BIAGIO
Sono ignoti l'anno e il luogo della nascita di questo arcivescovo di Torres. Proveniva dalla diocesi di Nevers, dove godette di quelle prebende, che, dopo la sua elezione alla cattedra turritana, Innocenzo III si preoccupò di far assegnare a due nipoti di B. (11 marzo 1203). Venuto a Roma non si sa in quale anno, vi ricoprì la carica di suddiacono e notaio pontificio: in tale veste compare nei privilegi di Innocenzo III dall'11 nov. 1200 al 25 febbraio 1203 (Potthas, p. 467). Nella bolla del 1º dic. 1202 risulta però già arcivescovo eletto di Torres: la consacrazione dovette avvenire qualche mese dopo, ma prima del 7 marzo 1203.
Convinto assertore della politica pontificia e buon diplomatico, B. era evidentemente la persona adatta - e di sicura fiducia per Innocenzo III, che lo aveva avuto vicino nella sua attività presso la Curia - per la soluzione di alcuni delicati problemi sardi interessanti la S. Sede, e soprattutto per fronteggiare e limitare l'influenza dell'arcivescovo pisano, che, talora esorbitando dalle proprie attribuzioni, esercitava nell'isola la primazia e legazia pontificia.
La prima grave questione nella quale B. si trovò probabilmente implicato fu quella dell'assassinio del vescovo di Ploaghe, dell'abate di Tergu e del vicario camaldolese: forse proprio dietro suo consiglio il 10 marzo 1203 Innocenzo III inviava agli arcivescovi e vescovi dell'isola una lettera nella quale, censurandone aspramente il comportamento passivo, ordinava loro di pubblicare le sentenze di scomunica contro gli uccisori e di tentare, avvalendosi delle censure ecclesiastiche, di impedire che i giudici li accogliessero nei loro domini.
Forse la presenza di B. contribuì anche a scongiurare una nuova invasione del giudicato di Torres da parte del giudice cagliaritano Guglielmo di Massa, cui sembra alludere la lettera di Innocenzo III del 10 marzo 1203: in quell'occasione il pontefice prendeva sotto la sua protezione il giudice di Torres, Cornita, e ingiungeva all'arcivescovo di Pisa e ai suoi suffraganei di difendere il giudicato da coloro che, essendo cittadini pisani, erano soggetti alla sua giurisdizione ecclesiastica.
Nei primissimi tempi della sua nuova carica B. ricevette dal pontefice l'incarico di risolvere il problema della sepoltura ecclesiastica del giudice Costantino di Torres, che, scomunicato dall'arcivescovo di Pisa per essersi rifiutato di restituire il castello di Torres, era morto senza assoluzione; Innocenzo III incaricava B. di indagare se fossero stati veri il pentimento e la richiesta di assoluzione del defunto, secondo quanto asseriva il fratello Conmta, succedutogli nel giudicato, e, in caso affermativo, di concedere la sepoltura ecclesiastica (22 marzo 1203). Con lettera della stessa data B. veniva anche incaricato di riscuotere il censo dovuto alla Chiesa, da arcivescovi, vescovi e da tutti gli enti ecclesiastici o laici.
Ma i compiti più importanti riservati a B. erano la sistemazione di questioni religiose e politiche riguardanti il giudicato di Arborea, l'esame della situazione nel giudicato di Gallura dopo la morte del giudice Barisone III e il problema delle future nozze di Elena, sua unica figlia: così risulta nella lettera di Innocenzo III del 22 marzo 1203 con la quale invitava i giudici di Torres, Cagliari e Arborea ad accogliere B. onorevolmente, ad obbedirgli e a favorirlo nell'espletamento dei suoi incarichi. Con bolla della stessa data, ricordando la soggezione della Sardegna alla Chiesa romana, il papa ordinava loro di prestare nelle mani di B. il giuramento di fedeltà dovuto alla S. Sede.
B. dovette superare gravi difficoltà per ottenere il giuramento del giudice cagliaritano
Guglielmo di Massa, che asseriva di averlo già prestato nelle mani dell'arcivescovo di Pisa, Ubaldo. Si rese necessario l'intervento dello stesso Innocenzo III, il quale, oltre che presso Guglielmo, si adoperò presso Ubaldo, perché assolvesse il giudice di Cagliari dal suo giuramento e provvedesse piuttosto a sollecitarne quello di fedeltà alla Chiesa di Roma (lettere del papa a Guglielmo del 15 sett. 1203 e a Ubaldo del 2 luglio 1204, del 29 maggio 1205, un'altra dello stesso anno probabilmente precedente a questa - il Potthast, n. 2526, la data invece ipoteticamente al 3 giugno -, e ancora del 14 marzo e 6 maggio 1206).
