NARDI, Biagio
– Nacque il 3 febbraio 1768 ad Apella (centro della Lunigiana appartenente al Ducato di Massa e Carrara) da Giambattista, piccolo proprietario terriero, e da Maria Santi, discendente da un’agiata famiglia locale.
Le notizie sulla giovinezza e, in generale, sulla prima parte della vita di Nardi sono scarse e non sempre adeguatamente circostanziate: costretto dal padre ad abbracciare la carriera ecclesiastica, frequentò per tre anni l’Università a Parma. Nel 1790, anche grazie all’intervento del vescovo di Sarzana Giulio Cesare Lomellini, venne promosso al sacerdozio. Nel periodo successivo, esercitò il ministero ad Apella, a Firenze e infine a Correggio (chiamatovi dal conterraneo Giuseppe Antonetti), ove fu anche maestro elementare. Successivamente alla prima discesa in Italia di Napoleone Bonaparte (1796-97), abbandonò l’abito talare e riprese gli studi, conseguendo in breve tempo la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Modena. Il 16 settembre 1802 sposò l’attrice teatrale Maria Balugani: come numerosi altri sacerdoti coniugatisi durante la rivoluzione francese, solamente a nozze avvenute ottenne la dispensa ecclesiastica dal pontefice Pio VII. Stabilitosi a Modena con la moglie (dalla quale ebbe sei figli), si dedicò con grande successo alla professione forense, riuscendo a garantirsi in pochi anni un’ampia e variegata clientela. Appassionato collezionista librario, assemblò nel tempo una biblioteca ricca non soltanto di testi giuridici, ma anche di letteratura italiana e straniera.
Personalità tra le più eminenti all’interno della cittadinanza modenese, ebbe un ruolo di primo piano nei concitati eventi seguiti all’abbandono dei territori del Ducato di Modena da parte di Francesco IV (3 febbraio 1831). Rimangono peraltro privi di una risposta esauriente gli interrogativi legati all’eventuale ruolo che svolse nelle ambigue fasi preparatorie (dominate in primo luogo dalle figure di Ciro Menotti e Enrico Misley) del moto rivoluzionario: la donazione ai figli di tutti i suoi averi effettuata proprio la mattina del 3 febbraio sembrerebbe attestare un suo coinvolgimento, perlomeno indiretto. Nel primo Governo provvisorio, proclamato il 6 febbraio in seguito a imponenti manifestazioni popolari culminate in una dimostrazione nel palazzo comunale, figurò come «aggiunto», assieme a Francesco Cialdini e Leopoldo Bellentani, agli otto Conservatori. Tre giorni più tardi, un solenne atto pubblico (dettato da Nardi, rogato da Vincenzo Borelli e sottoscritto da oltre 70 cittadini) decretava, «considerando che il popolo di Modena e sua provincia sono stati abbandonati da S.A.R. Francesco IV [...] senza notificazione alcuna, [...], considerando che non è stata dalla prelodata S.A.R. né nominata, né costituita alcuna reggenza di governo» (cit. in Sforza, 1909, pp. 93 s.), che fosse affidata a Nardi la «carica di Dittatore di Modena e sua Provincia, durabile fino alla cessazione di ogni pericolo, e sino a più stabili nomine de’ Rappresentanti del Popolo e Popoli della Provincia Modenese» (ibid., p. 94). Al dittatore, titolare al contempo della funzione legislativa e di quella esecutiva, furono affiancati un segretario generale (Cialdini) e una Dieta composta da tre consoli.
