BIANCOLELLI, Giuseppe Domenico, detto Dominique
Nacque a Bologna verso il 1637 da Francesco e da Isabella Franchini, detta Colombina, ambedue comici. Morto Francesco dopo il 1640, la vedova sposò lo zanni Carlo Cantù, detto Buffetto, che assunse così il compito dell'educazione artistica del figliastro. Tra il 1645 e il 1646 il B. fu presentato dal Cantù alla corte francese, dove erano già noti i suoi genitori.
Ancora giovanissimo, il B. era conosciuto in Italia come uno dei migliori Arlecchini; quando il cardinale Mazzarino, con lettera del 5 luglio 1661, lo richiese al duca di Parma (dal quale dipendeva come figliastro del Cantù) recitava a Vienna, nella compagnia del Tabarrini. Arrivò a Parigi a ventitré anni circa e fin dalla sua prima apparizione sulle scene della Comédie italienne, a fianco del primo zanni Domenico Locatelli, detto Trivellino, suscitò il più grande entusiasmo. Da secondo zanni, nel 1671, in seguito alla morte del Locatelli, passò al posto di primo, sempre però conservando la maschera di Arlecchino.
Nell'arte del B. la mimica giocava il ruolo fondamentale, dato che la recitazione in italiano, accettabile al pubblico francese per altre maschere meno impegnate nella battuta mordace e nell'allusione maliziosa, risultava del tutto inadeguata per Arlecchino e gli imponeva di surrogare con la mimica alla deficienza linguistica. Il B. seppe evitare tuttavia il rischio di un accomodante rifugio nell'esagitato gioco mimico della tradizione italiana: riuscì invece a comporlo in una successione armonica di movimenti aggraziati che sfidavano l'eleganza dei migliori ballerini di corte. I salti di spavento, le capriole e tutte le infinite acrobazie del vecchio Arlecchino entrarono in un processo di affinamento che finì col conferire una nuova caratterizzazione alla maschera. Tale metamorfosi si rese evidente anche nelle modifiche introdotte dal B. al costume tradizionale di Arlecchino, una volta ricavato da un mucchio di stracci ricuciti senza alcuna pretesa di eleganza, che venne confezionato con una serie di rombi di uguale misura e colorati con gusto, al quale si aggiunsero un collare bianco finemente pieghettato e la maschera nera. Così ridimensionato, Arlecchino conquistò rapidamente il posto dominante sulla scena, provocando radicali sconvolgimenti nell'economia generale della commedia che si venne allontanando dall'interesse, una volta preminente, per l'intreccio e si accentrò sempre più decisamente sul mirabile gioco scenico e sul repertorio inesauribile di lazzi e battute del Biancolelli. Ne scaturì l'inevitabile ampliarsi della parte comico-verbale, solitamente in dialetto, che impose, in omaggio alle esigenze del pubblico, la progressiva introduzione della lingua francese sulle scene della Comédie italienne. Questa novità rientrava bene del resto in quella costante ricerca di affinamento della maschera che impegnò il B. anche in direzione di una eleganza di linguaggio poco compatibile con la tradizionale rozzezza del dialetto. La proposta di introdurre l'uso del francese si scontrò tuttavia nelle resistenze degli ambienti tradizionalisti e riuscì a prevalere solo con l'intervento di Luigi XIV. A partire dal 1668, con la rappresentazione della commedia Régal des dames, gli attori della Comédie italienne usarono intramezzare ai dialoghi battute o intere scene in francese.
Con il B. nacque la figura dell'attore, noto con il suo nome o soprannome, che emergeva oltre i limiti dello schema fisso della maschera e si affermava con la sua personalità di artista. La sua arte raffinata era in effetti frutto di uno studio attento e meticoloso che non lasciava adito alla facile improvvisazione affidata all'estro di un momento felice. Del suo rigoroso metodo di lavoro resta testimonianza in un gruppo di suoi scenari (settantatré in tutto), tradotti in francese da Th. S. Gueulette e conservati in originale in un codice della Biblioteca dell'Opéra (R. 625) e in copia in uno della Bibliothèque Nationale di Parigi (F. Franç. 9328). Questi testi riguardano quasi esclusivamente le parti recitate dal B., che vengono descritte con estrema ricchezza di particolari. Vi sono annotati infatti tutti i movimenti scenici, i lazzi, le capriole, i salti di Arlecchino e documentano efficacemente quanta riflessione e quale lavorio di prove e tentativi fossero necessari all'attore per raggiungere la sua ineguagliabile perfezione stilistica.
