BIELLA (A. T., 24-25-26)
Città del Piemonte, in provincia di Vercelli, situata sulla destra del torrente Cervo, affluente della Sesia, ove esso sbocca nella pianura, in bella posizione sugli ultimi poggi dei monti biellesi, che formano un ampio semicerchio largamente aperto verso mezzodì, fra La Serra d'Ivrea e i monti della Valsesia; Biella deve appunto la ragione del suo sorgere e del suo sviluppo alla magnifica posizione rispetto alla suddetta cerchia dei monti biellesi, le cui valli (Elvo, Oropa, Cervo e Strona) vengono a sboccare nella breve pianura compresa fra La Serra d'Ivrea e le barragge che accompagnano il corso medio del Cervo.
La città sorge quasi al centro del margine settentrionale di questa pianura, e, come altre città pedemontane, si compone di una parte alta e di una bassa, molto diverse di aspetto e di vita. Biella-Piazzo è la parte più elevata (475 m.) verso occidente; Biella-Piano si stende sul declivio orientale del Piazzo, e nella breve piana tra questo e il Cervo (420 m.). Biella-Piazzo è di origine medievale (v. sotto); Biella-Piano è più antica, ma si è completamente rinnovata, e, mentre la città alta appare silenziosa e quasi deserta, qui la vita e il movimento sono quanto mai intensi. La via Umberto I, in continuazione della via Torino, divide la città in due parti; belle e molto frequentate sono pure le vie Vittorio Emanuele e Giuseppe Garibaldi, e il viale Regina Margherita; nei giardini pubblici presso la stazione della Santhià-Biella sorgono i monumenti ad Alfonso Lamarmora (Tabacchi), a Garibaldi, ai caduti nell'ultima guerra (Canonica); nella piazza Cavour è il monumento al grande cittadino biellese Quintino Sella, dello scultore fiorentino Bortone. La città va ora estendendosi nella pianura a SE. lungo la via Torino (Borgo Nuovo).
Biella è non solo il più importante centro dell'industria laniera italiana, ma anche uno dei più attivi centri industriali dell'Europa: ciò spiega come la sua popolazione sia andata rapidamente aumentando nell'ultimo secolo. Nel 1571 la popolazione era di 5847 ab.; di 7161 nel 1612; 5187 nel 1734; 5052 nel 1753; 8257 nel 1774; 8677 nel 1839; 10.373 nel 1861; 12.935 nel 1871; 14.844 nel 1881; 19.267 nel 1901; 21.977 nel 1911; 24.997 nel 1921; di questi 21.853 nel capoluogo e il resto nelle quattro frazioni di Barazzetto, Vandorno, Pavignano e Oropa.
L'industria della lana, molto antica nel Biellese, ebbe carattere casalingo sino ai primi decennî del sec. XIX, quando Pietro Sella (1784-1822) introdusse per il primo in Italia le macchine per la filatura (1817), e fondò in riva alla Strona quello stabilimento, che anche oggi è conosciuto col nomignolo dí "Macchina vecchia". I lanifici meccanici si andarono a poco a poco diffondendo, e sorsero così le operose dinastie industriali dei Sella, Bozzalla, Galoppo, Picco-Borgnana, Poma, Boglietti; e poi dei Rivetti, Bona, Trossi, Reda, Bertotti, Garbaccio, Piacenza, ecc., che portarono la produzione dei panni biellesi alla più alta perfezione. Al 1° luglio 1928 vi erano in Biella 241 ditte industriali con 11.254 operai e impiegati; di questi più della metà (6039) erano addetti all'industria della lana, rappresentata da 53 ditte. I cotonifici erano 5 con 655 operai; gli stabilimenti tessili varî avevano 1314 operai, le concerie erano 6 ed occupavano 502 operai, le officine meccaniche erano 39 con 930 operai, ecc. Fiorente vi è anche l'istruzione professionale: R. Istituto industriale Q. Sella, specializzato nelle industrie tessili; R. Istituto commerciale E. Bona ecc.