Il 12 febbraio 1831 Nardi rivolse ai concittadini un vibrante proclama, rigorosamente ancorato ai principi cardine dello stato di diritto: «La libertà – vi si poteva tra l’altro leggere – è ricondotta fra noi. Può essere momentanea, può essere eterna se noi vogliamo. [...]. Voi siete liberi, o Modenesi e abitanti di questa Provincia, perchè comandate ed ubbidite a voi stessi, o per meglio dire, non comandate, né ubbidite ad alcuno: è la legge che comanda a tutti , e tutti a quella debbono ubbidire. [...]. Voi ora sapete cosa vuol dir libertà; non vuol dire licenza o libertinaggio, vuol dire far uso di una facoltà dell’anima sulla scorta della ragione e delle leggi. Osservanza delle leggi adunque, ed ubbidienza alle Autorità provvisoriamente costituite sia la vostra norma costante» (ibid., pp. 102 s.). Non sfuggiva a Nardi la necessità di collocare le vicende modenesi nel più ampio contesto della causa nazionale italiana: «L’Italia è una sola, la nazione italiana è una sola, perchè a tutti gli abitatori d’Italia appartiene questa classica terra [...]. Se dunque popoli divisi fra di loro di una stessa nazione si riuniscono spontaneamente fra loro [...] qual timore vi può mai essere di violare la legge di quel non intervento, che lega soltanto quelle cinque potenze europee che hanno convenuta fra loro tale legge, che io chiamerei poi una legge inumana e crudele!» (ibid., p. 106).
Pur operando in circostanze eccezionalmente difficili, Nardi non si fermò alle enunciazioni di principio, dando vita, nel brevissimo torno di tempo in cui rimase in carica, a una produzione legislativa, certo tumultuosa e disorganica, ma che si propose di intervenire in molteplici aspetti della società modenese.
Nel tentativo di alleviare almeno in parte le durissime condizioni di vita delle classi meno abbienti, dispose l’abolizione della tassa annua di una lira italiana sopra ogni bifolca di terreno arato, zappato e coltivato a piante annue nella montagna modenese, soppresse la tassa personale e il testatico sul bestiame, fece distribuire farine nel circondario di Carpi, ordinò la restituzione a titolo gratuito di qualsiasi oggetto (di valore non superiore alle 5 lire italiane) posto in pegno nel Monte generale di pietà di Modena. Grande attenzione fu poi dedicata alla organizzazione della Guardia nazionale e alla ricerca di un migliore assetto per le forze armate tradizionali. Le energie migliori furono però indirizzate all’adozione di provvedimenti volti a demolire le soffocanti tutele, proprie dei regimi dell’età della Restaurazione, sulla cultura e sull’organizzazione scolastica e universitaria: furono abrogate (con decreto del 12 febbraio 1831) le disposizioni del 29 aprile 1828 concernenti il corpo dei censori e l’obbligo di sottoporre al bollo i libri, in quanto «contrarie al perfezionamento dell’uomo per l’ostacolo che pongono al progresso de’ lumi e delle scienze, ed anche al commercio e all’industria» (ibid., p. 157) e, «riconosciuta l’urgenza di provvedere senza ritardo alla pubblica istruzione» ( p. 162), Nardi dispose (decreto del 22 febbraio 1831) lo scioglimento dei licei convitti di Modena, Mirandola e Fanano (considerati ricettacolo d’ignoranza e superstizione) e la riapertura del ginnasio e dell’Università di Modena. Corpose e circostanziate norme relative furono varate relativamente alla scelta dei programmi di studio e alla selezione e retribuzione del corpo docente. Inoltre, furono previste forme di assistenza per gli studenti appartenenti alle classi disagiate.
Attraverso tale attività normativa, Nardi mostrò di aver colto il legame inscindibile fra istruzione, ricerca, diffusione della cultura e progresso civile, sociale ed economico delle popolazioni. Denso di significato fu, infine, il decreto del 20 febbraio 1831 con il quale Nardi, «considerando che in un governo fondato sopra principî di eguaglianza di tutti i cittadini in faccia alla legge, quanto sia al godimento de’ diritti civili, non deve esservi differenza fra quelli che fanno parte di quella civile società, [...], qualunque sia la sua forma, e qualunque sia la Religione che ciascun cittadino professa» (ibid., p. 158), abrogava le disposizioni che proibivano agli ebrei di acquistare o di possedere a qualunque titolo beni immobili al di fuori del ghetto. Sebbene non paragonabile alla norma che il 19 giugno 1848 nel regno di Sardegna avrebbe concesso agli ebrei il pieno godimento dei diritti civili e politici, il decreto del 20 febbraio 1831 costituisce una pietra miliare nell’attività legislativa di Nardi.
