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BIBLIOTECA

di Anita MONDOLFO - Pasquale CARBONARA - Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)
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BIBLIOTECA (VI, p. 942; App. I, p. 272)

Anita MONDOLFO
Pasquale CARBONARA

Misure protettive contro le offese belliche furono prese nelle sedi stesse delle biblioteche ma si palesarono presto inadeguate. Migliori risultati ebbe lo "sfollamento" del materiale più prezioso in edifici isolati, o di campagna, o monumentali; intere biblioteche furono accolte in Vaticano. Il bibliotecario dell'Archiginnasio di Bologna, Ludovico Barbieri, cadde nell'adempimento del suo dovere.

Gravi danni ha subito il materiale che non si poté rimuovere; si calcola che nel mondo complessivamente 200 milioni di libri siano andati perduti; decine di migliaia di locali furono distrutti o resi inutilizzabili per molto tempo; e distrutti andarono pure in varî luoghi i cataloghi, frutto del lavoro di più generazioni. Né le perdite sono ancora tutte segnalate. Tra i libri, oltre ai manoscritti e alle edizioni rare, vuoto incolmabile lascia il materiale di storia e cultura locale, che è sempre raro e di valore documentario, e le serie continuative divenute scomplete.

Posti sulla via dell'invasione tedesca, furono travolti subito gli istituti di Polonia e di Finlandia; il 19 maggio 1940 la biblioteca dell'Università cattolica di Lovanio, che era stata superbamente ricostruita dopo la rovina della prima Guerra mondiale, fu di nuovo distrutta. Erano ancora fumanti le sue macerie, che venivano annientate ad occidente la bella e ricca Municipale di Tours, ad oriente la grande Universitaria di Leopoli. A Rotterdam vanno perduti libri di vari istituti scientifici; a Coventry si polverizzano, tra l'altro, le preziose ordinanze manoscritte delle gilde; la Central Library di Liverpool perde, oltre il resto, incunaboli di gran pregio; le biblioteche di Plymouth e Exeter sono distrutte; quasi distrutta quella di Birmingham. Danni ha avuto anche la biblioteca del Museo Britannico. E fanno riscontro, con danni assai gravi, Varsavia, Dunkerque, Montecassino e molte altre ancora.

In Belgio, oltre Lovanio, forti danni segnalano le universitarie di Bruxelles, Liegi, Gand, Tournai, Mons, Ostenda; in Olanda: Middelburg, Nimega, Venloo, Wageningen oltre Rotterdam; e distrutto è il locale del celebre Museo Plantin-Moretus in Anversa. La Polonia lamenta distrutti sistematicamente dai Tedeschi, anche per farne materiale di munizioni, o per asportarli, 20 milioni di libri sui 21 milioni che possedeva (parte ne viene ora ricuperando); la Francia tra perdite numericamente meno gravi - 2 milioni di libri - lamenta quella di manoscritti, anche antichi e miniati, di edizioni rare, di superbe rilegature, a Chartres, a Caen, a Metz, a Strasburgo (qui sono scomparse le librerie degli antichi medici), a Lilla oltre che a Tours; Budapest ha perduto 560.000 volumi della bella biblioteca Széchenyi. Danni meno gravi segnalano la Norvegia e la Cecoslovacchia.

La Germania ha visto distrutte le universitarie di Amburgo, Berlino (U. Tecnica), Bonn, Breslavia (che ordinata da Fr. Milkau, era orgoglio della bibliotecnica-tedesca), Francoforte, Giessen, Gottinga, Kiel, Monaco, Münster e Würzburg; molto danneggiate quelle di Jena e di Lipsia, nonché la biblioteca di stato di Berlino e quella di Monaco, e altre biblioteche di Amburgo, Aquisgrana, Darmstadt, Dresda, Essen, Gotha, Hannover, Karlsruhe, Lipsia, Magdeburgo, Norimberga e Stoccarda; distrutte a Berlino la biblioteca del Giardino botanico e quelle di varî Ministeri. Nell'insieme si segnalano perduti 24 milioni di libri, tra cui migliaia di manoscritti e, tra gli autografi, i libri matematici di Dürer e la partitura della messa in sibemolle di J. S. Bach; pessima la situazione dei cataloghi; decimato il personale. Distrutte sono la grande Universitaria imperiale di Tōkyō, l'Universitaria nazionale di Shanghai, e istituti culturali delle Filippine e delle Indie Olandesi.