Il B. morì a Parigi il 2 ag. 1688.
Alcuni anni dopo la sua morte apparve un volume,Arlequiniana ou les bons mots et les histoires plaisantes et agréables recueillies des conversations d'Arlequin (Paris 1694), nel quale Ch. Cotolendi aveva raccolto gli aneddoti e le battute del Biancolelli.
Il 2 apr. 1663 aveva sposato OrsolaCortesi, seconda amorosa col nome di Eularia. Figlia dei comici Antonio e Barbara Minuti, nata a Bologna verso il 1632, debuttò alla Comédie italienne nel 1660 sostenendovi il ruolo di seconda amorosa e, dopo il ritiro di Brigida Bianchi, di prima amorosa fino al 1691. Nel 1704 si ritirò nel convento delle Filles de la Visitation de Sainte Marie di Montargis, dove morì nel 1718. Nel 1666 aveva stampato a Parigi una traduzione di una commedia spagnola,La bella brutta: la dedica a Luigi XIV pare che le abbia fruttato ricchi doni.
Appartenne certamente alla stessa famiglia un CesareBiancolelli, commediante bolognese e autore di varie commedie, la cui attività, a detta del Leti, si svolse nella seconda metà del sec. XVII. Con ogni probabilità si trattava di un fratello del B., visto che il Cantù attribuiva alla Franchini, oltre a Giuseppe Domenico, altri figli. Ancora fratello del B. doveva essere un terzo Biancolelli,Niccolò, vissuto ugualmente intorno al 1650 del quale dà notizia il Bartoli. Niccolò calcò le scene come innamorato, e fu a Napoli nella compagnia diretta da certo "Fabbrizio capo comico", ma, in seguito a malattia, dovette ritirarsi "in luogo eremo e solitario". In questa particolare condizione decise di scrivere un romanzo in sei libri; arrivato però al terzo, "cambiò pensiero" e si diede a scrivere una commedia, genere naturalmente più congeniale alla sua precedente esperienza, Il carnefice di se stesso,opera tragica e nuova..., Bologna 1664, che a giudizio del Bartoli "piacque per la novità del soggetto". A questa prima seguirono altre opere, Il Nerone,opera scenica, Bologna 1666 e poi 1668, Il principe fra gl'infortuni fortunato, Bologna 1665 e 1668,La regina statista d'Inghilterra et il conte di Esex. Vita,successi e morte con nuove aggiunte di N. B., al merito del sig. Giuseppe Sarti, Bologna 1668. Quest'ultima opera ebbe particolare successo per l'intreccio sapientemente escogitato, gli ingarbugliati sviluppi e soprattutto l'abilità con la quale era condotta tutta l'azione.
Bibl.: C. Cantù,Cicalamento in canzonette ridicolose,overo trattato di matrimonio tra Buffetto e Colombina,comici, Fiorenza 1646; F. e C. Parfaict,Histoire de l'ancien théâtre italien..., Paris 1753, pp. 56-63; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, p. 1192; F. Bartoli,Notizie istor. de' comici ital., I, Padova 1782, pp. 124-125; M. Sand,Masques et bouffons,comédie italienne, Paris 1862, I, pp. 76-81; II, pp. 180-181; E. Campardon,Les comédiens du roi de la troupe italienne..., I, Paris 1880, pp. 6164, 69-70; L. Rasi, I comici ital., Firenze 1897, pp. 430-437; M. Apollonio,La commedia dell'arte, Milano 1930, pp. 248-253; T. S. Gueulette,Notes et souvenirs sur le théâtre italien au XVIII siècle, a cura di J. E. Gueulette, Paris 1938, pp. 28, 86-87, 90, 91; X. de Courville,Un apôtre de l'art du théâtre au XVIII siècle. L. Riccoboni dit Lelio, Paris 1945, II, pp. 6, 2324; G. Attinger,L'esprit de la commedia dell'arte dans le Théâtre français, Neuchâtel 1950, pp. 45-48, 118, 175-183. Per Cesare e Niccolò in particolare: G. Leti,L'Italia regnante, III, Genève 1676, p. 173; G. Fantuzzi,Not. degli scrittori bolognesi, II, Bologna 1782, pp. 188-189; Enciclopedia dello Spett., II, coll. 465ss.