Biante di Priene
Insieme con Talete, Solone e Pittaco, fu uno dei sette sapienti presenti in tutte le fonti, le cui liste sono spesso oscillanti, tanto che si può ricavare un elenco di ventidue nomi. Di un convegno di sapienti presso Creso parla già Erodoto (I 27), mentre la leggenda dei sette sapienti appare universalmente nota in Platone (Protag. 343a) per conservarsi, pur con modificazioni e alterazioni più o meno gravi, attraverso i peripatetici, Plutarco, Diogene Laerzio, Ausonio, s. Agostino, sino al Medioevo e dopo.
Di discendenza aristocratica, B. fu uomo politico di primo piano, abile oratore e giudice in difficili controversie, aspetti questi qualificanti, in misura più o meno rilevante, anche gli altri sapienti; come a loro, anche a B. vengono attribuiti aneddoti, sentenze e fatti biografici, conservati soprattutto in Plutarco e Diogene Laerzio, la cui genuinità naturalmente non potrà mai essere provata, ma che tuttavia è da ammettere contengano un fondo di vero. La tradizione lo pone anche in relazione con gli avvenimenti della seconda guerra messenica e vuole che i suoi concittadini gli dedicassero, dopo la morte, culto eroico.
D. ricorda B. come uno dei sette sapienti in Cv III XI 4, dove riprendendo e svolgendo più ampiamente l'episodio appena accennato alla fine del secondo trattato, illustra l'origine e il significato del termine Filosofia, affermando che prima di Pitagora erano chiamati li seguitatori di scienza non filosofi ma sapienti, sì come furono quelli sette savi antichissimi, che la gente ancora nomina per fama: lo primo de li quali ebbe nome Solon, lo secondo Chilon, lo terzo Periandro, lo quarto Cleobulo, lo quinto Lindio, lo sesto Biante, e lo settimo Prieneo. La sua fonte è qui sicuramente s. Agostino (Civ. XVIII 25), da cui deriva anche s. Tommaso (Comm. Metaph. I lect. 4, 77), che rispecchia fedelmente il passo agostiniano. D. invece ricorda come settimo Prieneo (al posto di Pittaco), che designa la patria di B., e come quinto Lindio (al posto di Talete), che designa la patria di Cleobulo. L'errore di D., nato da " fretta o poca attenzione di memoria o lettura ", è stato spiegato definitivamente da G. Busnelli e G. Vandelli (ad l.), più che come imputabile ai copisti, che secondo G. Giuliani (comm. ad l.), avrebbero " barbaramente storpiato " i nomi dei sapienti, come propiziato dalla struttura del passo agostiniano e insieme favorito dall'incerto significato che Prienaeus e Lindius potevano avere per Dante. L'esame del passo di Agostino induce ad accettare come certa la conclusione di Busnelli e Vandelli, che escludono l'ipotesi prospettata dal Dyroff (D. und Pietro d'Abano, in " Philosoph. Jahrbuch der Görres-Gesellschaft XXXIII [1920] 261), secondo il quale D. deriverebbe l'ordine dei nomi dei sette sapienti da Stobeo o da Diogene Laerzio o da Plutarco o, infine, dal Ludus septem sapientium di Ausonio.
Bibl. - Per le sentenze: H. Diels - W. Kranz, Fragmente der Vorsokratiker, Berlino 19345, 165. Su B. nelle fonti classiche: O. CRusius, sub v. Bias, in Real-Enziklopädie III (1899) col. 383 ss.; F.E. Bohren, De septem sapientibus, Bonn 1867, 43 ss.; Lenschau, De rebus Prienensium, in " Leipziger Studien " XII (1889) 126 ss.; sulle fonti latine in cui B. è menzionato, v. I. Perin, Onomasticon totius latinitatis, sub v.; per il periodo medievale: Vincenzo Di Beauvais, Speculum histor. II 119; infine P. Renucci, D. disciple et juge du monde gréco-latin, Parigi 1954, 44 e 262 ss. (che considera il passo dantesco alla luce di s. Agostino Civ. XVIII 25).