Il territorio del comune, parte in piano e parte sui pendii dei monti che circondano la città, non è molto esteso (3446 ha.), ed è intensamente coltivato a cereali, ortaggi, frutta. Appartiene al comune di Biella il celebre santuario di Oropa, che sorge, circondato da grandiosi edifici, in una severa ed estesa conca (1180 m. s. m.) formata dalle diramazioni del M. Mucrone (2335 m.) e dal M. Tovo (2230 m.). Una tranvia elettrica, comodissima e bene attrezzata, unisce Biella ad oropa, trasportando ogni anno circa 200.000 pellegrini, che possono trovare facilmente alloggio nel grandioso ospizio che circonda il santuario (v. oropa).
Biella è unita dal tronco Biella-Santhià, appartenente a una società privata, alla linea Torino-Milano, e da una buona rete di ferrovie economiche a tutti i centri minori del Biellese (Cossato, Valle Mosso, Andorno, Balma, Occhieppo, Mongrando); una tranvia porta da Biella a Vercelli; numerosissime le linee automobilistiche.
Bibl.: Q. Sella, Sulla costituzione geologica e sull'industria del Biellese, Biella 1864; Il Biellese, pubblicazione della sezione di Biella del C. A. I., 1890, p. 280; La Rivista Biellese, Biella (1920-1927): notevoli specialmente gli articoli del prof. Roccavilla; A. Botto, Pietro Sella e le origini della grande industria laniera italiana, Biella 1925; Il Biellese, Ivrea 1927; C. Sormano, Il Biellese nei suoi aspetti naturali, nella sua storia e nella sua vita, Biella 1927; F. Sacco, Schema geologico del Biellese, Ivrea 1923.
Monumenti. - Più che per opere d'arte, Biella è conosciuta per la pittoresca bellezza delle sue valli, e la floridezza delle industrie; ma essa conserva anche edifici monumentali di grande importanza, tutti posteriori al sec. XIV, salvo il battistero e la torre campanaria.
La città mantiene l'impronta di centro signorile quattrocentesco. In Biella-Piano, gli edifici sacri più notevoli sono: il battistero, costruzione dei secoli X-XI, a pianta centrale; la torre campanaria, del sec. XIII, già della chiesa di S. Stefano demolita nel 1872 perché pericolante, a otto ordini; la cattedrale di Santa Maria Maggiore e S. Stefano nuovo, cominciata a costruire nel 1402 presso S. Stefano, allora abbandonato, e rimaneggiata dal 1772 alla prima metà dell'Ottocento. All'interno conserva ancora l'antica ossatura a tre navate con vòlta a crociera e costoloni, l'abside poligonale della cappella sinistra del transetto con grandi aperture ogivali e nella conca absidale un'Assunzione affrescata dal canavesano Cogrosso. Ha nelle pareti laterali prospettive di Giovanni Galliari (1795) a destra e di un tal Zerbino di Callabiano, a sinistra; e in sagrestia alcuni dipinti quali una Sacra famiglia di Bernardino Lanino ed una Circoncisione (1700) di Vittorio Rapons. La chiesa di S. Sebastiano, l'edificio più importante dopo il battistero, fondata nel 1504, ha una facciata rifatta nel 1882 ma ripetendo, non senza arbitrî, la preesistente e staccandone di sulle porte tre affreschi attribuiti a Gaudenzio Ferrari e conservati all'interno. Sono inoltre da ricordare, nel transetto sinistro, due grandi tempere con Gabriele e L'Annunziata di Raffaele Giovenone (1579); nell'ultima cappella laterale sinistra, un grande affresco con la Crocifissione, attribuito erroneamente a Gaudenzio Ferrari, di cui può essere invece la lunetta con la Pietà e cui è pure attribuita la tavola con la Crocifissione, nella seconda cappella laterale sinistra; e nella cappella Masserano un' Assunta, opera pregevole di Bernardino Lanino (1543). La chiesa della Trinità, del sec. XVII, ha affreschi dei biellesi Vincenzo Costantino (1641) e Arturo Ciancia (1865). Fra le costruzioni civili possono essere ricordati il palazzo vescovile già Saipellani e il palazzo dei seminarî, del 1524, ma rimaneggiato fino al 1834.