In Italia, danni gravissimi ai locali e ai libri hanno subìto la Nazionale di Torino, la Palatina di Parma che ha perduto, tra l'altro, i bellissimi scaffali della Galleria Petitot, la Nazionale di Napoli (rapinata) e quella di Palermo nella parte monumentale. Devastate sono le Comunali di Bolzano, Belluno, Brescia, Milano, Vicenza, Verona, Faenza (incendiata dai Tedeschi), Savignano di Romagna, Pesaro (saccheggiata), Livorno, Grosseto, Fossombrone, Ancona, Città della Pieve, Viterbo, Civitavecchia, Tivoli, Trapani e Zara. Distrutte le biblioteche dell'Accademia medica di Torino, della Società toscana di scienze e lettere di Pisa, la Cuomo di Napoli, e ivi quella della Società reale (incendiata dai Tedeschi) e la Pontaniana; saltata in aria, per mine tedesche, la Colombaria di Firenze, con tutta la suppellettile manoscritta e a stampa; molto danneggiata la biblioteca dell'Accademia Petrarca di Arezzo nella cosiddetta "Casa del Petrarca", quasi distrutta (ma ormai già restaurata e ricostruita). Oltre la bella biblioteca di Montecassino sono distrutte le ricchissime Capitolari di Treviso, di Verona (saltata coi ponti dell'Adige), di Benevento, la Seminarile di Foligno, di Grosseto (per alluvione), di Frascati, di Capua, di Catania e la biblioteca del convento di S. Domenico a Pistoia; danneggiata l'Ambrosiana. Distrutte sono a Milano anche le bellissime raccolte Melzi, Casati, Sola Cabiati. A Livorno quello che si era salvato perché ricoverato nella Certosa di Calci, l'ha rovinato un'alluvione (danneggiati i preziosi autografi del Foscolo, che tuttavia sono ora in restauro). Scomparse sono molte biblioteche popolari situate in locali che truppe e sfollati hanno occupato. Si aggiunga la gran dispersione - nell'epoca in cui l'Italia è rimasta divisa - delle pubblicazioni di diritto di stampa, onde fu menomata la pienezza di funzioni che, nei riguardi della bibliografia italiana, è affidata alle Nazionali di Roma e di Firenze.

I bibliotecarî americani si dimostravano intanto solidali con i colleghi europei. Mentre procedevano a salvare il materiale delle biblioteche meno lontane e si organizzavano per dotare di libri i combattenti, centro la National Central Library di Londra, istituivano l'American book Center e, con altri, l'Interallied book Center che hanno soccorso varie biblioteche distrutte. E sono state raccolte, nella Library of Congress, un'enorme fototeca e una filmoteca di guerra, che sono tenute a disposizione degli studiosi di ogni paese.

Nell'interno degli istituti è proseguito, in questo decennio, il lavoro abituale. Bel riordinamento hanno avuto la Nazionale di Parigi, il British Museum e la Library of Congress. In Italia rinnovamento, sia pure solo esteriore, si è compiuto in varie biblioteche di Roma, nella Governativa di Cremona, nell'Universitaria di Cagliari, nella Nazionale di Torino, nella Riccardiana di Firenze e in istituti non statali, vigilati dalle sovrintendenze. Si sono avute innovazioni nella legislazione (il più è però da fare) e dal 1938 un buon rilievo statistico annuale della bibliografia nazionale. Molto si è fatto per il restauro dei libri (v. restauro, in questa App.). Censimento e rilievi statistici delle biblioteche ecclesiastiche del mondo cattolico sono in corso. Proseguito è anche il lavoro editoriale nelle biblioteche estere suindicate, che grande impulso hanno dato alla stampa dei loro cataloghi (la Library of Congress offre fotografati in 167 volumi i due milioni delle sue schede per autore) e nella Vaticana; l'Italia ha riaperto in modo promettente la serie "Indici e cataloghi". Molto si è lavorato, all'estero, nel campo dei cataloghi uniti per economizzare negli acquisti, per facilitare il prestito e per il collegamento culturale. In Italia un progetto è in studio.

Ma ben difficile era la situazione nei paesi militarmente occupati, specie in quelli che lo furono a lungo: i giovani quasi sempre assenti perché alle armi o impegnati nelle attività clandestine; gli altri funzionarî vigilati e talvolta messi in campo di concentramento: così morì Johanna Matheson della biblioteca di Kristiansund. I controlli erano continui e pesanti; era imposta una produzione non desiderata; proibita la letteratura antinazista, l'antifascista, l'ebraica, la marxista, la pacifista. Gli indici dei libri proibiti restano documento dell'epoca.

