CLASSENSE, BIBLIOTECA
Dalla loro residenza suburbana i Camaldolesi di Classe, dopo il sacco francese del 1512, si trasferirono in Ravenna, e quivi edificarono l'insigne monastero che conservò il nome originario di Classe e lo trasmise alla biblioteca.
Della "libreria" classense, come raccolta organica, abbiamo notizie a cominciare dal 1628. Allora essa occupava uno stanzone ornato di medaglioni ed emblemi accademici, corrispondente a parte del posto attuale, dove poi l'abate Pietro Canneti, fra il 1707 e il 1714, con vaste opere murarie e artistiche, elevò, su disegno del padre Giuseppe Antonio Soratini, la nuova magnifica sala, decorata con gli stucchi di Antonio Martinetti e le pitture di Francesco Mancini, e rivestita con gli scaffali a doppio ordine lavorati e intagliati dal padre Fausto Pellicciotti (v. Tav. XL alla v. barocca, arte). Il Canneti fu il vero fondatore della Classense, che da lui, erudito e bibliofilo di gran valore, ebbe i codici più preziosi, le edizioni più rare, i libri contemporanei più importanti. Si noti che la biblioteca fu fin d'allora aperta anche ad uso del pubblico.
Nel corso del sec. XVIII, per le nuove accessioni, furono costruite nel piano superiore tre artistiche sale (la prima su disegno di Camillo Morigia, con stucchi di Giacomo Bonesani e figlio e di Paolo Giabani), e per collocare, oltre ai libri, la collezione lapidaria e il museo classense fu eseguito tutto il lungo braccio di ponente, con otto stanze. Soppresso poi nel 1798 il monastero camaldolese, la Classense con tutto l'edificio fu data in consegna alla comunità di Ravenna; nel 1800 vi s'incorporarono le librerie degli altri monasteri, e nel 1803 la biblioteca fu eretta a istituzione comunale. Gli apporti più notevoli nel sec. XIX furono dati dai manoscrìai di Gasparo Garatoni, dalle provenienze delle soppressioni del 1866-67 e dall'acquisto (1875) della raccolta Spreti, che procurò un ricco materiale per lo studio della storia e dei monumenti di Ravenna; e nel principio del sec. XX da una collezione dantesca dell'Olschki, con la quale si formò un'apposita sala, e dall'istituzione della Sala degli Atti parlamentari fatta dalla locale Cassa di risparmio in commemorazione del cinquantenario dell'unità nazionale. Ma l'incremento maggiore è stato dato alla Classense in questi ultimi anni con la donazione di Corrado Ricci (1919 e segg.), la costituzione della Sala dei cimelî (1919), lo sviluppo delle raccolte ravennati e l'occupazione di altri 15 locali, oltre a quelli liberati dal museo, nei rami orientale e meridionale dell'ex-monastero. Dal 1929 nei locali attigui è la Biblioteca Mussolini, dell'Ente Casa Oriani.
Oggi la Classense possiede 100.000 volumi, distribuiti in 26 locali. Il suo carattere è prevalentemente storico-archeologico e letterario-filosofico, ma vi abbondano anche le opere scientifiche, soprattutto di matematica. Ha 749 codici, parecchie migliaia di manoscritti, copiosissime raccolte di lettere dei secoli XVI-XX, 783 incunaboli e 41 silografie italiane e tedesche del sec. XV, del massimo pregio. Fra i codici è universalmente noto l'Aristofane (Cod. 429, membr., sec. XI, contenente tutte le 11 commedie superstiti). Sono poi da segnalare: una Bibbia latina del sec. XIII (Cod. 480, membr., con fregio bizantino), la Cronaca di Giovanni Villani (Cod. 456, membr., sec. XIV, con iniziali a oro e colori), il De proeliis Tusciae del Granchi, che servì per la stampa muratoriana (Cod. 307, membr., sec. XIV, con miniature), i Tractatus hedificationis et constructionis ecclesie Sancii Johannis evangeliste (Cod. 406, membr. sec. XIV, con miniature riproducenti fra l'altro musaici placidiani perduti), l'Isolario del Buondelmonti (Cod. 308, membr., sec. XV, con 79 carte), l'Istoria imperiale di Ricobaldo tradotta dal Boiardo (Cod. 424, membr., sec. XV, con miniature estensi, esemplare di presentazione destinato a Ercole I, pubbl. dal Muratori), i Rhetoricorum ad Herennium libri di Cicerone (Cod. 111, membr., sec. XV, con miniature, trascritto a Milano nel 1468 per Galeazzo Maria Sforza), varî offizioli miniati di scuola ferrarese, toscana, lombarda, francese, fiamminga, dei secoli XV-XVI (fra i quali il Cod. 62 creduto, infondatamente, di Maria Stuarda), codici musicali (antifonarî, salterî, graduali, ecc.) dei secoli XIV-XVI, frammenti di musica antica con segni neumatici, 25 codici greci (compreso l'Aristofane), due codici e due frammenti ebraici, tre codici arabi, uno turco, sei spagnoli, un lacerto di codice contenente due canzoni provenzali di Folchetto da Marsiglia (Cod. 165, sec. XIV), La Queste du Graal (Cod. 454, membr., sec. XIV), in antico francese. Nella serie degl'incunaboli figurano il Liber Sextus Decretalium di Magonza, 1465, in pergamena con miniature, la Historia Naturalis di Plinio (Venezia 1469, in pergamena miniata), e l'importantissimo De oratore di Subiaco (ante 30 sett. 1465). Degne di nota, fra le rilegature, quelle a smalto, coeve, d'un esemplare del Petrarca aldino del 1546 e d'un Breviarium Romanum del 1555. Prescindendo dai vecchi inventarî e cataloghi fuori uso, la Biblioteca possiede i consueti cataloghi, indici degli incunaboli e dei manoscritti (per autori e per materia), cataloghi speciali a schede per biografie, famiglie e luoghi, per le incisioni, uno schedario ravennate per materia e uno schedario per soggetti (dal 1800 in poi).
Bibl.: A. Cappi, La biblioteca Classense illustrata ne' principali suoi codici e nelle più pregevoli sue edizioni del sec. XV, Rimini 1847; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, IV, Forlì 1894, pp. 144-254; V, ivi 1895, pp. 3-47; O. Montenovesi, Biblioteche Monastiche di Ravenna e di Roma: Francesco Mancini e la sua opera pittorica, in Rivista storica benedettina, dicembre 1925, pp. 273-84.