biblioteca virtuale
bibliotèca virtuale locuz. sost. f. – Collezione di risorse elettroniche accessibili nel web; non più, quindi, soltanto la rappresentazione digitale dei contenuti di una biblioteca reale, ma repository (v.) di una varietà di risorse culturali secondo un cambio di prospettiva che impone notevoli trasformazioni nell’organizzazione del lavoro e nei metodi di produzione e diffusione delle informazioni all’interno del sistema dei beni culturali. Il processo di integrazione delle risorse sul web va concepito nell’ambito della progettazione ex ante di una struttura programmaticamente diversa dalla configurazione che il patrimonio è venuto assumendo storicamente: un repository, quindi, di rappresentazioni digitali di oggetti di tipologia, struttura e collocazione materiale diverse, aggregati sulla base delle relazioni che li collegano; un repository il cui valore aggiunto è costituito dalla rete delle relazioni che legano i dati archiviati e dalla possibilità di compiere ricerche non solo per parole, ma anche e soprattutto per concetti. Il carattere distintivo di questo tipo di biblioteca non è la semplice descrizione delle caratteristiche fisiche dei contenuti, ma la loro marcatura semantica, attuata attraverso la costruzione di una fitta trama di link tra le informazioni. Libri, opere d’arte, documenti, reperti archeologici, oggetti nati digitali ecc. cessano di essere entità isolate, trasformandosi in nodi di una rete di significati aperta e continuamente aggiornabile, caratterizzata, sulla scia del web 2.0 o web semantico, dall’evoluzione degli strumenti di reperimento (discovery tools), capace di conciliare rigore e innovazione attraverso il coinvolgimento degli utenti stessi nell’articolazione delle tassonomie semantiche e funzionali dei documenti (collaborative filtering). In un senso più circoscritto e concreto, biblioteca virtuale è anche sinonimo di biblioteca digitale (digital library), cioè designa le numerose collezioni di risorse elettroniche accessibili liberamente o dietro un compenso, che sono nate nel web grazie al fiorire in tutto il mondo di iniziative pubbliche e private di digitalizzazione. La struttura di una b. v. fa riferimento in primo luogo alle caratteristiche del sito web di ingresso (il portale), che di solito fornisce all’utente non solo i documenti cui è interessato, ma anche un certo numero di servizi accessori, quali l’orientamento sui contenuti delle collezioni ospitate, l’organizzazione di percorsi guidati, le informazioni sul migliore utilizzo dei metodi di ricerca implementati, la conservazione delle sessioni di interrogazione tra più collegamenti, lo scambio di notizie con i fruitori e la comunicazione dei fruitori tra loro, il trasferimento del materiale richiesto verso gli utenti. Gli altri elementi costitutivi sono l’architettura interna di ciascuna collezione, che può essere essa stessa di tipo distribuito, i software da adottare (proprietari o più spesso open source), gli standard di riferimento che dovranno guidare nel loro complesso le scelte tecniche, tipicamente partendo da OAIS (Open archival information system), lo standard ISO (International organization for standardization) che detta l’articolazione strutturale astratta delle raccolte di risorse elettroniche e descrive i blocchi funzionali componenti. OAIS definisce anche la struttura duale di ciascuna risorsa elettronica, che è composta sempre dal set dei dati di base (file di immagini, testi, musiche) e dal set dei metadati, che descrivono i primi in modo formale precisandone il contenuto, l’organizzazione strutturale, le caratteristiche tecniche, i diritti di accesso e di modifica. I vari formati digitali esistenti per ciascuna tipologia di documento sono suddivisi in funzione delle caratteristiche intrinseche degli originali (per es., immagini in bianco e nero, scala di grigi o colore) e dell’uso previsto (la consultazione a video o la vendita), ma – ai fini della descrizione strettamente tecnica – per molte tipologie esistono standard unitari cui fare riferimento, come, per es., il NISO (National information standards organization) Data Dictionary per le immagini (digital still images). I contenuti di base da acquisire e le politiche di popolamento delle raccolte, di solito sono selezionati attraverso campagne di digitalizzazione volte a ottenere le risorse elettroniche da originali cartacei o analogici. In non pochi casi, laddove le metodologie informatiche