Quando le armi furono deposte, alle biblioteche soprattutto si chiese, come di ragione, di riallacciare il vincolo culturale tra le nazioni, che era stato spezzato. Ma molto difficile è stato ottenere libri perché i depositi di molte editorie erano stati distrutti o quasi, e limitata d'altra parte l'attività di esse dalla mancanza di libertà e dalla crisi della carta. Di impedimento grande è stata anche in molti paesi la mancanza di valuta pregiata. Sicché le lacune per i libri distrutti e per quelli non pervenuti, restano in gran parte incolmabili.

Tuttavia molti istituti, anche italiani, si sono avvantaggiati dell'aiuto che hanno dato l'USIS, l'American library Association (ALA), l'Association for research libraries, anch'essa americana, e la Schweizer Bücherhilfe oltre ai due Book Centers già citati; e molto si può attendere dall'UNESCO.

Il lavoro di ricostruzione è avviato quasi dappertutto: edifici, arredamenti, anche i cataloghi, si vanno ripristinando; i libri danneggiati, persino i manoscritti carbonizzati, sono in restauro. Doni da privati affluiscono; e notevole è l'apporto del patrimonio librario privato di gran pregio nei grandi istituti. Si è ricostituita la "Federazione delle associazioni nazionali dei bibliotecarî". Nei raduni regionali, nazionali e anche internazionali (Oslo, 1947) di bibliotecarî, e nelle riviste bibliotecniche che hanno proseguito o ripreso la pubblicazione, si studiano questioni con una tendenza al rinnovamento sempre più accentuata. Molto si lavora (e si è lavorato, anche per salvare libri di pregio) e molto si progetta, specie in America e in Inghilterra, per l'applicazione in larghissima scala delle riproduzioni fotostatiche e microfilmiche; e si parla persino di intere biblioteche distrutte che potrebbero ricostruirsi in una stanza. In Italia, a Torino, Parma, Palermo, Verona, Faenza, Grosseto, Livorno ecc. è intenso il lavoro di ricostruzione; ci sono state altresì restituite le quattro biblioteche di Roma e di Firenze che i Tedeschi avevano asportato.

Guardando verso una sempre maggiore estensione dei cataloghi collettivi, delle riproduzioni fotografiche, e verso un'ampia e fitta rete di prestiti internazionali un bibliotecario decano, W. Bishop, saluta per le biblioteche "l'alba di un nuovo giorno".

Bibl.: Le bibl. d'Italia dal 1932-X al 1940-XVIII, ed. dal Ministero d. Pubblica Istruzione, Dir. gen. acc. e bibl., Roma 1942; Bibl. ospiti della Vaticana nella seconda Guerra mondiale, Città del Vaticano 1945; A. Mondolfo, Le biblioteche d'Italia e la guerra, in Il ponte, II, n. 6 (giugno 1946), pp. 549-552; F. Ascarelli, in Riv. st. it., LX (1948), fasc. 1, pp. 177-182; e ad opera di varî, in Riv. delle bibl., I, 1 (marzo 1947), pp. 79-93, e in La Bibliofilia, 1946, pp. 63-75. Per le bibl. francesi: J. Place, in Bulletin du bibliophile, luglio 1946, pp. 339-40; per le inglesi, belghe, olandesi e norvegesi: v. rispettivamente in Library quarterly: aprile 1944, pp. 95-99 (W. C. Berwick Sayers); aprile 1947, pp. 93-111 (J. F. Vanderheyden); pp. 112-115 (L. Brummel); pp. 126-137 (W. Munthe): per le polacche: Bibliotekarz 1946, 1-2 (J. Janiczek); per le tedesche: G. Leyh, Die deut. Wissenschaftl. Bibl. nach dem Krieg, Tubinga 1947 (una monografia completa dello stesso autore è in stampa). La storia in genere di tutte le bibl. forma oggetto del III vol. dell'ottimo Handbuch der Bibliothekswissenschaft a cura di G. Leyh (Lipsia 1940). Dello Handbuch è pubblicato anche l'utilissimo Indice (1942). Si vedano inoltre: V. Carini Dainotti, Cat. centr. a stampa e scheda unica, in Riv. d. bibl. I, n. 1 (marzo 1947), pp. 29-51, (con bibl.); Library Literature (pubbl. da H. W. Wilson), 1936-39; 1940-42.