Durante i concitati giorni del febbraio 1831, Nardi non volle tralasciare la possibilità di conseguire un efficace coordinamento con altri centri del Ducato di Modena: il risultato più apprezzabile fu l’istituzione del Governo provvisorio delle città e provincie di Modena e Reggio Emilia (perfezionata tra il 17 e il 22 febbraio 1831), nel quale egli assunse la carica di vice del presidente, il reggiano Pellegrino Nobili. L’energica e competente attività politica e legislativa dispiegata da Nardi nulla potè contro la restaurazione granducale, resa possibile dal contesto internazionale del tutto sfavorevole ai rivoluzionari. Abbandonata Modena il 6 marzo 1831 assieme agli altri componenti del governo provvisorio, Nardi (raggiunto da ordine di arresto nove giorni più tardi) si rifugiò dapprima a Bologna, quindi ad Ancona e, infine, a Corfù, ove giunse nell’aprile 1831, bene accolto dalle autorità britanniche che all’epoca controllavano l’isola. Con decreto del 20 marzo 1831 il restaurato governo del duca Francesco IV aveva nel frattempo stabilito di sottoporre al giudizio di un tribunale statale chiunque avesse in qualche modo concorso alla gestione della cosa pubblica nel breve periodo rivoluzionario. Valendosi dell’amicizia del conte Luigi Maineri, direttore e ispettore generale delle poste ducali, Nardi riuscì quantomeno a tenere regolari contatti epistolari con la famiglia. Sostenendo di essere stato nei concitati giorni della rivoluzione, grazie alla propria condotta moderata e prudente, un argine ad ancor più pericolose derive, presentò fiducioso al duca Francesco IV domanda di grazia, che venne però respinta (soprattutto per volontà del direttore generale della polizia Francesco Garofalo) il 19 agosto 1831. Negli anni seguenti, sfumata la possibilità di tornare a Modena, Nardi coltivò invano la speranza di potersi stabilire in Toscana o nello Stato pontificio, rassegnandosi infine a vivere a Corfù, ove si spense il 27 luglio 1835.
Il 6 giugno 1837 la Commissione militare stataria di Modena condannò Nardi alla pena della forca da eseguirsi in effigie e alla confisca dei beni. Le suddette disposizioni, grazie a un rescritto granducale del 12 giugno seguente, non vennero però eseguite.
Fonti e Bibl.: G. Sforza, La rivoluzione del 1831 nel Ducato di Modena, Roma-Milano 1909, ad ind.; Id., Il dittatore di Modena B. N. e il suo nepote Anacarsi, Milano 1916; G. Canevazzi, A proposito di B. e Anacarsi Nardi, Roma 1917; M. Moscarini, B. N., in Diz. del Risorgimento nazionale: dalle origini a Roma capitale, diretto da M. Rosi, III, Le persone, Milano 1933, pp.676 s.; C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, II, Da dopo i moti del 1820-21 alla elezione di papa Pio IX (1846), Milano 1934, pp. 382-384, 453, 479; L. Amorth, Modena capitale. Storia di Modena e dei suoi duchi dal 1598 al 1860, Milano 1967, pp. 352, 357; L. Lavagnini, Rapporti familiari e politici fra B. N. e il suo nipote Anacarsi, Modena 1968; B. e Anacarsi Nardi patrioti del Risorgimento, s.l. 1983; B. N., in A. Barbieri, Modenesi da ricordare. Politici, diplomatici e militari, II, Modena 1973, pp. 74 s.