In Biella-Piazzo, l'unico importante fra gli edifici religiosi è la chiesa di S. Giacomo, del sec. XIII, ma rimaneggiata nel XVI, mentre la torre campanaria conserva quasi intatto l'aspetto primitivo; l'interno, poi, rimaneggiato più volte, conserva, tra l'altro, una preziosa tavola con Madonna e santi attribuita al Lanino. La chiesa di S. Anna, del sec. XVI, è stata recentemente ammodernata. Numerosi invece gli edifici civili dovuti alla grande attivitâ edilizia nel Piazzo durante i secoli XV e XVI, per quanto alterati nei secoli successivi. Tra i più importanti siano ricordati il palazzo già Scaglia, del sec. XV, con facciata decorata di pitture ad encausto e terrecotte. Il palazzo Ferrero Lamarmora che conserva il cortile originale e una torre ottagonale del Quattrocento; il palazzo già del Pazzo della Cisterna, dei secoli XV-XVI, ora caserma; il palazzo Gromo di Ternengo, del sec. XVI, con facciata principale rifatta modernamente in stile del Duecento.
Delle porte della città le uniche superstiti sono quelle della Madonnina (sec. XV) e della Torrazza (sec. XVII).
Nei dintorni offre speciale interesse la chiesa e convento di S. Girolamo, costruiti tra il 1512 e il 1517 (ora proprietà Sella). L'unica navata della chiesa a grottesche, e le cappelle laterali sono pure gustosamente decorate; nel coro restano gli stalli antichi (sec. XVI). L'attiguo chiostro ha un porticato terreno a pilastri su cui posa un'elegante loggia a colonnine, e resti della decorazione originale ad affresco. (Per il santuario di Oropa v. oropa).
Storia. - La prima menzione di Biella è in un diploma in favore del conte Bosone dell'anno 826: era allora una corte del pago dei Vittimoli. Dalla famiglia dei Bosonidi di Provenza passò col sec. X, per permuta o per donazione, in possesso dei vescovi di Vercelli, i quali provvidero subito a fortificarla con mura contro le invasioni degli Ungheri. Da questo stesso secolo incomincia ad esercitare anche la sua influenza il capitolo di S. Stefano in castro; desideroso di sostituire la propria alla signoria vescovile, esso favorisce lo sviluppo in senso autonomo della vicinia che appunto intorno a S. Stefano si andava agglomerando. Questo stato di cose indusse, assai più tardi, il vescovo Uguccione a fondare una nuova comunità nella località detta il Piazzo, in posizione più alta, unendo il nuovo borgo col suo castello del Vernato. Dotando la nuova comunità di ampî privilegi, ne faceva però un feudo ligio, investendone i Biellesi stessi, con l'obbligo di abitarlo continuamente. Né il comune biellese mal corrispose, per due secoli, alla politica dei vescovi, poiché nel castello di Biella trovarono sicuro rifugio, nelle lotte fra i vescovi e il comune di Vercelli, alcuni dei successori di S. Eusebio, e cioè Martino Avogadro, Uberto Avogadro, Lombardo della Torre, fra il 1243 ed il 1336. La fedeltà al vescovo non impediva, però, al comune di sviluppare i proprî organi e di prepararsi a quelle dure lotte che caratterizzarono la seconda metà del sec. XIV.
L'organizzazione comunale, che ci è svelata dagli statuti del 1245, ci presenta quattro consoli al governo (di cui il primo, il più anziano, è sempre qualificato come Chiavaro), un consiglio di Credenza e un numero considerevole di ufficiali sulbaterni: invece ancora nel sec. XIV non compare il podestà.