All'origine della contesa stava la sostanziale inconciliabilità tra le prerogative concesse dal pontefice a B. e la primazia e legazia sulla Sardegna spettanti all'arcivescovo pisano: inconciliabilità che Innocenzo III aveva tentato di risolvere sul piano pratico fin dal 3 luglio 1204, quando scriveva a B. che non avrebbe dovuto intralciare Ubaldo nelle sue funzioni di legato e di primate e che avrebbe dovuto prestargli obbedienza soltanto nel caso che questi si fosse recato nell'isola con autorità apostolica per il disimpegno del suo ufficio; quando era lontano dalla Sardegna, o quando vi fosse andato per altri motivi, B. non lo avrebbe dovuto considerare come legato.
Il negozio che maggiormente stava a cuore al pontefice era il matrimonio di Elena di Gallura: dalla scelta del pretendente derivava infatti la possibilità di mantenere la preminenza pontificia su questo giudicato. A B. fu dato l'incarico di far prevalere la volontà del papa, e in primo luogo d'impedire il matrimonio con Ittocorre, fratello del giudice di Torres Comita (a questo si riferiscono due lettere pontificie del 15 sett. 1203); B. riuscì anche a far desistere Guglielmo Malaspina, cognato di Guglielmo di Massa, dalle sue mire verso la Gallura (15 sett. 1203) e intervenne direttamente presso Elena, come si ricava dalla lettera del 2 luglio 1204, in cui il pontefice si congratulava con lei perché, seguendo l'indirizzo paterno, sembrava voler mantenere un atteggiamento di devozione alla S. Sede. A Ricco, arcivescovo di Cagliari (2 luglio 1204), Innocenzo III raccomandava di seguire le disposizioni dell'arcivescovo di Torres. Ma quando i concorrenti locali sembravano essere eliminati, e l'animo dell'ereditiera di Gallura predisposto alle nozze con Trasmondo, cugino del pontefice (lettera di Innocenzo III dell'11 maggio 1206), Elena nel 1207 sposava il pisano Lamberto Visconti. B. non era dunque riuscito a condurre a buon esito l'incarico, e probabilmente la sua missione era stata anche ostacolata dall'ostilità del clero locale. Di rapporti assai tesi di B. con questo, anche se non si precisa l'occasione, parla infatti la lettera del 3 luglio 1204, in cui Innocenzo III rimproverava aspramente gli arcivescovi, vescovi e prelati dell'isola per aver fatto mancare, "cupiditate detestabili", il necessario all'arcivescovo turritano in viaggio per la Sardegna con incarichi riguardanti la S. Sede, invitandoli per il futuro a voler provvedere in simili circostanze.
Contrasti con il clero locale B. dovette anche affrontare quando volle recuperare alcuni censi indebitamente sottratti alla sua Chiesa, come risulta dalla lettera di Innocenzo III del 15 sett. 1203; quando dovette soddisfare i debiti contratti dal predecessore, ricevendo dal pontefice l'autorizzazione a saldare solamente quelli che risultassero fatti a beneficio della diocesi (13 ott. 1204); e quando cercò forte dell'appoggio pontificio (lettera del 2 luglio 1204), di migliorare il livello morale e culturale dell'arciprete e dei canonici della Chiesa di Torres. B. ebbe anche una lite con il monastero di Nurki a causa di un censo che i monaci dovevano corrispondere agli arcivescovi turritani, in occasione della loro consacrazione o dell'arrivo nell'isola di legati pontifici, lite che fu appianata il 25 maggio 1205 con un compromesso da Ricco, arcivescovo di Cagliari, per incarico del pontefice. Questi poi, direttamente, l'8 ag. 1206 invitava B. a liberare la chiesa di S. Maria di Tergu da un censo tradizionalmente versato al vescovato di Torres.
B. ebbe numerosi altri incarichi politico-religiosi da parte del papa: il 2 luglio 1204 gli venne chiesto di indagare sulla parentela tra Comita e la moglie, avendo il giudice turritano chiesto il divorzio, con la promessa di abbandonare - le sue concubine; il pontefice si diceva preoccupato dal peso politico che un tale divorzio avrebbe avuto, essendo la moglie di Comita madre di Ugone di Bas, giudice d'Arborea. Insieme con gli arcivescovi di Cagliari e di Arborea e i loro suffraganei, il 3 luglio B. riceveva l'incarico di emettere sentenza di scomunica contro quei giudici che, noncuranti delle sanzioni canoniche, obbligavano gli ecclesiastici a rivolgersi per le loro cause al foro secolare. Il 13 ottobre dello stesso anno Innocenzo III gli dava mandato di decidere sulla domanda di grazia rivoltagli da Ittocorre de Thori, probabile parente del giudice di Torres, scomunicato per avere ucciso un accolito del vescovo di Ampurias, sorpreso a distruggere una sua vigna.
