BIBRATTE (Bibracte)
Antica città della Gallia, capitale degli Edui, corrispondente all'odierno Mont Beuvray, presso Autun. Sotto Augusto i suoi abitanti furono trasferiti nel nuovo centro da lui fondato di Augustodunum (Autun) e la memoria di Bibratte rimase solo legata alla battaglia combattuta nel 58 a. C. da Cesare contro gli Elvezî nella prima campagna gallica.
Battaglia di Bibratte. - Nel marzo del 58 gli Elvezî (v.), partendo dal lago di Ginevra, iniziarono quella invasione nella Gallia verso cui da un pezzo l'eccesso di popolazione e la pressione dei Germani sul Reno li sospingevano. Cesare ne ebbe notizia quando era ancora a Roma, e, immediatamente accorso, dovette da un primo riuscito tentativo di pura difensiva sul Rodano passare all'offensiva contro questi barbari che, grazie a un'accordo con i Sequani, erano riusciti a penetrare nella Gallia. Riunite le tre legioni (VII-VIII-IX) che avevano svernato ad Aquileia, e due nuove (XI e XII) da lui levate nella Gallia cisalpina, alla famosa X, che era rimasta nella provincia agli ordini di Labieno, Cesare affrontò e respinse gli Elvezî al passaggio dell'Arar, ma, incalzandoli verso N. attraverso il territorio degli Edui, si trovò presto in situazione critica per l'equivoca condotta di questi ultimi, che ostacolavano e paralizzavano gli approvvigionamenti delle truppe a cui pure si erano impegnati. In queste condizioni Cesare, interrotto il difficile inseguimento, fece una diversione su Bibratte, nel doppio scopo di assicurarsi una base d'approvvigionamento e al tempo stesso per colpire in un centro vitale la resistenza passiva degli Edui. Ma gli Elvezî, imbaldanziti dalla mossa diversiva di Cesare, da inseguiti divennero a loro volta inseguitori, incalzando la marcia dei Romani, sinché Cesare, prima ancora di raggiungere Bibratte fece loro fronte e accettò battaglia.
Ammassate le inesperte legioni XI e XII su un colle, ne fece occupare il declivio dalle altre quattro, su tre profonde linee d'attacco che urtarono violentemente e respinsero in accanito combattimento, sotto la grandine dei pili, la massa nemica. Un inatteso pericolo parve compromettere la vittoria, quando le colonne romane incalzanti i barbari si videro assalite sul fianco destro (così sembra dedursi da una frase di Cesare che ha sollevato vive discussioni) dai Boi e Tulingi, ausiliarî degli Elvezî e posti da questi a custodia del loro accampamento fortificato con i carri e le masserizie; ma la pronta conversione della terza colonna contro i nuovi assalitori, mentre le due prime proseguivano l'inseguimento, valse dopo ostinata lotta a spezzarne la resistenza; la battaglia, durata sino a notte inoltrata e finita con l'espugnazione dello stesso campo elvetico, fu la prima grande vittoria delle campagne di Cesare in Gallia, ed ebbe per effetto dopo pochi giorni la resa a discrezione, per fame ed esaurimento, dei vinti Elvezî, che si erano ridotti dopo la rotta nel territorio dei Lingeni.
Bibl.: G. Veith, Geschichte d. Feldzüge C. Iulius Caesars, Vienna 1906, pp. 75-84; T. Rice Holmes, Caesar's Conquest of Gaul, Oxford 1911, pp. 616-632; E. Täubler, Bellum Helveticum, Zurigo 1924, pp. 117-122.