Architettura.

I criterî urbanistici attuali sconsigliano la costruzione di biblioteche generali troppo grandi e suggeriscono invece l'istituzione di molte piccole biblioteche speciali, autonome o satelliti, opportunamente dislocate nella città e nella regione, provviste di una buona scorta di libri di libera consultazione e di più frequente richiesta, nonché, possibilmente, di una copia del catalogo attinente ai libri della biblioteca centrale. Al decentramento, per impossibilità di ampliamento in sede, si provvede anche mediante la costruzione di edifici lontani dal centro (come quelli di Versailles, annessi alla Nazionale di Parigi), in cui depositare le collezioni meno richieste e più ingombranti; oppure semplificando le operazioni necessarie per il prestito fuori sede e istituendo un servizio di spedizione dei libri a domicilio del lettore che ne abbia fatto richiesta epistolare. È questo un sistema molto diffuso nelle biblioteche pubbliche generali di alcuni paesi, come la Svizzera (Berna), la Danimarca (Frederiksberg), la Svezia (Stoccolma), le quali contano molti più lettori che frequentatori. Dove invece il numero dei frequentatori abituali è più elevato (biblioteche speciali e di tipo universitario), il processo di avvicinamento del libro al lettore è inverso, pur perseguendo lo stesso fine; si ammette cioè che il lettore possa recarsi di persona nel magazzino dei libri, al fine di consultare sul posto e con ogni comodità le collezioni che a lui interessano. In un caso o nell'altro cade la necessità che la biblioteca disponga di sale di lettura generiche e troppo grandi; sorge invece l'opportunità di sostituirle più proficuamente con ben fornite salette di studio e di libera consultazione.

Naturalmente ciò comporta una apprezzabile economia di spazio, pur tenendo conto che, nei magazzini accessibili ai lettori, i libri, ordinati secondo il soggetto e separati da frequenti intervalli, occupano molto più spazio che se fossero costipati secondo il formato. Inoltre è necessario, in questi magazzini, riservare lo spazio per gli appositi studioli individuali (carrels), che potranno essere o illuminati direttamente dall'esterno oppure ricavati nell'interno dell'edificio, allorché questo sia illuminato e aereato artificialmente. Questa seconda soluzione, favorevolmente accolta in alcune biblioteche americane di recente costruzione, lascia molto perplessi i bibliotecarî e gli architetti europei, che pure si rendono conto come sia possibile in tal modo spingere all'estremo limite la compattezza dell'edificio, destinando al magazzino e ai locali di studio in esso contenuti anche lo spazio una volta riservato ai cortili (per esempio la Biblioteca Nazionale di Washington con il nuovo edificio che le è annesso). Com'è ovvio, il buon successo di questa soluzione è affidato principalmente alla perfezione degli impianti di trasporto, comunicazione, aereazione, illuminazione e all'impeccabile funzionamento del vasto apparato organizzativo. Dal punto di vista funzionale l'inconveniente più grave degli edifici compatti e supermeccanizzati potrebbe essere costituito dalla loro scarsa adattabilità alle esigenze mutevoli della biblioteca; questo inconveniente non sussiste quando si abbandoni il sistema di costruire il magazzino con incastellatura metallica autoportante, oggi generalmente in uso, e si preferisca in sua vece la comune ossatura di pilastri e solai in cemento armato strutturalmente svincolata dall'intelaiatura degli scaffali. In questo caso gli scaffali, essendo soltanto appoggiati sul pavimento e non già incastrati possono all'occorrenza essere rimossi e sostituiti da leggere pareti divisorie, senza pregiudizio per la stabilità dell'edificio, così da garantire in ogni momento la perfetta rispondenza della biblioteca alle esigenze attuali e a quelle future, senza precludere lo sviluppo di quei reparti (ad es., audiovisuali) oggi costruiti in forma embrionale o a scopo sperimentale che con tutta probabilità sono destinati ad assumere grande importanza.

Bibl.: P. Carbonara, Edifici per la cultura, vol. I, Biblioteche, Milano 1947, con appendice bibliografica sull'edilizia delle biblioteche e norme per l'esecuzione, il collaudo e l'esercizio degli impianti tecnici.

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