli del Comune, reg. 72, cc. 20v-21r; Catasto, 240, c. 36r; Notarile antecosimiano, 11825-11832; Volterra, Biblioteca comunale, Mss., 5031 (XLIII.2.15); Archivio Maffei: R.S. Maffei, Genealogie volterrane, LI, pp. 4 s.; LII, pp. 84 s.; A. Ivani, Sarzanensis historia de Volaterrana calamitate, a cura di F.L. Mannucci, in Rer. Ital. Scrip., 2a ed., XXXIII, 4, p. 15; Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico per gli anni 1473-74, 1477-92, a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1956, p. 172; L. de' Medici, Lettere, VI, 1481-1482, a cura di M. Mallett, Firenze 1990, pp. 144 s.; [A. Medin], recensione a Il sacco di Volterra…, in Giorn. stor. della letteratura italiana, VII (1886), pp. 451-454; A. D'Ancona, rec. a Il sacco di Volterra…, in Riv. stor. italiana, IV (1887), pp. 76 s.; R.S. Maffei, Due lettere ed un sonetto di B. L., in Rass. mensile di storia, letteratura ed arte per la città di Volterra e suo territorio, I (1898), 1, pp. 1-4; T. Cangini, Il sacco di Volterra e i suoi perché, in Rassegna volterrana, II (1925), p. 7; E. Fiumi, L'impresa di Lorenzo de' Medici contro Volterra (1472), Firenze 1948, pp. 48-50; I. Inghirami, Notizie dei codici, degli autografi e delle stampe riguardanti le opere dell'umanista volterrano Tommaso Inghirami detto Fedro, in Rassegna volterrana, XXI-XXIII (1955), pp. 35 s.; E. Insabato - S. Pieri, Il controllo del territorio nello Stato fiorentino del XV secolo. Un caso emblematico: Volterra, in Consorterie politiche e mutamenti istituzionali in età laurenziana, a cura di M.A. Morelli Timpanaro - R. Manno Tolu - P. Viti, Firenze 1992, p. 207; M. Martelli, Il sacco di Volterra e la letteratura contemporanea: storia di un'operazione di politica culturale, in Rassegna volterrana, LXX (1994), pp. 187-214 (in partic. pp. 189-191); M. Bardini, I lamenti per il sacco di Volterra (1472), in La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnifico. Politica, economia, cultura, arte.Atti del Convegnodi studi…, Firenze-Pisa-Siena… 1992, II, Pisa 1996, pp. 646 s.; A. Marrucci, I personaggi e gli scritti. Diz. biogr. e bibl. di Volterra, in Diz. di Volterra, a cura di L. Lagorio, III, Pisa 1997, pp. 1086 s.