sono già entrate di diritto nelle aziende e nei luoghi di produzione e sono divenute una buona alternativa rispetto a quelle non informatiche, le risorse nascono già digitali – composizioni musicali, alcune riviste elettroniche, fotografie e filmati, prodotti editoriali complessi – e sono acquisite nel loro formato originario. Le risorse elettroniche si distinguono in due tipi fondamentali: locali, normalmente distribuite su supporti informatici portabili (nastri, CD, DVD), e remote, accessibili soltanto attraverso una connessione di rete. È anche opportuno distinguere, secondo un criterio di granularità, la risorsa atomica, in sé completa e autonoma, da quella consistente invece in una raccolta – più o meno strutturata – di risorse atomiche affini. In materia di diritti d’autore, questa distinzione evidenzia problemi differenti di tutela in ragione sia della loro granularità sia dell’esistenza o meno del supporto fisico dedicato, ma tutti hanno in comune caratteri inediti o che, già propri dei tradizionali prodotti intellettuali, nel formato elettronico risultano esaltati a tal punto da renderne estremamente difficile un trattamento giuridico equilibrato. La riproducibilità dell’opera nella sua qualità originaria è messa alla portata di qualunque utente, pur se privo dei legittimi titoli di possesso, anche in considerazione del fatto che quasi ogni operazione eseguibile al computer comporta una duplicazione implicita o esplicita dell’originale, e la riproducibilità è assolutamente indispensabile per la conservazione a lungo termine della risorsa o per proteggerla da perdite accidentali dovute a errata gestione, difetti dei programmi, guasti dell’hardware (backup, copie di sicurezza). La ridefinizione dei ruoli tradizionalmente costituiti intorno all’opera intellettuale finisce per gravare in modo particolare sugli editori, che devono necessariamente familiarizzarsi con le nuove tecnologie e soprattutto con un mercato più competitivo, nel quale l’autore può anche decidere di presentarsi in prima persona con le sue opere. Nel formato elettronico, pertanto, è più ampia la tipologia dei documenti da tutelare, più fluida e complessa la loro struttura, più varie sono le forme della loro fruizione, più largo – e di solito transnazionale – è divenuto il bacino delle responsabilità dirette e indirette, cioè dei potenziali titolari di diritti-doveri: agli autori, editori e utenti si aggiungono i fornitori di sistemi, di connettività, di spazio-disco, di software dedicato, di servizi a valore aggiunto. Si comprende perciò come, nel momento della pubblicazione dell’opera elettronica, di un programma applicativo, di una banca dati, ne siano messe fortemente in questione l’autenticità, l’integrità e l’identità, cioè le basi giuridiche stesse – insieme al carattere originale – del diritto d’autore. Come difesa dalla copia e dalla manipolazione illegali, i prodotti in commercio nel mercato globale hanno presto adottato sistemi di protezione a chiave (password) o altre misure tecnologiche, come la criptatura integrale dei contenuti oppure l’introduzione in essi di filigrane digitali e di altri elementi di disturbo (watermarking). Parallelamente sono state innovate in vario modo le politiche commerciali, incentrate quasi esclusivamente intorno alla licenza d’uso della risorsa, un contratto che di per sé ha forza giuridica maggiore rispetto alle vigenti – e localmente variabili – disposizioni di legge. Strumento giuridico flessibile, la licenza, attraverso il noleggio o la sottoscrizione per abbonamento, può avere una durata limitata, o può prevedere il pagamento dopo un certo lasso di tempo e solo a fronte di un reale gradimento (shareware), oppure – soprattutto nella consultazione di banche dati – può riguardare un numero ristretto di documenti, di modalità di fruizione, di stazioni di accesso. Nel quadro normativo si è sostanzialmente rovesciata la logica che induceva a considerare di pubblico dominio qualunque risorsa priva di espresse indicazioni dell’autore in ordine ai diritti. Oggi l’eventuale cessione dei diritti di utilizzazione economica (freeware) dev’essere esplicita e di solito è accompagnata da precisi vincoli giuridico-morali per chi impiegherà la risorsa: citare la fonte o l’autore nella forma prescritta (attribution), escludere le finalità di guadagno (non commercial), richiedere un’autorizzazione specifica per l’uso di materiali derivati dall’originale (no derivative works).