Anche durante le competizioni fra guelfi e ghibellini vercellesi Biella seguì costantemente la parte del vescovo; ma l'elezione di Giovanni Fieschi alla sede vescovile (1348) doveva rompere per sempre i buoni rapporti fra episcopato e comune. La questione delle successioni ab intestato, che il vescovo pretendeva contro i canonici di S. Stefano, mosse Giovanni Fieschi a lanciare l'interdetto sulla città: questa ricorse all'arcivescovo Giovanni Visconti di Milano, sotto la cui protezione si mise, rimanendo poi a far parte della signoria viscontea di Galeazzo II. Solo nel 1373 si addivenne ad un accordo, grazie all'intervento di Amedeo di Savoia: i Visconti dovettero riconsegnare la città al vescovo di Vercelli, ma questi, in pari tempo, vedeva di molto ridotti i suoi diritti feudali. La pace ebbe però brevissima durata, ché nel 1377 i Biellesi, stanchi dei soprusi di Giovanni, lo assalirono di sorpresa nel suo castello e lo portarono prigioniero nella fortezza del Piazzo. Intervenne prontamente il conte Ibleto di Challant per ricondurre la pace, obbligandosi a custodire il vescovo nel suo castello di Montjovet, in Val d'Aosta, fino ad accordo concluso e nominando in pari tempo suo fratello podestà di Biella.
Questo fatto segna la fine della dominazione vescovile in Biella. La città, infatti, nel 1379 si faceva accogliere sotto la tutela del Conte Verde per una durata di trent'anni, passando così sotto la signoria di casa Savoia. Il sec. XV è un secolo di perfetta tranquillità, toltane la breve lotta, più giudiziaria che altro, fra Biella e Andorno per il mercato settimanale; ma il secolo seguente s'apre sotto ben tristi auspici. Biella partecipa anch'essa del disagio comune del Piemonte per l'occupazione alternativa di Francesi e Spagnoli, ma peggio fu quando venne occupata stabilmente dalle truppe del Brissac. Solo la vittoria di S. Quintino riportava Biella sotto la dominazione sabauda, della quale ben presto risentì i benefici con la concessione del collegio dei giureconsulti da parte di Emanuele Filiberto (1577) e l'elevazione a città capoluogo di provincia per opera di Carlo Emanuele I (1622). La prosperità fu tuttavia di breve durata: nel 1647 una massa di Spagnoli entrò nella città sottoponendola a un terribile saccheggio, e portando la desolazione anche in tutta la provincia.
Fu nuovamente occupata dai Francesi nel 1704, ma non ebbe a subire gravi danni all'infuori delle imposizioni di guerra: la battaglia di Torino la liberava di nuovo. Nel 1772 fu eretta in vescovado per interessamento di Carlo Emanuele III. Da allora in poi seguì tutte le vicende del Piemonte: fu occupata dai repubblicani francesi nel 1798, poi dagli Austro-Russi, e dopo Marengo fu incorporata alla Francia, fino a quando il congresso di Vienna non riunì Biella alla corona dei Savoia.
Bibl.: P. Sella, Statuta communis Bugellae et doc. adiecta, voll. 2, Biella 1904 e Statuti di Biella secondo il codice originale del 1245, in Documenti biellesi, nella Biblioteca storica subalpina, XXXIV, Pinerolo 1909; C. Poma, Gli statuti del Comune di Biella, 6ª ed., Biella 1885; G. T. Mullatera, Memorie cronologiche e corografiche della città di Biella, Biella 1778, 2ª ed., Biella 1902; S. Pozzo, Biella, memorie storiche e industriali, Biella 1881; A. Roccavilla, L'arte nel biellese, Biella 1905; F. Gabotto, Biella e i vescovi di Vercelli, in Arch. Stor. Ital., 1896, serie V, XVII-XVIII; L. Schiapparelli, Origine del comune di Biella, in Mem. Acc. Scienze Torino, 1896; P. Sella, Legislazione statuaria biellese, Milano 1908; G. Vescovini, La vicinia di Biella, in Boll. Stor. Prov., Novara 1925; A. Tallone-Borello, Le carte dell'Archivio Comunale di Biella, in Bibl. Soc. Stor. Sub., CIII, CIV, CVI, Voghera 1927-30; M. Rosazza, Il Biellese ai tempi di Emanuele Filiberto, in Lo Stato Sabaudo al tempo di Emanuele Filiberto, II, (Bibl. Soc. Stor. Sub., CVIII), Torino 1928.