In posizione di primo piano si trova ancora B., anche se non chiamato in causa con la stessa frequenza che nella questione della Gallura, nel problema relativo all'Arborea: il 9 giugno 1206 veniva infatti incaricato di inquisire e riferire sui pretesi gradi di parentela fra una figlia dei marchese di Massa, Guglielmo, giudice cagliaritano, e Ugone di Bas, giudice di Arborea, che si apprestavano alle nozze. Il pontefice faceva presente che il matrimonio sarebbe riuscito vantaggioso per la S. Sede; ma le indagini di B. dovettero portare a una conferma dei gradi di parentela - e dovettero anche probabilmente cambiare le vedute politiche del papa - se già il 27 ott. 1207 questi rimproverava l'arcivescovo di Cagliari per avere permesso l'incestuosa unione; la stessa cosa rimproverava direttamente a Guglielmo (3 sett. 1211), accusandolo insieme di altre colpe, quali la violenza su donne, tra cui la moglie del giudice turritano, e l'usurpazione compiuta nei riguardi del giudice di Arborea, Pietro di Serra. Con lettera della stessa data, però, il papa incaricava B., insieme con l'arcivescovo di Arborea Bernardo, di dare a Guglielmo, dopo avere sentito le sue proposte, i consigli che avessero ritenuto più opportuni circa la questione dell'Arborea. Ugone di Bas si era infatti staccato dal suocero, alleandosi probabilmente al patrigno Comita di Torres, e intanto come pretendente al giudicato si faceva avanti il figlio di Pietro di Serra, Barisone, che il papa aveva fatto liberare dalla lunga prigionia presso Guglielmo, e che diverrà marito di Benedetta, figlia di Guglielmo, ed erede del giudicato cagliaritano.
Per gli anni successivi la documentazione relativa a B. diminuisce sensibilmente; nel 1211 riceveva l'incarico di esaminare la domanda del vescovo di Torres di essere esonerato dal governo della diocesi e soprattutto - testimonianza della posizione preminente di B. sul clero sardo agli occhi di Innocenzo III - nell'aprile 1213 il papa indirizzava a lui e all'arcivescovo di Cagliari la bolla per la predicazione della crociata, relativamente alla Sardegna. Nel giudicato di Cagliari B. svolse uno degli ultimi incarichi: da una lettera di Benedetta, succeduta al padre nel 1214, ad Onorio III del 1217 si sa infatti che l'arcivescovo di Torres si era recato a Cagliari come legato pontificio, probabilmente per frenare l'invadenza dei Pisani, e che in tale occasione era stato sottoposto persino a minacce di morte. Non è da escludere che la sua morte sia stata causata dai patimenti subiti in questa occasione, ma non ne conosciamo la data.
Il Filia prospetta l'ipotesi che B. sia morto alla fine del 1214 o ai primi del 1215, basandosi su due documenti pontifici (Potthast, nn. 5149, 5150). Questi, però, sono datati in modo molto approssimativo (tra il febbraio 1215 e il 16 luglio 1216), e seppure il primo non nomina B., ciò che potrebbe indicare una situazione di sede vacante, il secondo è diretto certo a un arcivescovo turritano, identificato anche dal Potthast con Biagio.
Fonti e Bibl.: P. Tola,Codex diplom. Sardiniae, I, Augustae Taurinorum 1861, docc. 1, 3, 6, 22, 24, 25, 35, del secolo XIII; A. Potthast,Regesta pontif. Rom., I, Berolini 1874, p. 467, e nn. 1854 s., 1871-1874, 1996-1999, 2258, 2260 s., 2263-2267, 2300 s., 2526, 2769, 2777, 2797, 2868, 3205, 4304 s., 5149 s.; D. Scano,Cod. dipl. delle relaz. fra la S. Sede e la Sardegna, I, Cagliari 1940, pp. XIII ss. e docc. 9, 10, 13-27, 29, 30, 35, 38, 43, 44, 45, 50; P. Tola, Diz. biogr. degli uomini illustri di Sardegna, I, Torino 1837, pp. 128-130; S. Pintus,Vescovi e arcivescovi di Torres, in Arch. stor. sardo, I(1905), v. 69; B. Baudi di Vesme,Guglielmo giudice di Cagliari e l'Arborea,ibid., pp. 30, 33, 182 s.; E. Besta,La Sardegna medioevale, I, Palermo 1908, pp. 169-173; II, ibid. 1909, p. 105 n.; D. Filia,La Sardegna cristiana, II, Sassari 1913, pp. 57 ss.; C. Eubel,Hierarchia catholica. I, Monasterii 1913, p. 503; Dict. d'Histoire et de Géographie Ecclés., IX, coll. 70 s.